Che fare se la pensione non spetta

Simone Micocci

9 Maggio 2022 - 12:59

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Cosa fare se la pensione non spetta? Ci sono soluzioni e alternative: ecco tutto quello che serve sapere.

Che fare se la pensione non spetta

Che fare se la pensione non spetta? Chi si avvicina alla soglia dei 67 anni, età per l’accesso alla pensione di vecchiaia, può già rendersi conto se avrà diritto o meno all’assegno pensionistico, e in caso contrario potrà valutare se prendere delle contromisure oppure se considerare delle alternative alla pensione.

I motivi per cui la pensione non spetta possono essere essenzialmente due:

  • intanto perché non viene soddisfatto il requisito contributivo minimo che, nel caso della pensione di vecchiaia a 67 anni, è pari a 20 anni. Solamente in alcune circostanze tale limite può scendere a 15 anni;
  • per coloro che hanno un’anzianità assicurativa successiva al 1° gennaio 1996, e dunque rientrano esclusivamente nel sistema contributivo, è previsto anche un requisito di tipo economico per accedere alla pensione di vecchiaia, in quanto l’assegno percepito deve essere almeno pari al valore di 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale. Diversamente, non si avrà diritto alla pensione di vecchiaia a 67 anni neppure se si hanno 20 anni o più di contributi.

Visti questi due aspetti, dunque, è possibile pianificare una serie d’interventi utili a sbloccare la situazione.

Cosa fare se la pensione non spetta a causa dei pochi contributi

In Italia non solo non può andare in pensione chi non ha mai lavorato, ma non possono farlo neppure coloro che non raggiungono il requisito contributivo minimo.

Per andare in pensione, infatti, serve aver maturato almeno 20 anni di contributi. Questo non significa che tutti i 20 anni devono essere lavorati: ci sono, ad esempio, dei periodi - come ad esempio gli anni di studio universitario - che possono essere riscattati, mentre altri - come quando si percepisce l’indennità di disoccupazione Naspi - sono coperti da contribuzione figurativa.

Senza i 20 anni di contribuzione, dunque, non è possibile accedere alla pensione di vecchiaia. L’unica alternativa è rappresentata da coloro che rientrano nelle platee definite dalle leggi Dini e Amato, le quali hanno previsto dei casi in cui è possibile andare in pensione anche con soli 15 anni di contributi.

Se quindi avete solo 15 anni di contribuzione, prima di pensare a una soluzione alternativa potete cercare di capire se potete rientrare nelle tre deroghe Amato o nella cosiddetta Opzione Dini; a tal proposito, qui trovate un approfondimento a riguardo.

Diversamente, ossia se non rientrate nelle suddette platee e per questo dovete per forza raggiungere i 20 anni di contributi per avere diritto a una pensione, potete pensare a una delle seguenti soluzioni:

  • se nel corso della vostra carriera avete versato i contributi in più casse previdenziali, potete pensare a riunirli in un’unica gestione. Questo è possibile attraverso lo strumento del cumulo gratuito, come pure attraverso la ricongiunzione;
  • come detto sopra, i contributi spettano anche in alcuni periodi in cui l’attività lavorativa risulta sospesa o ridotta. In questi casi viene riconosciuta la cosiddetta contribuzione figurativa, che tuttavia solamente in alcuni casi viene accreditata in automatico dall’Inps, mentre in altri bisogna farne richiesta. Dunque, possibilmente rivolgendovi a un esperto, potete valutare se nel corso della vostra carriera ci sono dei periodi per i quali si potrebbe avere diritto a una contribuzione figurativa, così eventualmente da aumentare gli anni di contributi;
  • ci sono, poi, altri periodi che pur non essendo lavorati possono dar diritto a una contribuzione. Tuttavia, a differenza della contribuzione figurativa, in questo caso è chi richiede il riconoscimento di tali periodi ai fini contributivi a doversi far carico del costo necessario per farlo. Ci riferiamo ai contributi da riscatto, come possono essere quelli spettanti - nel caso più comune - per gli anni di studi universitari al termine dei quali è stata conseguita la laurea.

