Assegno di inclusione, dal 2026 spetta solo per 11 mesi senza alcun bonus di 500 euro.
Ci sono cattive, anzi pessime, notizie per chi percepisce l’Assegno di inclusione, la misura che ha sostituito il Reddito di cittadinanza e che da circa due anni garantisce un sostegno economico alle famiglie vicine alla soglia di povertà.
Con la legge di Bilancio 2026 arrivano novità importanti, alcune positive ma altre molto penalizzanti. La principale riguarda il fatto che l’assegno di inclusione diventa finalmente una misura strutturale. Non sarà più limitato ai 18 mesi iniziali, rinnovabili una sola volta per ulteriori 12 mesi: d’ora in avanti il rinnovo potrà essere richiesto ogni volta che la famiglia mantiene i requisiti previsti. In pratica, l’assegno potrà essere percepito anche per periodi indefiniti, a condizione di presentare una nuova domanda ogni 12 mesi.
Accanto a questo cambiamento, però, arriva una modifica che pesa in modo diretto sulle tasche dei beneficiari. Dal 2026 viene infatti eliminato il bonus da 500 euro introdotto dal governo Meloni per il solo 2025, un contributo che serviva a compensare il mese di sospensione obbligatorio tra un periodo di fruizione e il successivo. Senza questo correttivo, molte famiglie si troveranno con una mensilità in meno.
Perché dal 2026 si perde una mensilità
Il meccanismo della sospensione era già previsto dalla normativa originaria dell’Assegno di inclusione e non cambia con la legge di Bilancio. La prestazione può essere riconosciuta per un massimo di 18 mensilità consecutive, al termine delle quali il diritto decade e diventa necessario presentare una nuova domanda. Questa può essere inoltrata solo dal mese successivo rispetto all’ultimo pagamento ricevuto e il nuovo periodo decorre dal mese seguente alla presentazione dell’istanza.
Un esempio aiuta a comprendere la dinamica: se la diciottesima mensilità viene pagata a settembre, la domanda di rinnovo potrà essere inviata a ottobre, ma l’erogazione riprenderà soltanto da novembre. In questo schema, il mese di ottobre rappresenta la sospensione obbligatoria prevista dalla legge.
Fino al 2025 questo mese “vuoto” viene compensato dal bonus fino a 500 euro introdotto dal governo Meloni, che permette di non perdere alcun importo nell’arco dell’anno. Dal 2026, però, il bonus viene completamente eliminato e il mese di sospensione resta scoperto, con la conseguenza che il beneficiario riceverà undici mensilità nell’anno solare in cui avviene il rinnovo.
A complicare ulteriormente il quadro è la riduzione della durata dei periodi successivi al primo rinnovo: dopo i primi 18 mesi, infatti, ogni nuovo ciclo dura al massimo 12 mesi. Questo significa che la sospensione si presenterà puntualmente ogni anno, generando di fatto un buco fisso nei pagamenti annuali.
Il risultato è che chi ha iniziato a percepire l’assegno nel 2024 e raggiunge la scadenza dei primi 18 mesi nel corso del 2025, subirà la sospensione già nel prossimo anno. E poiché la stessa dinamica si ripeterà per tutti i rinnovi successivi, il numero effettivo di mensilità pagate nell’arco di un anno continuerà a essere 11 anche negli anni seguenti, nonostante ogni periodo di fruizione mantenga dodici accrediti pieni.
Rinnovi senza limiti, ma con alcune regole
Accanto alle criticità c’è però un aspetto che va a favore dei beneficiari.
L’ultima legge di Bilancio elimina il vincolo che permetteva un solo rinnovo: d’ora in poi, chi mantiene i requisiti potrà ripresentare la domanda tutte le volte necessarie.
I criteri economici e familiari restano in gran parte invariati, anche se la manovra introduce un calcolo Isee leggermente più favorevole grazie a una maggiore detrazione sulla prima casa e a una revisione delle scale di equivalenza, che incidono soprattutto sui nuclei più numerosi.
Rimangono invece rigidi i casi di revoca legati al mancato rispetto della condizionalità o a sanzioni: in queste situazioni è previsto un periodo di attesa di 6 mesi prima di poter fare nuovamente domanda.
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Nel complesso l’Assegno di inclusione cambia natura: diventa una misura continuativa e potenzialmente permanente per le famiglie che non riescono a raggiungere un reddito adeguato, ma perde una parte delle tutele economiche che erano state introdotte per rendere meno pesante la discontinuità dei pagamenti. Il risultato è un sistema più stabile, ma anche meno generoso, che richiede alle famiglie una maggiore capacità di adattamento per far fronte al mese di sospensione che da ora in avanti sarà costante ogni anno e, soprattutto, non sarà più compensato in alcun modo.
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