Ecco perché uscire dall’Euro conviene all’Italia

Flavia Provenzani

01/03/2018

02/03/2018 - 08:57

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Uscire dall’unione monetaria potrebbe essere conveniente per l’Italia secondo il candidato di Lega Nord ed economista Alberto Bagnai.

Ecco perché uscire dall’Euro conviene all’Italia

Perché uscire dall’Euro converrebbe all’Italia? Ce lo racconta Alberto Bagnai, economista, docente universitario e candidato della Lega Nord di Salvini alle Elezioni 2018.

L’Europa ha dato delle opportunità, è stata un sogno in cui potevamo credere, ma ormai il progetto non va secondo l’economista, intervenuto alla trasmissione L’aria che tira di La7 il 22 febbraio scorso.

La figura 1 mostra l’andamento della produttività in Italia (linea verde), Francia (in azzurro) e Germania (in arancione) a partire dagli anni ‘70.

Come è ben evidente, nel 1997, anno di inizio della partecipazione italiana al progetto della moneta unica, la produttività dell’Italia si arresta. Tra i motivi troviamo la rigidità del cambio, che impone flessibilità nel lavoro. Infatti, proprio nel ‘97 inizia la stagione delle riforme e si segna l’inizio del precariato, che serve proprio a questo: quando c’è un problema nei mercati internazionali, abbattere i salari serve per rimanere un mercato competitivo, ma in questo modo viene meno il rispetto dei diritti dei lavoratori. Questi, ignari di quanto ancora rimarranno all’interno di un’azienda o in quale azienda lavoreranno l’indomani, hanno naturalmente meno incentivo ad impegnarsi, elemento che contribuisce a deprimere la produttività. Questo è ciò che non va all’interno dell’Europa della moneta unica.

La figura 2, presentata ancora da Bagnai, mostra chiaramente le conseguenze di una produttività ferma.

Quando la produttività di ferma si guadagna di meno. Tuttavia, lo stesso grafico ci fa vedere che esiste un’Europa che è stata capace di funzionare ed è quella che ha portato il reddito italiano dall’87% del reddito medio europeo al 105% della media europea. È stato il miracolo economico degli anni ‘70 e ‘80. Successivamente iniziamo a scendere, proprio nel 1997, per il problema della produttività. Va dato atto all’ultimo governo di aver arrestato questa discesa, ma c’è un problema: ha anche riportato l’Italia, rispetto all’Europa, esattamente dove era prima del miracolo economico.

Perché gli italiani non si sono accorti che si stavano impoverendo?

La figura 3 mostra come l’Italia si sia progressivamente indebitata.

Le colonne di colore azzurro mostrano l’ammontare del debito privato, ovvero i debiti di famiglie e aziende nei confronti delle banche; in arancione il debito pubblico, ovvero il debito dello Stato nei confronti dei cittadini. Lo stesso grafico riporta tre annate: 1999 (l’entrata nell’Euro), 2007 (prima della crisi), 2016 (oggi, ultimi dati disponibili), e riusciamo facilmente a vedere come il debito privato sia aumentato nel corso del tempo. L’integrazione europea serve anche a facilitare l’ingresso dei cittadini nel mercato del credito, cioè di indebitarsi.

Dall’ingresso nell’Euro a prima della crisi, il debito pubblico italiano scende dal 110% al 100% del PIL ma aumentava il debito privato, che è salito dal 70% al 110% del PIL, sorpassando a sorpresa il debito pubblico.
È questa la vera causa della crisi. Lo Stato italiano è ancora in piedi, non ha ancora grossi problemi di sostenibilità, ma le banche sono andate per aria perché sono aumentati eccessivamente i crediti erogati, spesso a persone che non potevano sostenerli.

Cosa è successo quando è arrivata la stagione dei salvataggi, dei tagli, dell’austerità, dell’aumento delle tasse? Il debito pubblico non è sceso ma è salito, dal 100% ad oltre il 130% del PIL. Il problema del debito, uno Stato come una famiglia lo risolve attraverso la crescita del reddito. Tagliando i redditi e alzando le imposte, purtroppo, si riesce a rovinare un Paese.

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