Azioni MPS nel mirino delle vendite anche oggi dopo l’inchiesta della Procura di Milano su Lovaglio-Milleri-Caltagirone. Giorgetti travolto dalle accuse dell’opposizione.
Niente da fare: le azioni MPS continuano a scendere a Piazza Affari, dopo il rally incessante delle ultime settimane, innescato dal successo dell’OPAS su Mediobanca e dalla prospettiva di dividendi più ghiotti da parte del Monte, forte del grande tesoretto chiamato Piazzetta Cuccia.
Azioni MPS perdono anche quota 8 euro dopo indagine su Lovaglio-Milleri-Caltagirone
I titoli Monte dei Paschi di Siena perdono anche oggi, scendendo sotto la soglia di 8 euro, continuando a prezzare i dubbi degli analisti sul processo di integrazione tra la banca senese e Mediobanca, che qualcuno ora vede in forse, a causa dell’indagine aperta dalla Procura di Milano sul CEO Luigi Lovaglio, sul presidente di Delfin e EssilorLuxottica Francesco Milleri e sul costruttore romano Francesco Gaetano Caltagirone: i tre grandi registi, secondo le accuse degli inquirenti, dell’offerta che la banca senese ha lanciato all’inizio di quest’anno su Mediobanca per puntare a quella che è stata subito considerata - già a Piazza Affari - la vera preda non solo del Monte ma (soprattutto?), del governo Meloni: Generali Assicurazioni.
Non per niente la Procura di Milano, prima di annunciare giovedì scorso 27 novembre 2025 l’inchiesta ufficiale su Lovaglio-Milleri-Caltagirone, non aveva fatto mistero del dubbio che l’offerta di MPS su Mediobanca (inizialmente OPS, diventata poi OPAS) fosse stata semplicemente il secondo atto di un piano ben preciso, orchestrato con il sostegno di Palazzo Chigi.
Gli inquirenti avevano acceso già i fari sul primo atto di un presunto patto occulto: una sorta di peccato originale, commesso diversi mesi prima dell’annuncio dell’OPS di MPS, ovvero alla metà di novembre, quando il MEF aveva piazzato con successo sul mercato il 15% delle azioni MPS in suo possesso con una operazione che aveva consentito proprio a Caltagirone e a Delfin, la holding della famiglia Del Vecchio, di fare shopping dei titoli del Monte e di diventare così suoi nuovi azionisti.
Le due new entry Caltagirone e Delfin nel capitale di MPS e i sospetti della Procura di Milano
Proprio quelle due new entry (Caltagirone e Delfin) nel capitale di MPS avevano alimentato più di un interrogativo direttamente a Piazza Affari, dove non era sfuggita la palese coincidenza: nuovi soci del Monte dei Paschi di Siena erano diventati stati proprio due grandi attori della finanza italiana, entrambi già presenti nel ruolo di maggiori soci sia di Mediobanca che di Generali.
I dubbi erano poi esplosi con il famoso agguato che MPS aveva teso a Mediobanca con l’offerta pubblica di scambio lanciata il 24 gennaio 2025 nelle stesse settimane, tra l’altro, in cui secondo alcune indiscrezioni stampa il governo Meloni scattava sull’attenti a causa di quell’accordo con i francesi che Generali aveva siglato. Accordo che Palazzo Chigi aveva visto subito come fumo negli occhi, in quanto - a parer suo - a rischio di far espatriare addirittura i risparmi degli italiani, considerati cruciali soprattutto per blindare il debito pubblico di casa, dunque i BTP & Co.
Il desiderio della Procura di Milano di approfondire in primis la vendita da parte del MEF sul mercato del 15% di MPS ancora in suo possesso non aveva dunque stupito più di tanto Piazza Affari dove già da po’, così come tra le fila delle opposizioni al governo Meloni, era maturato il sospetto, se non la convinzione che il peccato originale alla base dell’OPS su Mediobanca fosse stato commesso proprio con l’operazione di accelerated bookbuilding lanciata da Via XX Settembre, concepita per continuare a privatizzare Rocca Salimbeni.
