Banche centrali, ritorno ai tassi negativi? Il caso della Svizzera

Laura Naka Antonelli

17 Giugno 2025 - 12:37

Countdown all’annuncio sui tassi della Swiss National Bank (SNB), ormai alle porte. Gli effetti del danno dazi di Trump. Toccherà anche alla BCE?

Banche centrali, ritorno ai tassi negativi? Il caso della Svizzera

La Svizzera si prepara al ritorno dei tassi negativi. Farà lo stesso la BCE”? Già il mese scorso un articolo del Financial Times poneva il seguente interrogativo, nel parlare della possibilità, nell’era di Trump, che l’eventuale palesarsi di forze deflazionistiche in alcune economie europee, a causa dei dazi americani, finisse con l’obbligare le relative banche centrali a riportare i tassi di interesse non solo allo zero, ma a un livello anche inferiore, inaugurando così una nuova era di tassi negativi.

Uno scenario del genere è stato già illustrato di recente in merito al caso della Banca centrale svizzera Swiss National Bank (SNB), che potrebbe essere la prima banca centrale delle economie avanzate a essere costretta a riportare i tassi al di sotto dello zero.

Countdown ad annuncio tassi Svizzera. Alert deflazione con Super franco

Il momento della verità è vicino, visto che la Swiss National Bank annuncerà la propria decisione sui tassi dopodomani, giovedì 19 giugno, nel giorno immediatamente successivo al Fed Day, che invece vedrà Jerome Powell, a dispetto degli appelli e degli insulti del presidente americano Donald Trump, optare per l’ennesimo nulla di fatto.

È molto probabile che, grande protagonista di questa settimana, in cui diverse saranno le banche centrali a riunirsi per illustrare poi ai mercati le decisioni di politica monetaria che hanno deciso di adottare - oggi è toccato alla Bank of Japan di Kazuo Ueda, che ha lasciato i tassi allo 0,5% - sarà proprio la Banca centrale svizzera che, secondo le attese, riporterà i tassi allo zero, preannunciando contestualmente l’intenzione di andare oltre, e di tornare dunque prima o poi a rilanciare l’era dei tassi negativi.

Il motivo? La solidità eccessiva del franco svizzero che, sulla scia della forte crisi di fiducia che ha colpito il dollaro USA a seguito dell’annuncio dei dazi reciproci da parte di Trump, ha accelerato la sua corsa al rialzo, fino a portare la sua performance YTD, ovvero dall’inizio del 2025, a un balzo di quasi +11% nei confronti del biglietto verde, incassando così il guadagno più alto, in questo lasso di tempo (dall’inizio dell’anno fino ai primi giorni del mese di giugno), dal 2011.

Il trend del franco svizzero ha già irritato la Swiss National Bank per gli effetti che potrebbe avere sull’economia, che si riassumono nel concetto di deflazione, ovvero di quel tasso di inflazione che staziona al di sotto dello zero: un fenomeno macroeconomico che si è già verificato in Svizzera, stando almeno a quanto è emerso dall’ultimo indice dei prezzi al consumo relativo al mese di maggio, che è diventato negativo, riportando su base annua un trend pari a -0,1%, e così scivolando al livello più basso dal marzo del 2021.

Quel dato è bastato a portare diversi economisti a parlare di minaccia di deflazione in Svizzera, un fenomeno che, così come ha riferito al Financial Times Mike Riddell, gestore dei fondi presso Fidelity, “renderà la SNB allergica all’apprezzamento del franco svizzero”.

“Forza franco svizzero con crisi fiducia dollaro mal di testa persistente per la SNB”

Riddell ha fatto notare che “qualsiasi pressione ulteriore al rialzo” del franco svizzero potrebbe convincere la banca centrale a intervenire sul mercato del forex, per cercare di indebolire il valore della moneta, che si è rafforzata soprattutto sulla scia della corsa ai beni rifugio che diversi investitori hanno lanciato temendo i dazi di Trump: una corsa che, stavolta, non solo non ha interessato il dollaro USA, ma ha reso la valuta degli Stati Uniti la grande esclusa tra le monete in cui i trader hanno deciso di cercare riparo in grandi tempi di incertezza: le classiche e ben note valute rifugio, come lo yen giapponese e, per l’appunto, il franco svizzero.

Peccato però per la Svizzera che questa corsa al franco svizzero abbia riportato l’economia in una condizione di deflazione per la prima volta dal periodo della pandemia Covid-19, provocando di conseguenza a danno della Swiss National Bank quello che Charlotte de Montpellier, economista senior per la Francia e la Svizzera di ING è diventato “un persistente mal di testa”.

Di conseguenza, non avendo scelta, per De Montpellier la SNB “cercherà di combattere l’apprezzamento del franco svizzero con le armi a sua disposizione”.

D’altronde, “l’ultima flessione (dell’inflazione) è stata scatenata da fattori esterni”, ha spiegato l’economista in una nota che, nel puntualizzare il motivo per cui l’incubo della deflazione è ripiombato in Svizzera, ha puntualizzato che “il franco svizzero forte ha ridotto in modo significativo il costo dei beni importati...e dal momento che le importazioni incidono sull’indice CPI per il 23%, l’effetto sull’inflazione è notevole ”.

