Quando si configura il reato di abbandono? Quali sono le condizioni che il giudice valuta? E che ruolo gioca la consapevolezza del pericolo?
Il drammatico caso di Alessia Pifferi, la madre condannata per aver lasciato sola per giorni la figlia di 18 mesi fino alla morte, ha scosso l’opinione pubblica e acceso i riflettori su un reato spesso sottovalutato: l’abbandono di incapaci. Una condotta che, secondo il codice penale, può configurarsi anche quando l’allontanamento è temporaneo, ma espone concretamente la persona fragile a un pericolo.
Dietro queste vicende si celano domande complesse su responsabilità, consapevolezza e fragilità personali che la giustizia è chiamata a valutare con rigore.
Reato di abbandono di incapaci e minorenni: cosa significa e cosa dice la legge
L’art. 591 c.p., punisce:
“Chiunque abbandona una persona minore degli anni quattordici, o una persona incapace di provvedere a sé stessa per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia o per altra causa, della quale abbia la custodia o debba avere cura.”
Ai fini del reato non rileva tanto la durata dell’abbandono, quanto la sua pericolosità in concreto. In altre parole, l’abbandono può essere anche momentaneo, ma se colloca la persona in una situazione di rischio reale, si configura comunque il reato. La norma si applica anche nei confronti di soggetti incapaci solo temporaneamente (per esempio, sotto effetto di anestesia, abuso di alcol o farmaci). Rientra nel concetto di abbandono, allontanarsi da casa lasciando anziano con demenza senza assistenza, oppure un OSS che interrompe l’assistenza ad un malato.
Il “pericolo concreto” differenzia l’abbandono da una condotta moralmente riprovevole ma non rilevante ai fini del reato.
Chi è considerato “incapace”?
Per il diritto penale, l’incapace è:
“chiunque, per età, malattia fisica o psichica, disabilità o anche per temporanea alterazione delle facoltà mentali (ad esempio, sotto l’effetto di sostanze), non sia in grado di provvedere a sé stesso.”
Il minore d’età, in particolare sotto i 14 anni, è sempre considerato incapace di badare a sé stesso, per presunzione assoluta di legge. Dunque, l’abbandono nei suoi confronti si configura con maggiore facilità rispetto a un adulto incapace, poiché non è necessario dimostrare ulteriori condizioni soggettive.
Il dolo generico: la volontarietà della condotta
Un altro aspetto del reato di abbandono è la natura dolosa della condotta. L’art. 591 c.p. richiede dolo generico, cioè la semplice volontarietà dell’azione o dell’omissione, unita alla consapevolezza di esporre la persona a un pericolo. Non è necessario che l’agente voglia provocare un danno o la morte del soggetto, ma deve prevedere e accettare il rischio che l’atto (o l’omissione) possa causare conseguenze dannose.
“Per esempio, un genitore che lascia il figlio piccolo in casa per uscire a fare commissioni, consapevole dell’età e dell’assenza di sorveglianza, agisce con dolo generico. Non rileva l’intenzione soggettiva, ma il fatto oggettivo che quella scelta espone il minore a un pericolo.”
Chi può essere accusato di abbandono: genitori, tutori, educatori
L’abbandono è un reato proprio, cioè può essere commesso solo da chi ha un obbligo giuridico di custodia o assistenza nei confronti della persona minore o incapace, cioè chi ha una posizione di garanzia. In primo luogo i genitori, che hanno il dovere di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli (art. 30 Cost.; artt. 316 e 417 c.c.) Ma la responsabilità può estendersi anche a tutori legali, amministratori di sostegno, educatori, assistenti domiciliari, personale sanitario o insegnanti, nei limiti delle funzioni e dei doveri di vigilanza loro affidati.
La responsabilità penale, in questi casi, non discende solo da un vincolo affettivo, ma da un obbligo giuridico specifico, che può essere derivante dalla legge, da un provvedimento giudiziale o da un contratto (come nel caso delle badanti o dei responsabili di strutture di assistenza).
È reato lasciare temporaneamente un minore solo?