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Integrazione MPS-Mediobanca a rischio? Qualcuno la vedeva diffficile già prima dell’indagine
Ora che tuttavia gli inquirenti hanno alzato il tiro sul dossier MPS-Mediobanca, insospettiti dalla presenza di presunti patti occulti e mettendo nel mirino lo stesso Lovaglio, insieme a Caltagirone e a Delfin, la grande paura a Piazza Affari è che, a saltare, possa essere la stessa integrazione tra le due banche italiane, di conseguenza la prospettiva di utili e dividendi più corposi da parte della banca senese.
A manifestare questi timori è stato lo stesso analista di Bloomberg Intelligence Lento Tang che, in una nota scritta venerdì scorso, ha fatto notare che l’inchiesta “aggiunge una nuova sfida all’integrazione delle due banche”: operazione che, secondo Tang, era già in forse e a rischio “elevato” di fallire, ancora prima dell’indagine, a causa dei due modelli di business totalmente diversi dei due istituti.
Intanto occhio al trend delle azioni MPS-Banca Monte dei Paschi di Siena e Mediobanca, entrambe quotate sul Ftse Mib di Piazza Affari.
La corsa dei titoli MPS si è indubbiamente arrestata, almeno in queste ultime sedute successive alla notizia dell’inchiesta della Procura di Milano: alle 11.30 ora italiana i titoli perdono il 2,7% circa, a quota 7,93 euro, estendendo così la flessione degli ultimi cinque giorni di contrattazioni a -5,3%.
Il trend dell’ultimo mese rimane positivo (+4,6%), mentre la performance dei titoli degli ultimi tre mesi è praticamente piatta. YTD, ovvero dall’inizio del 2025, le azioni rimangono in solido rialzo (+16%), mentre su base annua viaggiano a un valore superiore rispetto allo stesso periodo del 2024 di oltre il 27%.
I titoli Mediobanca viaggiano attorno a quota 16,64 euro. Negli ultimi cinque giorni di trading sul Ftse Mib di Piazza Affari hanno ceduto appena lo 0,50%, così come nell’ultimo mese di contrattazioni.
Brusco dietrofront invece negli ultimi tre mesi (-19%), mentre YTD il trend è stato di uno scatto superiore a +18%. La performance su base annua delle azioni di Piazzetta Cuccia è di uno scatto di oltre +21%.
Opposizioni contro Giorgetti-Meloni, Schlein: “governo ha favorito scalate di cordate considerate amiche”
Nel frattempo, nel mirino delle polemiche è finito in questi ultimi giorni anche il titolare del Tesoro, ovvero il ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti, accusato dalle forze di opposizione al governo Meloni di essere stato insieme ai tre manager finiti sotto inchiesta il regista dell’operazione, che ha permesso al Monte di espugnare la fortezza Mediobanca.
All’attacco contro il governo Meloni la segretaria del PD Elly Schlein, che ha detto che “il quadro che emerge dall’inchiesta in corso sulla operazione di MPS su Mediobanca conferma le gravi preoccupazioni che abbiamo espresso nei mesi scorsi, in particolare per il ruolo opaco del governo e del MEF ”.
Schlein ha continuato, affermando che il governo Meloni, “l’unico interventismo in economia lo ha dimostrato favorendo scalate di cordate considerate amiche, anziché far rispettare il corretto funzionamento delle regole di mercato”.
Ancora, la segretaria del Partito democratico:
“La magistratura farà il suo lavoro, ma Giorgetti venga subito a riferire in Aula per chiarire al Paese tutti gli aspetti di questa vicenda”.
