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Bomba derivati: l’Italia rischia di perdere 8 miliardi. Ma perché?

mercoledì 26 giugno 2013, di Federica Agostini

L’Italia rischia di perdere miliardi di Euro in contratti derivati, titoli ristrutturati durante l’apice della crisi dell’Eurozona e originati alla fine degli anni ’90, proprio in coincidenza con le operazioni di adesione all’Euro.

Rapporto shock sui derivati: l’Italia gonfiò i conti per entrare nell’Euro?

A confermarlo è un rapporto confidenziale rilasciato dal ministero del Tesoro riportato dal Financial Times. Un report di 29 pagine rilasciato dal Ministero che getta finalmente luce sulle tattiche finanziarie che nel 1999 abilitarono l’Italia, già fortemente indebitata, ad entrare nell’Euro. Oltre alle transazioni e all’esposizione al debito nella prima metà del 2012, nel documento si parla di contratti sui derivati con banche estere risalenti alla fine degli anni ’90; un giro finanziario per un valore complessivo di 31.7 miliardi di Euro.

Scrive il Financial Times: "sebbene il report trascuri alcuni dettagli importanti, forse per non fornire un quadro completo delle potenziali perdite dell’Italia, i nostri esperti che l’hanno esaminato ritengono che la ristrutturazione abbia permesso al Tesoro, a corto di liquidità, di estendere i pagamenti alle banche estere per un periodo più ampio. Anche a condizioni più svantaggiose per l’Italia".

Nessun nome e nessuna data compaiono sul rapporto del Tesoro, ma gli esperti desumono si tratti di operazioni bancarie relative alla fine degli anni ’90.

A quel tempo, poco prima e subito dopo l’adesione dell’Italia all’Euro, Roma gonfiava i propri conti ricevendo pagamenti anticipati dalle banche nel tentativo di soddisfare gli obiettivi di deficit fissati dall’Unione Europea per fare parte della prima ondata degli undici paesi che nel 1999 aderirono all’Euro.Financial Times, 26 giugno 2013

Escamotage finanziari: quanto rischia di perdere l’Italia?

Nel 1995, il deficit italiano arrivava al 7.7%. Nel 1998, anno cruciale per l’approvazione dell’adesione all’Euro, il deficit era stato ridotto al 2.7%: il calo più ampio ed evidente di tutti gli altri 11 paesi dell’Euro. Nello stesso periodo, gli introiti derivati dal sistema fiscale aumentarono di pochissimo, mentre le spese di governo diminuirono solo marginalmente in relazione percentuale al Pil.

All’inizio di quest’anno, il rapporto shock sui derivati è stato presentato alla Corte dei Conti e secondo un funzionario di stato che ha preferito l’anonimato, le cifre contenute nel rapporto del Tesoro hanno messo in allerta la Corte che ha chiesto l’intervento della Guardia di Finanza.

Il rapporto del Tesoro accenderà sicuramente il dibattito nel nostro paese, soprattutto in relazione all’eccessiva esposizione ai rischi sui derivati. Inoltre, come ciliegina sulla torta, la notizia arriva in un momento in cui i mercati hanno nuovamente iniziato a tremare sui rischi associati al mercato obbligazionario dei paesi periferici dell’Euro, come è appunto l’Italia.

Un’ombra cala anche sulla figura di Mario Draghi, oggi presidente della Banca Centrale Europea e all’epoca direttore generale del Tesoro. Secondo alcuni funzionari, Draghi sarebbe stato a conoscenza dei fatti in questione, ma un portavoce della BCE ha rifiutato di commentare quando gli è stato chiesto il ruolo di Draghi nell’affare dei contratti sui derivati degli anni ’90, poco prima che Draghi entrasse in Goldman Sachs nel 2002.

Nel rapporto non è specificato quanto potrebbe perdere l’Italia sui contratti ristrutturati, ma secondo gli esperti si tratterebbe di circa 8 miliardi di Euro, un valore sorprendentemente alto per dei titoli dal valore nominale di 31.7 miliardi.

L’Italia e i derivati: la storia continua

Ma non è la prima volta che sui derivati e l’Italia si scoprono "gli altarini".

Nel 2001, Gustavo Piga, professore di Economia, causò una vera e propria tempesta mediatica quando, giunto in possesso di alcuni incartamenti sui derivati relativi al 1996, accusò i paesi dell’Unione Europea di mistificare i propri conti.

L’anno scorso, il giornale tedesco Der Spiegel entrò in possesso di alcuni documenti ufficiali che dimostravano come, nel 1998, l’allora Cancelliere Helmut Kohl decise per ragioni politiche di ignorare gli allarmi lanciati sull’Italia: gli esperti ritenevano infatti che il nostro paese avesse camuffato i propri conti e che non sarebbe riuscita a raggiungere i criteri dei trattati di Maastricht, compreso il deficit inferiore al 3%.

Le alte cariche dello stato italiano declinano accuse e commenti. Giulio Tremonti, ritiene che l’Unione Europea fosse ben consapevole delle pratiche dell’Italia relative ai derivati, quando si lavorava alla costruzione dell’Euro.

Ma uno dei problemi principali, sottolineato dagli esperti del Financial Times, sarebbe proprio lo scopo di queste operazioni sui derivati: raggiungere gli obiettivi necessari per ottenere l’adesione all’Euro.

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