Busta paga, fai attenzione: l’ultimo stipendio può essere più basso, ecco perché

Simone Micocci

12 Gennaio 2023 - 10:40

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Conguaglio Irpef, rischio trattenute nelle ultime buste paga: c’è tempo fino al 28 febbraio, ecco cosa può succedere.

Busta paga, fai attenzione: l’ultimo stipendio può essere più basso, ecco perché

Per alcuni lavoratori - ma anche per i pensionati - l’ultima busta paga porta con sé un’amara sorpresa: uno stipendio d’importo più basso rispetto al previsto a causa delle trattenute Irpef effettuate dal datore di lavoro in qualità di sostituto d’imposta.

Niente di anomalo, si tratta del cosiddetto conguaglio Irpef che solitamente viene calcolato con l’ultima busta paga dell’anno, quella quindi in pagamento a gennaio 2023, quando il datore di lavoro dispone tutti i dati definitivi sulle retribuzioni effettivamente erogate al dipendente nel corso delle ultime 12 mensilità.

Va detto che il conguaglio Irpef può non essere benevolo con il dipendente, con conseguente trattenuta dalla busta paga di dicembre, ma potrebbe anche sorridergli: da tale operazione, infatti, ne potrebbe risultare un credito a suo favore, con lo stipendio di dicembre che beneficerà quindi di un aumento.

Cos’è il conguaglio Irpef sullo stipendio

Su ogni busta paga, basti notare la differenza che c’è tra stipendio lordo e netto, il datore di lavoro in qualità di sostituto d’imposta effettua la ritenuta Irpef, trattenendo l’imposta sul reddito e versandola all’erario per conto del lavoratore dipendente. Lo stesso fa per la quota di contributi previdenziali Ivs, per la parte che grava sul dipendente.

Ciò è possibile in quanto il datore di lavoro agisce da sostituto d’imposta, facendosi quindi da intermediario tra il dipendente e il Fisco.

Tuttavia, l’Irpef trattenuta ogni mese sullo stipendio è il risultato di una proiezione, in quanto non può sapere quanto il dipendente guadagnerà nell’anno solare di riferimento.

Ad esempio, se lo stipendio di gennaio 2022 è stato di 1.500 euro, il datore di lavoro avrà effettuato delle ritenute considerando uno stipendio invariato per tutti i mesi restanti, quindi su un reddito complessivo di 19.500 euro.

Tuttavia, nel corso dell’anno possono intervenire diverse variabili, come ad esempio aumenti di stipendio oppure il riconoscimento di premi di produzione, che possono modificare il reddito annuale previsto su cui era stata calcolata l’Irpef.

Cosa fa quindi il datore di lavoro alla fine dell’anno? Semplicemente somma tutti gli emolumenti pagati negli ultimi 12 mesi e ne calcola l’imposta effettivamente dovuta. Poi la confronta con le ritenute effettuate nelle singole buste paga e:

  • se le due cifre coincidono non ci saranno trattenute, né rimborsi;
  • se l’Irpef versata è maggiore di quella effettivamente dovuta, allora al dipendente viene restituita la parte a credito;
  • nel malaugurato caso in cui l’Irpef versata risulti inferiore a quella dovuta, allora nella busta paga interessata ne risulterà una trattenuta, più o meno elevata a seconda dei casi.

Fino a quando è possibile il conguaglio dello stipendio?

Solitamente per il conguaglio fiscale, da non confondere con quello contributivo, il datore di lavoro effettua i dovuti calcoli una volta acquisite le informazioni sull’ultima retribuzione dell’anno, quindi già con lo stipendio di dicembre.

Tuttavia, è bene sottolineare che per determinare il reddito imponibile, ai sensi di quanto disposto dall’articolo 51 del Tuir, il datore di lavoro ha tempo fino al 28 febbraio 2023, e potrà considerarvi tutti gli emolumenti corrisposti entro il 12 gennaio (ecco perché entro oggi è opportuno pagare lo stipendio di dicembre).

Per effettuare le operazioni di conguaglio c’è quindi tempo entro i due mesi successivi all’attuale anno d’imposta, ragion per cui trattenute - o rimborsi - potrebbero esserci sullo stipendio in pagamento a febbraio o addirittura a marzo.

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