Valute dei mercati emergenti a picco: è il terzo atto della crisi finanziaria globale?

Nicola D’Antuono

27 Gennaio 2014 - 06:26

Le valute dei paesi emergenti sono andate a picco, a causa del tapering americano, del rallentamento cinese e per la fragilità macroeconomica generalizzata

Valute dei mercati emergenti a picco: è il terzo atto della crisi finanziaria globale?

L’ultima seduta della scorsa ottava è stata una vera e propria Waterloo per i mercati globali. Le borse più importanti hanno perso tra l’1,5% e il 2%, bruciando centinaia di miliardi di dollari di capitalizzazione. Perché? Secondo gli operatori finanziari la causa scatenante del panic selling sui mercati è dovuto al “venerdì nero” delle valute dei mercati emergenti, sulle quali si sono scatenate pesanti vendite. Stephen Jen della Slj Macro Partners ritiene che è in corso la terza fase della crisi finanziaria globale, iniziata nel 2007-2008 con la bolla dei mutui subprime e proseguita nel 2010-2012 con la crisi dei debiti sovrani europei. Ora tocca dunque ai paesi emergenti più deboli.

A complicare ulteriormente il quadro è il timore di un forte rallentamento dell’economia della Cina, soprattutto dopo il recente dato relativo all’indice PMI manifatturiero elaborato da HSBC sotto le attese e a causa dell’instabilità dei tassi del mercato monetario di Pechino, che fanno temere una pericolosa crisi di liquidità. Da non sottovalutare poi l’impatto che stanno avendo le aspettative di riduzione degli stimoli monetari da parte della FED, già diminuiti di 10 miliardi a 75 miliardi di dollari. Ora la parola passa a Janet Yellen, prima donna alla guida della FED, che mercoledì 29 gennaio comunicherà le nuove decisioni di politica monetaria dell’istituto di Washington.

Il risultato finora è stato un pesante calo generalizzato delle monete dei paesi emergenti, tra le quali sta riemergendo pericolosamente la grave crisi economico-finanziaria dell’Argentina, che sembra orientata verso un nuovo clamoroso fallimento dopo il default da quasi 100 miliardi di dollari di dodici anni fa. Le banche centrali dei paesi emergenti stanno cercando di intervenire per ristabilire l’equilibrio sul mercato dei cambi, ma le riserve in valuta estera stanno via via diminuendo e l’impatto sul forex non può che essere limitato.

Il problema di questi paesi è la fuoriuscita di capitali stranieri a seguito dell’annuncio del tapering da parte della FED, ma ora iniziano a diventare preoccupanti anche l’instabilità politica e gli episodi di violenza, come accaduto di recente in Turchia, Brasile, Ucraina e Thailandia. Per questi paesi è il vero problema è sembra, però, la fragilità macroeconomica, legata al fatto che i governi non sono riusciti ad attuare le riforme strutturali necessarie per prosperare anche senza gli enormi afflussi di capitali esteri.

Circa un mese fa la banca d’affari britannica HSBC ha elaborato l’indice di vulnerabilità dei paesi emergenti, basandosi semplicemente su variabili macroeconomiche. Il paese più a rischio risulta il Venezuela. Seguono Ucraina, Turchia, Pakistan, Argentina, Russia, Egitto e Ungheria. Sul forex le valute di questi paesi sono ai minimi e ormai super svalutate. La situazione rischia però di degenerare e di finire fuori controllo. La moneta più colpita è il peso argentino, che ha perso il 14% circa in un paio di giorni.

Venerdì la lira turca ha aggiornato i minimi storici sul dollaro, perdendo il 2% circa in una sola seduta. Il cambio USD/TRY è volato quasi a 2,3450 e da inizio anno guadagna già il 9%. Secondo gli esperti di Goldman Sachs questo cambio dovrebbe arrivare a 2,40 entro 6 mesi e a 2,50 entro 12 mesi. Pesanti vendite anche per il rand sudafricano, ai minimi da novembre 2008 sul biglietto verde. Il cambio USD/ZAR ha sfiorato 11,20 e da inizio anno registra una performance del 6,5%.

Ai minimi troviamo anche il rublo russo. Il cambio USD/RUB è ai massimi da 5 anni e ha raggiunto quota 34,60, per un profitto superiore al 5% da inizio anno. Hanno perso terreno anche valute esotiche generalmente più stabili, come il peso messicano, il dollaro di Singapore e il dollaro di Hong Kong. In questo scenario si stanno apprezzando molto le cosiddette valute rifugio (o safe heaven): franco svizzero, yen e dollaro americano. Tra i beni rifugio in forte ascesa troviamo anche oro, Bund e Treasury Bond statunitense.

Accesso completo a tutti gli articoli di Money.it

A partire da
€ 9.90 al mese

Abbonati ora

Iscriviti a Money.it