Nuovo collocamento dell’obbligazione MEF a 12 mesi prevista in asta mercoledì 10 e con data regolamento venerdì 12 settembre
Chiuso il periodo estivo e il clima vacanziero è tempo di emissioni a piene mani tanto sul fronte corporate che sovrano. Sul lato domanda, cioè dei risparmiatori, il post-estate non ha mutato i macro scenari di fondo. Le preferenze, misurate dagli acquisti, sono per le brevi e medie durate mentre resta alta l’avversione su quelle lunghe dati gli elevati effettivi a scadenza. È un discorso che attiene ai debiti di molte economie avanzate in euro e non, come nel caso degli OAT francesi, dei Gilt inglesi, dei Treasury USA e dei BTP. Ad esempio il neo benchmark a 30 anni con ISIN IT0005668238 emesso giorni fa tramite collocamento sindacato ha cedola al 4,65% e rendimento esitato d’asta al 4,732% (prezzo aggiudicazione: 99,56).
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Investire a breve termine senza rischio di cambio
Dopo la dual tranche dei giorni addietro la settimana in casa MEF si è aperta con l’asta del nuovo BOT a 12 mesi seguita dai BTP a media durata di giovedì 11. In questa sede ci concentreremo sugli esiti del Buono Ordinario del Tesoro e si alcune implicazioni del titolo in un ipotetico portafoglio.
L’ISIN attribuito al titolo è IT0005669269, con data emissione il 12/09 e scadenza al 14/09/’26 per una durata complessiva di 367 giorni, 12 mesi. L’importo offerto nella 1° tranche è stato di 9 mld di €, seguiti dai 0,9 mld della tranche supplementare riservata agli Specialisti in titoli sovrani. L’ammontare raccolto andrà a coprire i 9,7 mld di euro di BOT in scadenza nello stesso giorno di regolamento del nuovo, per un normale avvicendamento di debito.
La richiesta del mercato si è attestata invece a 12.494,100 milioni di €, per un rapporto di copertura dell’1,39. Al termine delle procedure d’asta di mercoledì 10 il prezzo di aggiudicazione è stato a 97,972 per un rendimento esitato del 2,030%.
I punti di forza del titolo di Stato a 12 mesi
Il BOT com’è noto non stacca mai cedole nel suo breve periodo di vita per cui non è adatto a chi cerca una rendita, un flusso di entrate periodiche. Ancora, dato il profilo di rischio molto basso e il ristretto orizzonte temporale, non è adatto a chi punta alla crescita del capitale. Per quest’ultimo obiettivo servono tempo, diversificazione e (ben) composizione del portafoglio, strumenti potenzialmente più redditizi.
Tutto ciò non mina di una virgola i punti di forza del BOT che resta un buon prodotto per chi cerca un parcheggio remunerato della liquidità sul breve termine. Il titolo gode infatti della garanzia sovrana sul capitale ivi investito, che è senza cap, cioè senza limiti superiodi come nel caso del c/c o del conto deposito. Una seconda garanzia è data dall’elevata liquidità dello strumento sul mercato secondario, misurabile almeno in due direzioni. Primo, il ristretto spread bid/ask sul book di negoziazione tra acquirenti e venditori. Secondo, i volumi giornalieri e mensili sono di solito corposi sia in termini di controvalore scambiato (ed importo nelle singole transazioni) che di contratti conclusi.
Infine, un’ultima garanzia è dato dall’attuale ritorno lordo e netto positivo, più o meno in linea con quello delle aste precedenti. Vale a dire dell’1,983% di giugno, l’1,961% di luglio e il 2,012% di agosto e il 2,03% dell’altro giorno.
BOT del Tesoro a 12 mesi di settembre per investire a breve termine con 3 garanzie
Potremmo dire che il BOT avrebbe almeno tre prodotti concorrenti (in realtà sono di più) rispetto ai quali confrontarne i pro e i contro. Stiamo parlando del risparmio postale lato Supersmart, il conto deposito di matrice bancaria e la liquidità in senso stretto sul libretto o c/c.
Ora, nei primi due casi (Supersmart e conto deposito) si tratta di valutazioni, di paragoni tra vantaggi e svantaggi del BOT contro lo strumento di turno prescelto. In generale non esiste un’unica risposta dato che tutto dipende da caso a caso ma anche dalle esigenze dell’investitore di turno. Come la garanzia sul capitale (fino a 100mila € o anche più?), l’assenza/presenza di costi gestione, lo svincolo anticipato ammesso/negato, la certezza o meno del capitale prima del termine, etc.
Il raffronto con la liquidità pura e cruda, invece, è sempre a favore del BOT eccettuo un caso, quello dei rendimenti negativi sul tratto breve della yield curve. Ad esempio se l’inflazione di periodo è nulla o quasi, e il costo del denaro idem, i prezzi d’asta esitati dei BOT potrebbero essere sopra cento. Il rendimento effettivo a scadenza sarebbe negativo e a rimetterci sarebbe l’investitore tra yield in rosso, spese di gestione e costo opportunità. È quanto è successo per alcuni mesi di inizio decennio in piena stagione Covid.
Al netto di questi periodi-no, poi c’è che il BOT ha solitamente rendimenti lordi positivi mentre il cash puro quasi mai. Anzi, nei casi di tassi ufficiali di riferimento elevati offre anche buoni ritorni lordi, mentre quelli reali sono tutti da verificare. Se i ritorni sono alti quasi certamente sarà sostenuta l’inflazione. Tuttavia, la cosa non muta la sostanza. In quei casi, infatti, se per il BOT si tratterebbe di fare i calcoli e di appurare se il ritorno reale resterebbe o meno positivo, per la liquidità la risposta sarebbe invece nota e certa a priori: perdente sempre.
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