L’ultimo atto del più grande investitore di sempre e la Cassandra che torna a parlare.
Ci sono momenti nei mercati in cui i prezzi raccontano una storia, e i protagonisti della finanza ne raccontano un’altra. Oggi siamo in quel punto di frizione. Il listino corre, le valutazioni si allungano, la liquidità sembra infinita e chiunque metta in dubbio la crescita eterna viene guardato come un romantico fuori tempo massimo. Eppure, nel silenzio che separa l’euforia dal buon senso, due figure riemergono come fari: Warren Buffett e Michael Burry.
Buffett sta attraversando, con la discrezione che lo ha sempre contraddistinto, i suoi ultimi mesi di operatività attiva dopo settant’anni di carriera che hanno educato intere generazioni di investitori. E l’immagine simbolo di questo capitolo finale non è un’enfasi sui buyback o un ultimo grande colpo di mercato, ma l’opposto: una pila di liquidità storica, 381,7 miliardi di dollari parcheggiati, pazienti, pronti ad agire.
È un epilogo che non celebra la corsa, ma la prudenza. Come se volesse lasciare un messaggio finale: nei mercati, la saggezza è anche saper non fare. In un mondo che idolatra il “compra tutto” e in cui la paura non è più quella di perdere soldi, ma di rimanere fuori dalla festa, Buffett chiude la sua epopea ricordando che la calma non è debolezza, ma disciplina. [...]
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