A chi è costretto ogni mese a fare i conti con mutui, rate e interessi è di certo ben chiaro di cosa stiamo parlando. Il tasso di usura è la misura degli interessi chiesti dalla banca al cittadino che accende un mutuo o altro strumento finanziario, condizionata da un limite oggettivo che indica l’usura. La banca che applichi un tasso di interesse sopra la soglia massima indicata, fa opera di "strozzinaggio" nei confronti del cliente e deve essere segnalata agli organi competenti.
Ogni tre mesi è la Banca D’Italia a pubblicare il tetto massimo, sopra il quale si può parlare di usura. Nel caso in cui il contribuente si accorga di pagare tassi di usura sul proprio prestito, la clausola del contratto in questione decade e gli interessi sono dovuti all’ente creditizio solo nella misura legale stabilita da via Nazionale.
Le banche prestano meno, ma guadagnano di più
Il tasso di usura può variare ogni tre mesi e la Banca d’Italia lo modifica a seconda di vari fattori. Uno di questi è o dovrebbe essere il tasso applicato dalla Bce, ovvero gli interessi che le banche pagano alla banca centrale europea per finanziarsi.
Negli ultimi 5 anni, da quando siamo sprofondati nella crisi, la Bce ha notevolmente tagliato i propri tassi di interessi per favorire il credito alle banche in difficoltà. Logica vorrebbe quindi che il tasso d’usura stabilito dalla Banca d’Italia andasse di pari passo con quello della Bce, invece non è stato così. Mentre avveniva un progressivo abbassamento del tasso europeo, passato dal 4% allo 0,5% attuale, il tasso di usura in Italia restava inalterato o aumentava.
Nel giugno del 2007 ad esempio il tasso della Bce era del 4% e il limite fissato dalla Banca d’Italia su base annua era dell’8,3%. Attualmente, e qui sta il paradosso italiano, mentre il primo è sceso allo 0,5% la soglia di usura in Italia è salita all’8,6%. Ancora peggio per i mutui a tasso fisso che hanno visto il tetto al tasso di usura alzarsi dal 7% al 10,3%.
Il criterio di calcolo del tasso di usura
In generale le banche applicano tassi di interesse mediamente più bassi rispetto a quelli indicati dalla Banca d’Italia, ma nessuno potrebbe impedire loro di alzarli fino al limite dello strozzinaggio, restando comunque nei limiti legali stabiliti da via Nazionale.
Possiamo dire che al momento le banche italiane non si stanno approfittando dell’assist offerto loro dalla Banca d’Italia, ma da cosa proviene questa totale indifferenza nei confronti dei tassi applicati dalla Bce?
Una possibile risposta sta nel decreto legislativo 70/2011 del 14 marzo del 2011 che modifica il criterio di calcolo del tasso di usura.
Prima del marzo 2011 il calcolo si faceva partendo dal tasso medio praticato aumentato del 50%. Adesso dopo la riforma, il punto di partenza è sempre lo stesso, ma viene aumentato del 25% a cui poi viene sommato un altro 4%. Ed è proprio questa quota fissa del 4% che, indipendente dall’andamento delle condizioni di mercato, garantisce alle banche un tesoretto di interessi intoccabile.
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