Banche e tassi: bomba pronta a esplodere, anche in Italia?

Violetta Silvestri

10/03/2023

10/03/2023 - 11:57

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Settore bancario scosso a livello mondiale dopo i fatti di Wall Street: cosa c’entrano i tassi di interesse e quali effetti possono scatenarsi sugli istituti italiani?

Banche e tassi: bomba pronta a esplodere, anche in Italia?

C’è una bomba banche pronta a esplodere, innescata dai forti rialzi dei tassi e dai conseguenti aumenti dei rendimenti obbligazionari? La domanda è d’obbligo in seguito alla disfatta del settore a Wall Street e ora su tutti i mercati europei.

A dominare il clima tra gli investitori è un forte nervosismo. La brusca chiusura di Silvergate Capital Corp. e la frettolosa raccolta fondi di SVB Financial Group hanno fatto precipitare le azioni delle banche statunitensi e agitato tutto il settore globale: potrebbe essere l’inizio di un problema molto più grave?

E le banche italiane, anch’esse sotto pressione oggi 10 marzo in Borsa, cosa rischiano?

Tassi di interesse e banche: un connubio pericoloso

Quanto sta accadendo oggi mostra una crepa nella finanza secondo un’analisi di Bloomberg: l’aumento dei tassi di interesse ha lasciato le banche cariche di obbligazioni che non possono essere vendute in fretta senza perdite. Quindi, se troppi clienti prelevano i loro depositi contemporaneamente, si rischia un circolo vizioso.

Il rischio immediato per molte banche potrebbe non essere “esistenziale”, secondo gli analisti, ma potrebbe comunque lasciare il segno. Piuttosto che affrontare una corsa ai depositi, le banche saranno costrette a competere più duramente per ottenerli, offrendo pagamenti di interessi più elevati ai risparmiatori. Ciò eroderebbe ciò che le banche guadagnano sui prestiti, tagliando i guadagni.

Le banche di piccole e medie dimensioni, dove i finanziamenti sono generalmente meno diversificati, possono subire una pressione particolare, costringendole a vendere più azioni e diluire gli investitori attuali.

Secondo Ipek Ozkardeskaya, analista senior di Swissquote Bank: “Questo è un problema che potrebbe colpire tutte le banche, comprese le grandi banche, perché le banche hanno accumulato molti asset dalla crisi finanziaria del 2007/2008 a prezzi in aumento, e non hanno dovuto pagare quasi nessun compenso per i depositi bancari, poiché i tassi sono stati vicini allo zero per così tanto tempo.”

Le autorità che regolano e monitorano il settore hanno costretto i maggiori istituti di credito a tenere da parte capitali sempre più grandi in modo da poter affrontare momenti critici come questo. I prestatori più piccoli, al contrario, sono stati gestiti con “un approccio molto leggero”, ha detto Michael Barr, vicepresidente della Fed per la supervisione, durante un discorso giovedì.

“Ovviamente ci sono istituzioni più grandi che sono anch’esse esposte a questi rischi, ma l’esposizione tende a essere una parte molto piccola del loro bilancio”, ha affermato. “Quindi, anche se sperimentano gli stessi deflussi di depositi, sono più isolati.”

Occorre preoccuparsi o no? Sebbene molti analisti non vedano una minaccia sistemica per il settore bancario globale, gli effetti negativi di tassi di interesse della banca centrale elevati per i prestatori si stanno facendo sentire.

“È la leva nel sistema che è il problema”, ha affermato James Athey, direttore degli investimenti di Abrdn. “La politica monetaria è stata troppo accomodante per troppo tempo.”

I costi di indebitamento globali sono aumentati al ritmo più veloce da decenni nell’ultimo anno, quando la Federal Reserve ha alzato i tassi statunitensi di 450 punti base da quasi zero, mentre la Banca centrale europea ha aumentato quelli della zona euro di 300 punti base.

Altre parti d’Europa e molte economie in via di sviluppo hanno fatto ancora di più. Vi sono preoccupazioni, tuttavia, che l’inflazione dei prezzi rimanga elevata, cosa che porterebbe a ulteriori aumenti dei tassi.

La crisi di SVB ha sottolineato la vulnerabilità delle banche, molte delle quali sono state sostenute da migliaia di miliardi di dollari di contanti dei contribuenti dopo la crisi finanziaria globale più di un decennio fa.

John Cronin, analista di Goodbody, ha affermato che gli investitori sono preoccupati per il calo del valore degli investimenti delle banche e per come ciò possa colpire il capitale alla base della loro attività, così come i risparmiatori, che cambiano banca per un affare migliore. Le banche, da sottolineare, in genere investono pesantemente proprio in titoli di stato, in particolare quelli del loro paese d’origine, rendendole vulnerabili se il loro valore scende (come sta accadendo adesso).

Cosa rischiano le banche italiane?

Le azioni delle principali banche italiane UniCredit e Intesa Sanpaolo sono in forte calo dopo la svendita delle banche statunitensi e asiatiche guidata dai timori che gli istituti di credito rischiano di subire perdite sui loro portafogli di titoli di Stato.

L’aumento dei tassi di interesse ha martellato il valore di quei portafogli, con le banche italiane considerate particolarmente esposte a causa dei premi al rischio che gli investitori richiedono per detenere carta italiana piuttosto che titoli di stato tedeschi con rating più elevato.

Le banche hanno comunque limitato il colpo alle loro riserve di capitale classificando porzioni sempre più ampie dei loro portafogli obbligazionari come attività da detenere fino alla scadenza, il che impedisce loro di doverle valutare agli attuali prezzi di mercato.

Tuttavia, il supervisore capo della Banca centrale europea Andrea Enria ha avvertito lo scorso novembre che questa configurazione contabile dà un falso senso di sicurezza di fronte a shock e volatilità, in quanto le effettive variazioni di fair value non si riflettono nei dati sugli utili e sul patrimonio di vigilanza delle banche.

Se non c’è un vero allarme per le banche, anche italiane, resta comunque un clima di incertezza legato soprattutto al prossimo futuro della politica monetaria delle banche centrali.

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