È una notizia che sta facendo rapidamente il giro del mondo: un rapporto di 29 pagine rilasciato per vie confidenziali dal ministero del Tesoro e sintetizzato dal Financial Times proverebbe che alla fine degli anni ’90, grazie ad alcune operazioni finanziarie sui derivati, l’Italia riuscì a "gonfiare" i conti e raggiungere gli obiettivi necessari per aderire all’Euro nel 1999.
Di derivati ne abbiamo già sentito parlare per lo scandalo Monte dei Paschi di Siena e non è stato piacevole. Oggi replichiamo, ma in grande stile e con una notizia che potrebbe avere conseguenze potenzialmente devastanti non soltanto a livello finanziario (si tratta di un rischio di perdite economiche), ma anche sociale: quali sarebbero le conseguenze se venisse confermata la notizia che l’Euro è frutto di una menzogna?
Vediamo di capire cos’è successo.
Italia: conti gonfiati per entrare nell’Euro
È la metà degli anni ’90 e, secondo il rapporto del Tesoro, l’Italia avrebbe utilizzato contratti derivati con pagamento posticipato, per ridurre il rapporto deficit/Pil e raggiungere gli obiettivi necessari per l’adesione all’Euro.
Nel rapporto non vengono nominate le banche coinvolte nel giro finanziario, ma secondo le stime del Financial Times si tratterebbe di operazioni dal valore complessivo di 31.7 miliardi di Euro.
Grazie a questo escamotage finanziario, per altro considerato economicamente svantaggioso per il nostro paese, il deficit italiano è passato dal 7.7% del Pil nel 1995 al al 2.7% nel 1998: laddove il target europeo del rapporto deficit/Pil è esattamente il 3%.
Nel 1998, l’allora Cancelliere tedesco Helmut Kohl fu avvisato della possibilità che l’Italia stesse gonfiando i propri conti e che non avrebbe raggiunto i criteri dei Trattati di Maastricht. Ciononostante, nel 1999 l’Italia entrò nell’Euro con la prima ondata degli 11 paesi.
Tra il 1995 ed il 1998 l’Italia si giocò la partita dell’Euro. In quello stesso periodo lo spread tra i titoli italiani e quelli tedeschi andò assottigliandosi: il rendimento dei titoli decennali emessi dallo stato Italiano passò dal 14% al 4%.
Ma parliamo anche del debito, nello stesso periodo infatti il debito italiano superava il limite del 60%, fissato come soglia massima per l’adesione all’Euro. Ciò nonostante e nonostante la riduzione del deficit fosse accompagnata da una modesta riduzione delle spese pubbliche ed un esiguo aumento degli introiti fiscali, la Commissione Europea ritenne che il debito italiano fosse ormai in una fase di trend ribassista. Nonostante il limite fosse violato, dunque, il debito italiano non avrebbe rappresentato una minaccia per l’Euro e per il paese stesso.
Tuttavia, la storia, i fatti ed i grafici raccontano una verità alquanto diversa. Dal 1999 il rapporto debito/Pil dell’Italia non è mai sceso sotto la soglia del 100% e attualmente è stimato al 127%.
Chi sono i personaggi chiave dietro a questa storia?
Secondo il Financial Times, i protagonisti chiave di questa storia sono sostanzialmente tre:
- Mario Draghi: oggi presidente della Banca centrale Europea e allora direttore generale del Tesoro. Dal 2006 al 2011, Draghi è stato presidente della Banca d’Italia.
- Vincenzo la Via: all’epoca a capo del dipartimento debito pubblico del Tesoro che abbandonò la carica nel 2000 per poi tornare come direttore generale nel maggio del 2012.
- Maria Cannata: custode del debito pubblico, coinvolta nelle questioni di gestione di debito e deficit e ascoltata dalla guardia di Finanza nell’aprile del 2013.
Tra la fine del 2012 e l’inizio del 2013, infatti, il Ministero del Tesoro Italiano ha rilasciato dettagli relativi all’esposizione al debito di alcune transazioni su operazioni del 2012. Il rapporto, passato per le mani della Corte dei Conti è oggetto di indagini della Guardia di Finanza anche e soprattutto perché dal report del Tesoro non emergono né i nomi delle banche estere coinvolte nelle operazioni, né cifre concrete relative alle possibili perdite che l’Italia potrebbe subire.
Secondo l’analisi del Financial Times, basata sui prezzi di mercato relativi allo scorso 20 giugno, la perdita per le casse italiane potrebbe ammontare ad un totale di circa otto miliardi di Euro.
Secondo la Corte dei Conti:
Il danno causato agli introiti dello stato, relativo agli esiti negativi dei contratti derivati è particolarmente critico e delicato. Salvatore Nottola, Procuratore generale della Corte dei Conti.
L’Euro è una realtà politica con la quale bisognerà fare i conti
Oltre alla prospettiva del danno finanziario, la delicatezza e la criticità di questa vicenda risiede anche in parte nelle conseguenze e nei risvolti sociali e politici per il nostro Paese.
Potremmo scoprire che l’Euro in Italia è frutto di una montatura finanziaria che ha causato e continua a causare gravi problemi all’economia. Oggi come non mai, l’Euro è una realtà politica con la quale bisognerà fare i conti e una verità del genere potrebbe rivelarsi scomoda per molti.
Si può ancora chiedere agli italiani di supportare la moneta unica?
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