Sì, può esserlo, ma non sempre. Come detto, la temporaneità non esclude in automatico la responsabilità penale.
"Lasciare un bambino di 10 anni da solo in casa per dieci minuti, con la porta chiusa e il forno acceso potrebbe configurare il reato, se l’ambiente è ritenuto pericoloso o inadatto all’età.”
Diverso è se il minore ha 13 anni, è maturo e il contesto è sicuro (abitazione protetta, telefono a disposizione, assenza di rischi imminenti): in questo caso, difficilmente si parlerà di abbandono rilevante a fini penali.
Differenza tra abbandono e trascuratezza
L’abbandono si distingue dalla trascuratezza per l’intensità e il grado di pericolo della condotta. Mentre la trascuratezza riguarda un’assistenza inadeguata o carente nel lungo periodo (per esempio, alimentazione non equilibrata, scarsa igiene, negligenza educativa), l’abbandono presuppone una rottura netta dell’assistenza, anche se temporanea, in un momento in cui la presenza del soggetto responsabile è necessaria per garantire la sicurezza.
«Non cambiare regolarmente i pannolini a un neonato per disattenzione» può integrare trascuratezza. Ma «lasciare lo stesso neonato incustodito sul letto per un’ora, con rischio di caduta» costituisce abbandono, perché comporta un pericolo attuale e concreto.
Dal punto di vista giuridico, solo l’abbandono è previsto e punito dall’art. 591 c.p., mentre la trascuratezza può rilevare in ambito civile, ai fini della decadenza dalla responsabilità genitoriale o dell’affidamento.
Cosa cambia se l’abbandono è involontario o causato da forza maggiore
La volontarietà della condotta è un presupposto essenziale del reato. Se l’abbandono è causato da un evento imprevedibile, inevitabile e indipendente dalla volontà dell’agente, come un malore improvviso, un incidente stradale o una situazione di pericolo maggiore, il fatto potrebbe non essere punibile.
“Un genitore che sviene improvvisamente mentre è solo con il figlio piccolo e non riesce a soccorrerlo non commette reato, poiché manca l’elemento soggettivo del dolo.”
Lo stesso vale in caso di forza maggiore: un operatore sanitario che, durante un’emergenza, è costretto a lasciare un paziente per intervenire su un altro in pericolo di vita. In questi casi, sarà il giudice a valutare se l’evento sia davvero estraneo alla sfera di controllo dell’agente, e se egli abbia adottato tutte le cautele ragionevoli per evitare il pericolo.
Abbandono di minorenne o incapace: pene previste e conseguenze
L’art. 591 c.p., prevede per il reato di abbandono di persona minore di 14 anni o incapace la reclusione da 6 mesi a 5 anni. Questa è la pena edittale base, applicabile nei casi in cui non si siano verificate conseguenze lesive per la persona abbandonata ma sia comunque accertata l’esposizione a pericolo.
Le aggravanti che aumentano la pena fino a 8 anni o più
Quando dall’abbandono deriva una lesione personale, la pena sale e va da 1 a 6 anni. Se invece l’evento ha esito mortale, si applica la reclusione da 3 a 8 anni, come stabilito dal secondo e terzo comma dell’art. 591 c.p.
L’aggravante non richiede l’intenzionalità dell’evento: è sufficiente il nesso causale tra l’abbandono e la lesione o il decesso, anche se questi si verificano per colpa o per omissione.
«Un operatore di una struttura per disabili che dimentica un ospite in cortile sotto il sole, causando un colpo di calore con esito letale, risponde per abbandono aggravato dalla morte, anche se non voleva l’evento morte».
Oltre agli eventi lesivi, la pena può essere aggravata dalla qualità del luogo in cui si verifica l’abbandono. La giurisprudenza ha infatti riconosciuto che lasciare un minore o un incapace in ambienti pericolosi (strade trafficate, luoghi isolati, condizioni climatiche estreme) costituisce una circostanza aggravante implicita, in quanto innalza il livello del rischio.
leggi anche
Come denunciare una persona? Ecco come si fa

Le conseguenze civili: decadenza dalla responsabilità genitoriale e risarcimenti
Accanto alle sanzioni penali, il reato di abbandono può generare conseguenze civili molto gravi, a partire dalla decadenza dalla responsabilità genitoriale (art. 330 c.c.). Il giudice minorile, una volta accertata la condotta abbandonica, può infatti ritenere il genitore inidoneo all’assunzione del ruolo educativo e protettivo nei confronti del figlio e disporre la sospensione o la decadenza definitiva dalla potestà. Inoltre, l’autore del reato può essere condannato al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dalla persona offesa o dai familiari.
