Perché il bonus da 3mila euro in busta paga serve a poco: i fringe benefit sono un miraggio per i lavoratori

Stefano Rizzuti

12/11/2022

12/11/2022 - 15:31

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L’innalzamento dei fringe benefit a 3mila euro contro il caro bollette rischia di servire a poco: perché il bonus arriverà a pochissimi lavoratori.

Perché il bonus da 3mila euro in busta paga serve a poco: i fringe benefit sono un miraggio per i lavoratori

Un bonus da 3mila euro in busta paga, una “tredicesima detassata” per pagare le bollette. La nuova soglia per i fringe benefit, in realtà, rischia di essere una misura dall’impatto decisamente modesto. Con il decreto Aiuti quater il governo Meloni ha deciso di innalzare da 600 a 3mila euro la soglia dei fringe benefit.

Si tratta di bonus che potranno essere utilizzati anche per pagare le bollette di acqua, luce e gas. E proprio su questo si base l’idea del governo, che vuole aiutare gli italiani a fronteggiare il caro bollette. Ma questa misura può davvero funzionare per fronteggiare il caro energia e l’inflazione?

Secondo quanto spiega la Repubblica, in realtà, a beneficiarne dovrebbe essere meno di un lavoratore su cinque. Parliamo di una platea di tre milioni di dipendenti, ovvero solamente il 17% sul totale di 18 milioni di lavoratori assunti. Le stime sono quelle effettuate dalla Ragioneria per il decreto Aiuti bis del governo Draghi, quando il tetto era stato alzato da 258 a 600 euro. In realtà, però, questo calcolo sembra ottimistico, tanto che in molti pensano che a beneficiare del nuovo bonus saranno tra i due milioni e i due milioni e mezzo di lavoratori.

Perché i fringe benefit a 3mila euro rischiano di essere inutili

Il primo motivo che fa pensare a un possibile fallimento di questa misura è il fatto che i voucher sono molto poco diffusi tra i dipendenti pubblici e non solo. Anche nel privato la parte del leone la fanno i metalmeccanici che hanno i voucher inseriti nel contratto nazionale (1,5 milioni di persone).

Poi c’è anche un problema di tempi: il tetto a 3mila euro è valido solo fino al 31 dicembre e chi non usufruisce già di piattaforme idonee ha pochissimo tempo per predisporle. E poi, soprattutto, bisogna ricordare che si tratta di una misura che si basa sulla generosità delle imprese, che devono autonomamente decidere di conferire una sorta di premio ai dipendenti.

Bonus 3mila euro, il ruolo delle aziende

È vero che ci sono aziende che già applicano i fringe benefit, ma parliamo di cifre ben diverse dai 3mila euro introdotti dal governo Meloni. E si tratta sempre di un incentivo basato sulla volontà delle imprese di investire nei dipendenti. Il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, ha peraltro già criticato la norma sostenendo che in questa maniera “si sposta la palla nel campo delle imprese mettendole in difficoltà”.

Inoltre, altra lamentale di Bonomi, è che così si rimanda la discussione sul taglio del cuneo fiscale, più volte chiesto dal presidente di Confindustria al governo. In ogni caso il punto principale resta il fatto che i fringe benefit non sono diffusi, tanto più nelle piccole e medie imprese, il cuore del tessuto industriale italiano.

Fringe benefit, gli altri rischi

Ma i problemi non finiscono qui. Emanuele Massagli, presidente di Aiwa, Associazione italiana per il welfare aziendale, lancia anche un altro allarme. Poiché gli aiuti riguardano solo le bollette e una platea limitata, il rischio di un sostegno così alto è che si snaturi “il valore sociale del welfare aziendale, ovvero aiutare il lavoratore coprendo le spese per l’asilo nido e la scuola, il dentista, l’abbonamento del bus”. Il concetto espresso da Massagli è che con quei soldi, in realtà, non si potranno solo pagare le bollette ma anche fare la spesa al supermercato o addirittura shopping online, a scapito del vero welfare aziendale.

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