Swiss National Bank, ci siamo. Taglio verso lo zero, tassi negativi già da ora?

Ciò significa che la Banca centrale elvetica continuerà a tagliare i tassi, a partire dalla giornata di dopodomani, portandoli allo zero, dallo 0,25% attuale, varando dunque un taglio di 25 punti base.

C’è tuttavia chi non esclude una riduzione ancora più importante, ergo un maxi taglio di 50 punti base, già nel meeting imminente di giugno.

Insieme ad altri economisti De Montpellier crede invece in un approccio più graduale, che vedrà comunque la Swiss National Bank optare per i tassi negativi, con un ulteriore taglio, nello scenario di base di ING, pari a 25 punti base nella riunione di settembre, che porterà il costo del denaro al -0,25%.

L’economista non esclude tuttavia a priori nulla: “Sebbene l’SNB preferisca evitare di procedere con tagli più importanti, una riduzione di 50 punti base a giugno non può essere esclusa ”.

Banche osservate speciali, la pacchia tassi anche BCE è finita da un po’

La notizia del possibile ritorno dei tassi negativi in Svizzera ha già messo in allarme il mondo delle banche e dei fondi pensione.

Già ora le banche non solo della Svizzera ma anche dell’area euro stanno pagando il contesto di tassi di interesse più bassi, che tende di per sé a deprimere il valore dei margini netti di interesse. Gli stessi che hanno fatto la fortuna degli istituti di credito in particolare nel 2022 e nel 2023, nei periodi in cui le banche centrali hanno alzato incessantemente i tassi per combattere l’inflazione fuori controllo.

Un conto sono tuttavia i margini netti di interesse (NII-Net Interest Income) zavorrati da tassi più bassi. Un conto sono gli stessi margini in un contesto di tassi di interesse negativi.

L’impatto sarebbe ovviamente più significativo, se le banche centrali, non solo quella Svizzera, fossero costrette alla fine a ritornare sui loro passi, e a sconfiggere stavolta non l’inflazione, ma la deflazione.

Qualcuno ha già lanciato un alert simile per l’Eurozona, rivolgendo dunque alla BCE di Christine Lagarde.

In questo caso, almeno nel breve, il rischio di tassi negativi sarebbe lontano, visto che la Banca centrale europea, secondo le previsioni dei mercati e degli economisti, sarebbe orientata a lasciare per ora i tassi dell’area euro fermi al 2%, dopo l’ultimo recente ottavo taglio annunciato in meno di un anno.

BCE, tassi negativi dal 2014 al 2022

Vero allo stesso tempo che se l’euro continuerà a marciare verso l’alto - cosa che sta facendo per l’appunto il franco svizzero - la BCE potrebbe trovarsi a seguire a ruota l’esempio della banca centrale svizzera (per ora ancora sulla carta),e anche nell’area euro potrebbe ritornare l’era dei tassi negativi, per la precisione per la seconda volta.

La BCE ha infatti adottato la politica dei tassi negativi (negative interest rate policy-NIRP), la prima volta, nel giugno del 2014, quando ha tagliato il tasso sui depositi al di sotto dello zero, portandolo al -0,1%. La Banca centrale europea (ai tempi in cui era guidata dall’ex Presidente del Consiglio Mario Draghi) ha poi continuato a portare avanti la strategia dei tassi negativi, riducendo ulteriormente i tassi altre quattro volte, ciascuna volta di 10 punti base, fino ad arrivare al minimo assoluto del -0,5% nel settembre del 2019.

Da quell’anno i tassi sono rimasti inchiodati a questo valore, per tornare a essere alzati soltanto nel 2022, al suono del campanello d’allarme dell’inflazione.

Se l’euro continuerà a correre - come ha già fatto il franco svizzero - anche la BCE di Lagarde dovrà iniziare a considerare l’opzione di dover tornare all’era dei tassi negativi?

Oppure stavolta la Swiss National Bank si confermerà mosca bianca tra tutte le banche centrali? Per ora, aumenta il numero degli economisti che prevedono il ritorno ai tassi al di sotto delle zero in Svizzera. Tra questi quelli di Goldman Sachs, Nomura e Barclays si aspettano che il fenomeno si ripresenterà a settembre.

Idem Martina Honegger-Romahn, gestore di portafoglio della divisione di reddito fisso di Allianz Global Investors: “Ci aspettiamo un ritorno ai tassi negativi entro il mese di settembre”.

Allarme tra i fondi pensione della Svizzera. La lettera

A suonare l’allarme sono intanto già alcuni fondi pensione della Svizzera. In evidenza una lettera firmata dal presidente di Tellco Pensionskasse, Peter Hofmann, inviata direttamente alla Swiss National Bank (SNB), che ha fatto seguito alle dichiarazioni con cui il presidente della SNB Martin Schlegel, in occasione del Swiss Media Forum che si è tenuto a Lucerna il mese scorso, non ha escluso il ritorno ai tassi negativi.

Con la missiva, Hofmann ha consigliato alla banca centrale di evitare decisioni di politica monetaria che finiscano con il rendere i fondi pensione “ vittime collaterali di una strategia volta a indebolire il franco svizzero ”, ricordando come il precedente regime dei tassi di interesse negativi avesse all’epoca prodotto “un grande stress” sul fondo Pensionskassen.

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