C’è la crisi, al via il taglio degli stipendi: è legittimo?

Simone Micocci

22 Luglio 2022 - 17:03

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Cosa fare se l’azienda taglia gli stipendi in un momento di difficoltà economica? Ecco cosa è importante sapere per difendersi.

C’è la crisi, al via il taglio degli stipendi: è legittimo?

La vostra azienda sta attraversato un periodo di crisi e ha annunciato un piano di ridimensionamento degli stipendi. Una spiacevole notizia, da cui però è possibile difendersi: è importante sapere, infatti, che l’azienda non può mai tagliare unilateralmente gli stipendi, neppure quando da ciò potrebbe dipendere la sopravvivenza dell’attività.

D’altronde, alle aziende che stanno attraversando un momento di difficoltà economica lo Stato riconosce la possibilità di accedere agli ammortizzatori sociali, come ad esempio alla cassa integrazione guadagni con la quale si riduce l’orario di lavoro del dipendente ma senza penalizzazioni sullo stipendio, visto che della parte non riconosciuta dal datore di lavoro se ne fa carico lo Stato.

Anche se in crisi, quindi, l’azienda non può ridurre lo stipendio né tantomeno ritardarne il pagamento.

Tuttavia, azienda e lavoratore possono accordarsi per un piano di riduzione degli stipendi, specialmente quando ciò può servire per evitare il licenziamento. Vediamo, dunque, cosa deve fare il dipendente che si sente dire dall’azienda che a causa della crisi si vuole procedere con un piano di riduzione degli stipendi ed eventualmente come difendersi.

Taglio di stipendio per la crisi: l’azienda non può decidere unilateralmente

L’articolo 2103 del Codice civile, precisamente al comma 1, recita:

Il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti all’inquadramento superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale d’inquadramento delle ultime effettivamente svolte.

Il datore di lavoro non può quindi procedere con un demansionamento, che di fatto giustificherebbe una riduzione dello stipendio, a meno che non raggiunga un accordo con il lavoratore stesso.

Ciò significa che il datore di lavoro non può intervenire sulla paga base; quel che può fare, qualora abbia necessità di ridurre i costi, è revocare tutte quelle attribuzioni patrimoniali che non hanno carattere contributivo, come possono essere i buoni pasto, ma senza toccare stipendio e compensi accessori.

Inoltre, qualora dovesse decidere di cambiare mansioni al dipendente, purché d’inquadramento superiore o comunque riconducibili allo stesso livello, potrebbe revocare l’attribuzione delle indennità per mansione specifica, se riconosciute, ma nient’altro.

Come difendersi dal taglio dello stipendio per crisi aziendale

Dunque, non è legittimo il taglio dello stipendio - eccetto il caso in cui anche il dipendente sia favorevole - operato dall’azienda che sta attraversando un momento di crisi o di riorganizzazione.

In tal caso, il dipendente può disporre delle stesse tutele previste in caso di stipendio non pagato. Se chiedendo spiegazioni al datore di lavoro notate che questo resta fermo sulla propria posizione, allora potete rivolgervi al vostro sindacato oppure alla sede territoriale dell’ispettorato del lavoro, così che questi possano fornirvi le istruzioni su come procedere per far valere il vostro diritto di ricevere lo stipendio inizialmente pattuito.

Il piano di demansionamento per evitare il licenziamento

Va detto che tra gli strumenti a disposizione del datore di lavoro per salvare l’azienda in crisi vi è la possibilità di procedere con il licenziamento per giustificato motivo oggettivo.

Per questo motivo, al fine di evitare lo spettro del licenziamento, il dipendente potrebbe andare incontro alle esigenze dell’azienda, acconsentendo a sottoscrivere un piano di demansionamento, come espressamente previsto dal comma 6 dell’articolo 2103 del Codice civile.

Nel dettaglio, in accordo con il dipendente, si può procedere a una modifica peggiorativa delle mansioni assegnate, come pure del livello d’inquadramento e - di conseguenza - della retribuzione.

Il lavoratore può quindi acconsentire alla riduzione dello stipendio, ma solo quando tale decisione sia giustificata da un miglioramento delle condizioni di vita, da un accrescimento del bagaglio professionale o, come nel caso specifico, dalla salvaguardia del posto di lavoro, ossia per evitare il licenziamento.

Patto che, per tutelare la posizione di svantaggio del dipendente, dovrà essere sottoscritto in una sede protetta, ossia davanti la commissione di certificazione dei contratti di lavoro oppure davanti il giudice del lavoro o presso una sede sindacale o comunque presso la sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro.

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