Infine, bisogna valutare se pensate di lavorare o meno nel periodo che vi separa dal compimento dei 67 anni. Qualora abbiate già un lavoro e nonostante questo non pensate di raggiungere il minimo contributivo suddetto, le uniche soluzioni sono appunto quelle sopra indicate.

Se invece siete disoccupati, potete - oltre alla soluzione più semplice e ovvia che è appunto quella di trovare un nuovo lavoro così da maturare un maggior numero di contributi - chiedere all’Inps l’autorizzazione a continuare a versare la contribuzione utile ai fini della pensione. Anche in questo caso, ossia con il versamento volontario dei contributi, dovrete però farvi carico dei costi necessari che, a seconda dei casi, possono essere più o meno elevati.

Che succede se nonostante tutto non si raggiungono gli anni di contributi minimi per andare in pensione?

In questo caso non solo la pensione non spetta, ma i contributi versati vanno persino persi.

C’è un’alternativa, l’unica, ma solo per coloro che rientrano interamente nel sistema di calcolo contributivo in quanto hanno iniziato a versare i contributi solo dopo il 1° gennaio 1996. Per questi vi è una strada alternativa per l’accesso alla pensione di vecchiaia, per la quale sono sufficienti anche solo 5 anni di contributi. Si tratta appunto dell’opzione contributiva della pensione di vecchiaia, per la quale però serve attendere fino al compimento dei 71 anni di età per il collocamento in quiescenza.

Cosa fare se la pensione non spetta per requisito economico non soddisfatto

Come anticipato, i contributivi puri devono anche soddisfare un requisito economico per accedere alla pensione di vecchiaia. Nel dettaglio, al momento del collocamento in quiescenza bisogna aver maturato una pensione d’importo pari o superiore a 1,5 volte il valore dell’assegno sociale. Nel 2022 il valore di questa prestazione è di 468,10 euro; per questo motivo per accedere alla pensione di vecchiaia i contributivi puri devono aver maturato un assegno di almeno 702,15 euro.

Se questo limite non viene raggiunto c’è poco da fare. Una soluzione potrebbe essere quella di ritardare l’accesso alla pensione di qualche anno: sia per chi continua a lavorare, che per coloro che invece sono disoccupati, questo rinvio avrà dei vantaggi sull’assegno di pensione in quanto è lo stesso sistema di calcolo contributivo a prevederlo.

Ritardando l’accesso alla pensione, quindi, è possibile che la pensione non spetti a 67 anni ma a 68 o 69. Non bisognerà dunque rinunciare a priori alla pensione.

Diversamente, i contributivi puri potranno sempre contare sulla suddetta opzione di pensionamento a 71 anni, per la quale non è previsto alcun requisito economico da soddisfare.

Quali alternative se la pensione non spetta?

Ma se nonostante tutte le soluzioni indicate non spetta alcuna pensione, ci sono delle alternative? L’unica è quella rappresentata dalla pensione sociale, o meglio detto assegno sociale.

Si tratta di uno strumento che va appunto a tutelare coloro che all’età di 67 anni non sono riusciti a garantirsi una pensione e che nel frattempo non svolgono alcuna attività lavorativa. Ne possono avere diritto, dunque, anche coloro che devono ritardare l’accesso alla pensione, i quali negli anni che li separano dal collocamento in quiescenza possono beneficiare di un assegno che, come visto sopra, nel 2022 ha un valore di 468,10 euro per tredici mensilità.

Tuttavia, non basta che la pensione non spetta per avere diritto all’assegno sociale. Tale strumento, infatti, viene riconosciuto solamente a coloro che si trovano in uno stato di bisogno economico, ossia a chi non supera le soglie di reddito definite annualmente (che potete approfondire qui).

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