Terza Guerra Mondiale: Donald Trump è impegnato su più fronti in Asia, ma tra l’Afghanistan e la Corea del Nord l’impressione è che la partita decisiva si giochi in Siria.
Terza Guerra Mondiale: Donald Trump aumenta il proprio impegno in Asia, mandando nuove truppe in Afghanistan e cercando di porre rimedio alla minaccia rappresentata da Kim Jong-un, ma l’impressione è che la partita decisiva per gli equilibri internazionale si giocherà in Siria.
Alla fine al centro di tutto ci sono sempre loro, Stati Uniti e Russia, gli eterni duellanti che con i loro alti e bassi fanno spesso tremare il mondo che rabbrividisce al solo pensiero di una Terza Guerra Mondiale.
Se nel secolo scorso era l’Europa lo scenario principale dei conflitti geopolitici, adesso invece è l’Asia ad essere il centro delle tensioni. Dall’Afghanistan fino alla Palestina, passando per la Siria e la Corea del Nord, il continente sembrerebbe essere un’autentica pentola a pressione pronta a esplodere in ogni momento.
Donald Trump in questi primi mesi di presidenza ha dimostrato di non avere il timore nel compiere azioni militari anche dure, ma tra i talebani in Afghanistan e le provocazioni di Kim Jong-un sembrerebbe essere sempre la Siria il nocciolo di tutte le tensioni.
Terza Guerra Mondiale: le mosse di Trump
Sono giorni molto frenetici questi per Donald Trump. Oltre alle ben note vicende internazionali, il tycoon è alle prese anche con il caso del licenziamento del capo dell’Fbi James Comey.
L’uomo che è stato accusato da Hillary Clinton di averle fatto perdere le elezioni e che stava indagando sul Russiagate che coinvolge anche lo stesso Trump, è stato silurato dalla casa Bianca nonostante fosse un fervente sostenitore repubblicano.
La decisione ha provocato un vespaio di polemiche, con i democratici che sono tornati alla carica accusando il Presidente di cercare di ostacolare l’inchiesta sui rapporti tra il suo staff elettorale e Mosca.
Non mancano quindi i problemi interni, ma nei pensieri di Trump ci sono sempre le tensioni a livello internazionale. Notizia fresca dell’ultim’ora sarebbe quella dell’invio di almeno altri 3.000 soldati in Afghanistan.
Al momento ci sono 8.400 militari Usa nel paese controllato per il 40% dai talebani, un nulla in confronto ai 100.000 dispiegati fino al 2010 prima ovvero dell’inizio del ritiro voluto dall’allora presidente Obama.
Gli Stati Uniti non intendono quindi mollare la presa in Afghanistan, dove l’impegno militare a stelle e strisce dura dal 2001, ovvero dai tragici attentati terroristici che dettero inizio al terrore di matrice islamica.
Altro fronte caldo è sempre la Corea del Nord. Con la Cina che ormai avrebbe scaricato il regime di Kim Jong-un, è la Russia ora ad aver iniziato un timido dialogo con Pyongyang, con la situazione che rimane sempre tesa.
La vittoria alle elezioni in Corea del Sud di Moon Jae-in potrebbe portare molte novità a riguardo. Il nuovo Presidente è da sempre un fervente sostenitore del dialogo e della pace con i cugini nordcoreani, tanto da dichiarare dopo il successo elettorale di essere pronto ad andare a Pyongyang.
Sullo sfondo però c’è sempre la questione dello scudo missilistico Thaad, che gli americani vorrebbero rafforzare in suolo sudcoreano. Oltre che a Kim Jong-un, la cosa non piace neanche alla Cina, visto che il raggio d’azione dei radar andrebbe a raggiungere importanti avamposti militari di Pechino.
Con il successo di Moon Jae-in sembrerebbe quindi esserci molto più spazio per il dialogo, con lo spettro di una Terza Guerra Mondiale che al momento sembrerebbe essere più lontano dai cieli coreani.
Tutto rimane molto più incerto e problematico in Siria, dove oltre all’Isis ci sono i delicati equilibri tra il governo di Assad, il popolo curdo, gli interessi della Russia e quelli della Turchia.
Terza Guerra Mondiale: la partita in Siria
La situazione più critica al momento è quindi sempre quella siriana, dove si concentrano gli interessi maggiori sia delle grandi potenze Stati Uniti e Russia, sia della Turchia e dell’Iran, sempre non dimenticando la presenza del sedicente Stato Islamico.
La decisione che viene vociferata di un invio di armi da parte degli Stati Uniti alle milizie curde, che stanno per sferrare l’attacco decisivo alla capitale dell’Isis Raqqa, non piace a nessuno.
Assad infatti non vede di buon occhio una eccessiva avanzata dei curdi, così come la Turchia che identifica i combattenti in Siria con i ribelli turchi del PKK, nemici giurati di Ankara.
Al momento vige una sorta di armistizio per sconfiggere il nemico comune, ovvero l’Isis, ma quando si spera nel più breve tempo possibile gli estremisti islamici non controlleranno più in maniera effettiva nessun territorio, in quel momento inizierà una partita altrettanto decisiva.
La Siria adesso è un mosaico, se la comunità internazionale non riuscirà a trovare subito un compromesso per dare stabilità alla zona una volta che sarà cessata l’esistenza dello Stato Islamico, allora potrebbero esserci problemi ben maggiori visto i grandi interessi in ballo.
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