«Se un bambino subisce un danno da abbandono in tenera età, i genitori affidatari o tutori potranno essere condannati a risarcire anche per danno morale e perdita di chance evolutiva».
Casi reali e sentenze sull’abbandono di minori e incapaci
Negli anni, il reato di abbandono di minori o incapaci ha dato origine a casi che hanno segnato il dibattito giuridico e sociale. Un caso rilevante è quello della comunità “Il Forteto”, dove per anni si sono verificati abusi sistematici e condotte di abbandono su minori affidati. Le condanne, confermate anche in Cassazione, hanno affermato con forza che l’omessa vigilanza in contesti istituzionali può integrare il reato, specie quando si accompagna a maltrattamenti o violazioni dei diritti fondamentali.
Drammatico è l’episodio avvenuto a Catania nel 2022, dove un padre ha dimenticato il figlio di due anni in auto sotto il sole per oltre cinque ore. Il bambino è deceduto per arresto cardiaco da colpo di calore. Il caso ha sollevato interrogativi giuridici sulla rilevanza dell’“amnesia dissociativa”, una condizione psicologica documentata ma ancora controversa nella valutazione del dolo in ambito penale.
Reato di abbandono di minori e incapaci: le condizioni psicologiche
Nel valutare il reato di abbandono, è importante considerare anche le condizioni psicologiche che possono influenzare sia l’autonomia del soggetto vulnerabile sia la lucidità dell’agente. Stati come depressione, burnout, o psicosi lievi possono rendere una persona incapace di provvedere a sé stessa anche in assenza di riconoscimenti formali.
Un tema dibattuto è l’amnesia dissociativa: in alcuni casi, genitori affetti da stress acuto possono dimenticare involontariamente i figli, come nei tragici casi di bambini lasciati in auto. La giurisprudenza valuta caso per caso se questa condizione possa escludere il dolo generico, sulla base di prove cliniche attendibili. Infine, fattori come isolamento sociale, mancanza di supporto familiare o condizioni economiche precarie possono contribuire a condotte di abbandono non sempre frutto di volontà colpevole, ma di fragilità personale.
I consigli dell’avvocato: come difendersi da un’accusa di abbandono
In primo luogo occorre sapere che, trattandosi di un reato a dolo generico e di pericolo concreto, la difesa non può limitarsi a negare l’intenzione di nuocere. Anzitutto bisogna dimostrare che non vi è stata esposizione al pericolo oppure che l’obbligo di custodia o vigilanza non era effettivamente in capo all’indagato, o era temporaneamente sospeso per cause giustificabili. Un primo consiglio è ricostruire tempestivamente la “catena del controllo”, chi, al momento del fatto, aveva realmente la responsabilità materiale della persona offesa. Le comunicazioni con altri soggetti coinvolti (educatori, strutture, parenti) possono essere decisive per escludere il nesso soggettivo con il fatto.
Un secondo elemento che può fare la differenza in sede dibattimentale è la prova della prevedibilità del pericolo. La difesa deve raccogliere elementi che dimostrino che, in quel caso, nessuno avrebbe potuto prevedere un rischio concreto per la vita o l’incolumità. In questo senso, documentazione ambientale, testimonianze tecniche (per esempio di un medico o psicologo), e persino registrazioni video possono essere strumenti probatori preziosi.
Come in ogni reato omissivo, la chiave non sta solo nel “non aver fatto”, ma nel dimostrare di aver agito con diligenza, nei limiti delle proprie possibilità e in assenza di alternative ragionevoli. Questo, in giudizio, può fare la differenza tra una condanna e un’assoluzione.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Argomenti