La recente sentenza della Corte di Cassazione è di portata storica e rende nulli atti, cartelle e multe notificati a una casella PEC piena.
L’ordinanza 25084 del 12 settembre 2025 della Corte di Cassazione cambia tutto in ambito cartelle esattoriali, multe e notifiche via PEC. La svolta che segna la sentenza ha una portata storica per quel che riguarda le notifiche telematiche perché ribalta ciò che fino a oggi era stato ritenuto valido: se la casella di posta è piena la notifica è nulla.
Con quanto stabilito dai Supremi Giudici, quando viene meno la garanzia che il contribuente sia a conoscenza dell’atto, quest’ultimo deve essere considerato nullo e le notifiche inviate a caselle di PEC piene non possono essere considerate valide. Gli Ermellini fanno tornare in primo piano il diritto di difesa che, nel caso della cartella, della multa o della comunicazione notificata a una casella PEC piena verrebbe meno, se l’atto fosse considerato valido. Vediamo il caso e cosa cambia.
Cartelle esattoriali e multe nulle
L’ordinanza dello scorso 12 settembre è da considerare come una sentenza storica perché segna una svolta nell’era delle notifiche telematiche. Il caso preso in esame dai Giudici è quello di un architetto che era stato multato dal proprio ordine professionale con la sospensione dell’attività di 150 giorni per avere violato la deontologia professionale.
La sanzione era stata notificata a una casella PEC piena e, quindi, non è mai stata recapitata al destinatario. Un dettaglio non di poco conto in quanto l’architetto non ha ricevuto materialmente la comunicazione e, di fatto, non ha potuto impugnarla entro i termini previsti.
Per la Suprema Corte se la casella di PEC del destinatario è piena giuridicamente la notifica non avviene ed è come se non fosse mai stata inviata. In questo modo non iniziano a decorrere i termini per impugnare la comunicazione.
L’ordinanza sconvolge l’interpretazione giuridica degli ultimi decenni che considerava valida la notifica via PEC anche quando la casella del destinatario era piena e, quindi, la comunicazione non arrivava a destinazione. Con la vecchia interpretazione la casella PEC si trasformava in un’arma a doppio taglio per i contribuenti poiché era necessario controllare continuamente se fosse piena o no per non trovarsi nella spiacevole condizione di non ricevere una notifica che, anche se non consegnata, era valida.
La responsabilità del contribuente resta
Ovviamente la sentenza degli Ermellini non fa venire meno il principio secondo cui ogni cittadino e professionista è tenuto a mantenere la casella PEC operativa, ma ridefinisce i confini entro cui il destinatario deve avere garanzia di conoscere gli atti a suo carico.
Secondo i Giudici la responsabilità di mantenere la PEC operativa non può e non deve trasformarsi in una condanna a vedere scavalcato il proprio diritto alla difesa: il cittadino deve sempre essere messo nella condizione di conoscere gli atti che lo riguardano.
Nel processo civile telematico, ad esempio, se una notifica PEC fallisce viene generato dal sistema un avviso sul Portale dei Servizi Telematici che avvisa dell’atto depositato in cancelleria. In questo modo, anche con la casella piena, la notifica è valida perché il contribuente vede garantito il proprio diritto a conoscere gli atti che lo riguardano. In questo caso si tratta di un sistema protetto, ma quando questo non avviene una consegna fallita non può essere equiparata a una consegna effettuata.
Quando si perfeziona la notifica?
La decisione degli Ermellini si basa nell’interpretazione dell’articolo 149-bis del Codice di procedura civile. Nella versione precedente alla riforma Cartabia, infatti, la norma stabilisce che la notifica può considerarsi perfezionata solo nel momento che l’atto è disponibile nella casella di chi deve riceverlo. Per la Cassazione, la disponibilità dell’atto si perfeziona soltanto con la creazione della Ricevuta di Avvenuta Consegna.
Se la casella è piena la Ricevuta di Avvenuta Consegna non è prodotta. Non basta aver tentato l’invio non riuscito verso una casella piena, ma è necessario avere la ricevuta per poter perfezionare la notifica. Nel caso della mancata consegna, l’atto non è entrato nella possibilità di conoscenza del destinatario e proprio per questo (che è dimostrabile dalla mancata ricevuta) la notifica è nulla.
E la Suprema Corte non accetta neanche di equiparare, così come aveva tentato di fare l’Ordine professionale, la casella di PEC piena con un esplicito rifiuto a ricevere la notifica. Il rifiuto esplicito, per i Giudici, è un atto consapevole e deliberato e il destinatario è a conoscenza della tentata notifica. La casella piena non rappresenta una condotta colposa e il proprietario potrebbe anche non essere consapevole che qualcuno ha tentato di notificare un atto.
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