Trump cambia rotta verso una real-politik, o meglio ancora una real-economic-politik: priorità agli interessi nazionali e niente missioni per esportare la democrazia.
Real-politik, o meglio ancora real-economic-politik. Ecco come credo sia corretto definire l’indirizzo politico incorporato nel documento sulla Sicurezza Nazionale che la Casa Bianca ha reso noto la scorsa settimana.
C’è la accettazione realistica delle tensioni e differenze politiche globali tra le grandi potenze nucleari, tradizionalmente avversarie. L’esempio storico più ovvio è l’approccio che gli USA di Richard Nixon ebbero quando avviarono con la Cina comunista di Mao Tse Tung il “disgelo”. Promosso dall’incontro segreto del luglio 1971 del segretario di Stato Henry Kissinger con Mao Tse Tung, il riavvicinamento approdò poi, addirittura, all’accoglimento della Repubblica Popolare rossa nell’Organizzazione mondiale del commercio assieme a tutti i paesi democratici.
Ma c’è anche, nelle 33 pagine del testo strategico USA odierno, un’enfasi sullo sviluppo degli affari, che, mezzo secolo fa, era ultramarginale, se non assente. “Noi cerchiamo buone relazioni e relazioni commerciali con le nazioni del mondo”, scrive Trump, “senza imporre loro cambiamenti democratici o sociali che differiscono enormemente dalle loro storie e tradizioni”. [...]
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