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Vuole vederci chiaro anche il deputato di +Europa Benedetto Della Vedova:
“Chiederò lunedì stesso (oggi) al Presidente della Commissione Finanze della Camera, on. Marco Osnato, di chiedere urgentemente al Presidente della Camera che venga avviata, ai sensi dell’art. 144 del Regolamento, un’indagine conoscitiva sulle ultime vicende del cosiddetto risiko bancario, e in particolare su tutto quanto accaduto in relazione alla scalata di MPS, partecipata dal Ministero dell’Economia, a Mediobanca. A prescindere da quanto farà la Procura di Milano e anche al netto delle ipotesi di reato, è bene che il Parlamento faccia piena luce su tutti i passaggi di una vicenda che ha visto il governo fare al contempo l’arbitro e il giocatore, anche sulla cessione del 15% di MPS da parte del MEF con una procedura a dir poco sbrigativa a favore di pochi soci pronti a scalare Mediobanca, e sull’utilizzo del tutto improprio del Golden Power per fermare l’offerta pubblica di scambio di UniCredit su BPM, anch’essa socia del MEF in MPS. Le risposte di Giorgetti a più di un’interrogazione che ho presentato nei mesi scorsi sono state infatti tutte molto reticenti a fronte di un interventismo nel settore bancario da parte del Governo che non ha precedenti”.
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Idem il senatore Mario Turco, vicepresidente del M5S e componente della Commissione d’inchiesta sul sistema bancario, finanziario e assicurativo, che ha ricordato come da un lato il governo Meloni e il MEF di Giancarlo Giorgetti abbiano sempre sostenuto l’operazione di risiko MPS-Mediobanca e come, dall’altro, abbiano invece messo sempre i bastoni tra le ruote all’altro dossier di M&A di Piazza Affari, che ha finito con il fare flop a causa dell’applicazione del golden power da parte del governo Meloni: l’OPS di UniCredit su Banco BPM:
“Abbiamo appena depositato un’interrogazione urgente al Presidente del Consiglio e al Ministro dell’Economia sulla gestione distorta e opaca del risiko bancario, caratterizzata da evidenti conflitti d’interesse. L’unica vera iniziativa di politica economica del Governo, mai comunicata né spiegata al Paese, è oggi sovrastata da una doppia, pesante ombra: da una parte l’inchiesta della procura di Milano, che coinvolge i principali protagonisti del risiko, a partire dai vertici di MPS, ancora partecipata dal MEF; dall’altra la procedura di infrazione europea sull’uso selettivo del golden power per ostacolare l’offerta di UniCredit su Banco BPM. Un intervento, quest’ultimo, che non ha certo ’protetto’ BPM, avendo piuttosto consentito al Governo di proseguire indisturbato con i suoi piani politico-finanziari non trasparenti”.
Governo Meloni fa quadrato attorno a Giorgetti. I commenti di Tajani e Lupi
Dal canto suo, il governo Meloni ha fatto quadrato attorno al titolare del Tesoro Giancarlo Giorgetti, per blindarlo dalle accuse.
Nel far riferimento all’inchiesta della Procura di Milano, nel corso dell’assemblea di Noi Moderati che si è svolta a Roma nel fine settimana, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha detto di sperare che quella lanciata “non sia un’inchiesta a orologeria, fermo restando che, ripeto, totale solidarietà al ministro Giorgetti”.
“Lo conosco”, ha continuato Tajani, “so che è una persona perbene, non può avere agito mai per compiere qualcosa non al servizio dello Stato”.
A esprimere solidarietà al ministro dell’Economia e delle Finanze anche il leader di Noi moderati, Maurizio Lupi che ieri domenica 30 novembre, al termine dell’assemblea nazionale del partito, ha ricordato anche quanto Giorgetti sia riuscito a far fare progressi all’Italia nel processo di risanamento dei conti pubblici:
Descriverlo “come uno che complotta nei confronti del sistema bancario per favorire non so chi è una vergogna, perché il ministro Giorgetti, ed è una cosa che tutto il Parlamento gli deve riconoscere, ha tenuto i conti in ordine, ha sempre governato il Ministero dell’Economia con la massima trasparenza, e ha avuto solo a cuore una cosa, l’interesse del Paese”, ha sottolineato Lupi, aggiungendo che “come sempre l’opposizione perde un’occasione, un’occasione per entrare nel merito, criticare le operazioni, ma per non strumentalizzare la giustizia a fini politici”.
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