Stipendi bassi penalizzati dalla riforma fiscale: cosa c’è di vero

Simone Micocci

14/12/2021

02/12/2022 - 15:01

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I sindacati scendono in piazza contro la riforma fiscale, colpevole di svantaggiare i redditi bassi. Ma è davvero così? Facciamo chiarezza.

Stipendi bassi penalizzati dalla riforma fiscale: cosa c’è di vero

La riforma IRPEF è una delle motivazioni per cui i sindacati CGIL e UIL scenderanno in piazza il 16 dicembre, giornata in cui è stato proclamato uno sciopero generale di 8 ore.

Secondo i sindacati, infatti, nonostante la previsione di bonus in busta paga e alla rimodulazione delle aliquote IRPEF, non sono previsti vantaggi per gli stipendi più bassi. Le parti sociali, infatti, ritengono che la riforma fiscale che il Governo si appresta ad attuare con l’approvazione della Legge di Bilancio 2022 andrà a favorire i redditi di fascia medio-alta.

Quanto c’è di vero? Rispondere oggi a questa domanda non è semplice, visto che in rete ci sono diverse proiezioni di come la riforma fiscale andrà a impattare sugli stipendi. Proviamo a farlo, guardando a chi effettivamente trarrà più vantaggi - e chi meno - dalla riforma fiscale.

Riforma del Fisco: le misure previste

Partiamo dall’analizzare quali sono gli aspetti più importanti della riforma fiscale. Da una parte abbiamo un intervento strutturale sull’IRPEF, dall’altra una misura provvisoria che consiste nel taglio dell’aliquota contributiva che fa capo al lavoratore.

Per quanto riguarda l’IRPEF abbiamo una revisione degli scaglioni di reddito nonché delle aliquote relative. Il risultato finale sarà il seguente:

  • per i redditi nella fascia compresa tra 0 e 15 mila euro resta invariata un’aliquota del 15%;
  • per i redditi tra i 15 mila e i 28 mila euro l’aliquota scende dal 27% al 25%;
  • per i redditi tra i 28 mila e i 50 mila euro l’aliquota scende dal 38% al 35%;
  • oltre i 50 mila euro: l’aliquota è del 43%, la stessa che attualmente si applica oltre la soglia dei 75 mila euro.

Allo stesso tempo si procederà con una revisione delle attuali detrazioni. Si pensi, ad esempio, al bonus di 100,00€ riconosciuto dal luglio 2020 con il taglio del cuneo fiscale. Questo verrà rivisto totalmente e dovrebbe essere confermato solamente per coloro che sono entro la fascia dei 15 mila euro: sopra di questa ci sarà una sostituzione con una nuova detrazione fiscale con l’obiettivo di ridurre i salti nell’aliquota effettiva, ossia quella calcolata al netto delle detrazioni.

C’è poi il secondo intervento, ossia il taglio - ma solo per il 2022 - dell’onere contributivo per la parte che grava sul lavoratore. Nel dettaglio, si passerà da un’aliquota del 9,19% a una più bassa dell’8,39%, con vantaggi nelle buste paga. Attenzione: questa misura vale solamente per i redditi sotto i 35 mila euro, che guarda caso sono la fascia che godrà di meno vantaggi dalla riforma IRPEF.

La riforma del Fisco penalizza gli stipendi bassi?

Se con “penalizzare” intendete che gli stipendi percepiti dopo la riforma fiscale saranno più bassi rispetto a quelli attuali potete stare tranquilli poiché non sarà così (se non per la fascia di reddito a 28.000, per la quale si parla, dal 2023, di circa 80 centesimi in meno ogni mese).

Tuttavia - come confermano le stime attuali - è vero che il vantaggio fiscale sarà più tangibile sopra una certa fascia di reddito. Lo conferma un’istogramma realizzato da Il Fatto Quotidiano, nonché uno studio condotto per conto de lavoce.info dagli economisti Silvia Giannini (Università MoRe) e Simone Pellegrino (Università di Torino).

E la differenza tra redditi bassi e redditi medio-alti sarà ancora più considerevole dal 2023, quando appunto l’aliquota contributiva tornerà a essere del 9,19%. Nel dettaglio, ecco una tabella che riassume il risparmio annuo a seconda della fascia di reddito di appartenenza:

REDDITO DI RIFERIMENTO RISPARMIO TOTALE ANNUO 2022 RISPARMIO TOTALE ANNUO 2023
9.000 45,00 45,00
10.000 90,00 90,00
11.000 135,00 135,00
12.000 180,00 180,00
13.000 226,00 226,00
14.000 271,00 271,00
15.000 336,00 336,00
16.000 402,00 309,00
17.000 379,00 283,00
18.000 358,00 256,00
19.000 337,00 230,00
20.000 317,00 204,00
21.000 300,00 177,00
22.000 279,00 151,00
23.000 257,00 124,00
24.000 238,00 98,00
25.000 216,00 71,00
26.000 194,00 45,00
27.000 173,00 18,00
28.000 139,00 -8,00
29.000 147,00 6,00
30.000 165,00 19,00
31.000 188,00 33,00
32.000 206,00 42,00
33.000 224,00 60,00
34.000 242,00 74,00
35.000 261,00 88,00
36.000 259,00 259,00
37.000 431,00 431,00
38.000 602,00 602,00
39.000 733,00 733,00
40.000 945,00 945,00
41.000 924,00 924,00
42.000 904,00 904,00
43.000 883,00 883,00
44.000 862,00 862,00
45.000 842,00 842,00
46.000 821,00 821,00
47.000 801,00 801,00
48.000 780,00 780,00
49.000 759,00 759,00
50.000 739,00 739,00
51.000 739,00 739,00
52.000 711,00 711,00
53.000 698,00 698,00
54.000 684,00 684,00
55.000 670,00 670,00
56.000 650,00 650,00
57.000 630,00 630,00
58.000 610,00 610,00
59.000 590,00 590,00
60.000 570,00 570,00
61.000 550,00 550,00
62.000 530,00 530,00
63.000 510,00 510,00
64.000 490,00 490,00
65.000 470,00 470,00
66.000 450,00 450,00
67.000 430,00 430,00
68.000 410,00 410,00
69.000 390,00 390,00
70.000 370,00 370,00
71.000 350,00 350,00
72.000 330,00 330,00
73.000 310,00 310,00
74.000 290,00 290,00
75.000 270,00 270,00

Questa tabella ci conferma, dunque, che anche considerando i vantaggi del taglio contributivo, che ricordiamo varrà solo per il 2022, la riforma fiscale gioverà perlopiù a coloro che superano la fascia dei 35 mila euro lordi annui, con un picco - risparmio di 945,00€ annui - per chi è nella fascia dei 40 mila euro.

Il problema è che, come fanno notare i sindacati, solo il 15% dei contribuenti supera oggi la fascia dei 35 mila euro: anziché concentrarsi sul restante 85% con redditi più bassi, quindi, il Governo ha preferito realizzare una riforma che giova maggiormente a una minoranza degli italiani. Ragion per cui i sindacati sono pronti a scendere in piazza per chiedere un “intervento fiscale equo per i redditi bassi e medio bassi e per maggiore redistribuzione e progressività”.

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