Allarme inflazione con il boom del petrolio. Prezzi inarrestabili?

Violetta Silvestri

28/09/2023

28/09/2023 - 10:36

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Torna l’allarme inflazione e il motivo è il prezzo del petrolio schizzato in alto verso nuovi massimi. La soglia dei $100 al barile è vicina, minacciando l’economia globale.

Allarme inflazione con il boom del petrolio. Prezzi inarrestabili?

Prezzi del petrolio sempre più alti, ormai quasi inarrestabili verso i 100 dollari al barile: l’allarme inflazione sta tutto nel boom del greggio.

I futures West Texas Intermediate degli Stati Uniti hanno toccato i 95,03 dollari al barile durante gli orari di negoziazione asiatici, segnando il livello più alto dall’agosto 2022. Il benchmark globale Brent è salito dell’1,05% a 97,56 dollari al barile. Alle ore 9.10 circa, in apertura delle Borse europee, il WTI e il Brent superano i 94 dollari al barile.

La corsa del greggio è ormai evidente. In una sola settimana i futures West Texas Intermediate sono passati da 89,04 dollari al barile ai 94,41 attuale, con un balzo del 6%. Rispetto a luglio, l’aumento è stato addirittura del 35%. Anche il Brent si è mosso nella stessa direzione. La quotazione ha registrato un incremento del 24% dal 29 giugno a oggi. L’ultima volta ad aver superato i 94 dollari al barile è stato a novembre 2022.

Complici le politiche dei tagli alla produzione dell’Opec, con Arabia Saudita e Russia a inseguire questa strategia anche in modo unilaterale e fuori dal cartello, il prezzo del petrolio è in pieno rally. La notizia di un calo inatteso delle scorte in un importante hub ha dato un’ulteriore spinta, avvicinando le quotazioni a 100 dollari al barile.

Il boom del greggio è un problema per l’inflazione, che rischia di schizzare in alto e complicare il già intricato cammino delle banche centrali per riportate i prezzi al consumo al target del 2%. Con i prezzi del petrolio che continuano a salire, l’allarme inflazione è già scattato.

Non c’è tregua per l’inflazione e la colpa è del petrolio

Il petrolio è stato spinto più vicino alla soglia dei 100 dollari al barile dopo che le scorte in un importante hub di stoccaggio degli Stati Uniti sono scese a livelli critici, evidenziando un deficit globale in aumento.

Le scorte di greggio presso l’hub di stoccaggio di Cushing, Oklahoma, punto di consegna dei futures del greggio statunitense, sono scese di 943.000 barili nella settimana, arrivando a meno di 22 milioni di barili, il livello più basso da luglio 2022, come mostrato nei dati.

A livello tecnico, le scorte a Cushing sono crollate a causa della forte domanda di raffinazione e di esportazione, suscitando preoccupazioni sulla qualità del petrolio rimanente nell’hub e sulla sua eventuale caduta al di sotto dei livelli operativi minimi.

Quello che sta accadendo al mercato petrolifero è una restrizione dell’offerta, causata principalmente dai tagli alle forniture da parte dell’Arabia Saudita e della Russia. All’inizio di questo mese, l’OPEC prevedeva un deficit di greggio pari a 3 milioni di barili al giorno nel quarto trimestre. Intanto, il presidente Vladimir Putin ha ordinato al suo governo di garantire la stabilizzazione dei prezzi al dettaglio del carburante dopo il balzo causato dall’aumento delle esportazioni.

In risposta, il suo vice primo ministro ha citato proposte per limitare le esportazioni di prodotti petroliferi acquistati per uso interno, aggravando la tensione del mercato, secondo indiscrezioni di Reuters.

Con la domanda negli Stati Uniti e in Cina che si sta dimostrando resiliente, molti nel mercato ora vedono il petrolio a 100 dollari come inevitabile, anche se il dollaro si riprende e persistono le preoccupazioni sugli alti tassi di interesse globali.

Il timore adesso è che dal settore energetico arrivino spinte sull’inflazione. La potenziale traiettoria dei prezzi del petrolio (e del gas) in alto era stata già citata come fonte di preoccupazione dalla Bce nella riunione di settembre. Il tasso inflazionistico rischia di rimbalzare a causa di costi energetici in forte aumento e, di conseguenza, la politica aggressiva finora messa in campo da Bce e Fed potrebbe svilire i suoi effetti.

D’altronde, con prezzi energetici più alti che spingono l’inflazione, aumentare ancora di più i tassi di interesse sarebbe un azzardo e rischierebbe di deprimere troppo la domanda e, quindi la crescita.

I prezzi del petrolio così elevati sono un problema aggiuntivo alla già complessa situazione economica globale.

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