Scappatoia green per evitare la Troika? Draghi si gioca tutto. Ma anche Berlino

Mauro Bottarelli

10 Settembre 2021 - 13:59

Sul tavolo dell’Ecofin approda la proposta di esentare i bond ESG dai futuri limiti di deficit e debito. La vera battaglia. Ma la Zeitbombe giudiziaria che ha rianimato la Cdu arma la mano ai falchi

Scappatoia green per evitare la Troika? Draghi si gioca tutto. Ma anche Berlino

Archiviata in fretta e senza troppi clamori la pantomima Bce, oggi l’Europa comincia a fare sul serio. Perché sul tavolo dell’Ecofin approda la discussione sulle modifiche alle regole di bilancio comunitarie per affrontare l’enorme aumento del debito pubblico legato alla pandemia. Nemmeno a dirlo, la contrapposizione fra Paesi cosiddetti frugali e Club Med più la Francia è emersa prima ancora che i fogli arrivassero sul tavolo.

Otto Paesi capitanti dall’Austria (Danimarca, Lettonia, Repubblica Ceca, Paesi Bassi, Svezia, Finlandia e Slovacchia) hanno infatti inviato una lettera alla presidenza dell’Ecofin in cui sottolineano la loro pregiudiziale contrarietà a un allentamento delle regole, poiché questo comporterebbe un’inaccettabile modifica dei Trattati.

Posizionamento dei membri Ue sulla riforma del Patto di stabilità Posizionamento dei membri Ue sulla riforma del Patto di stabilità Fonte: Bloomberg

Dal canto loro, i falchi aprono a una revisione delle modalità di applicazione dei vincoli ma solo per quanto riguarda semplificazione e adattamenti. Di fatto, il Patto di stabilità non si tocca.

E che la battaglia che si prospetta all’orizzonte possa essere di quelle make or break forse per la tenuta stessa dell’Ue, lo dimostra l’irrituale approccio di mediazione di un falco come il vice-presidente della Commissione, Vladis Dombrovskis, a detta del quale serve una realistica riduzione del debito da parte dei vari Paesi ma bilanciata dalla necessità di sostenere la ripresa economica. Insomma, lo scontro che ci si attendeva in sede di board Bce pare aver cambiato destinazione, optando per il più pesante palcoscenico sloveno. Al centro della disputa, esplosa prima ancora del fischio di inizio, la proposta circolata in ambienti Ecofin e intercettata dalla Reuters: esenzione degli investimenti green dal calcolo dei limiti del deficit e del debito e lo stop temporaneo delle regole esistenti che impongono di tagliare il debito ogni anno.

E un’analisi commissionata dai ministri al think-tank Bruegel ha mostrato come gli investimenti pubblici aggiuntivi per raggiungere gli obiettivi climatici Ue dovranno essere pari allo 0,5%-1,0% del Pil all’anno durante il decennio in corso, fattispecie che potrebbe richiedere flessibilità nelle regole. Ci sono sostanziali esigenze di investimento che saranno molto difficili da raggiungere con l’attuale impostazione fiscale - si legge nel documento di Bruegel -, poiché i passati episodi di consolidamento hanno portato a grandi tagli agli investimenti pubblici, mentre ora c’è bisogno di un importante aumento degli investimenti. Una «golden rule green» (escludendo cioé gli investimenti green netti dagli indicatori fiscali usati per misurare il rispetto delle regole fiscali) è l’opzione più promettente per affrontare questa tensione, conclude la nota.

E questi due grafici

Raffronto dei controvalori di emissioni ESG europee (2020vs2021) Raffronto dei controvalori di emissioni ESG europee (2020vs2021) Fonte: Bloomberg
Controvalore delle emissioni obbligazionarie ESG globali Controvalore delle emissioni obbligazionarie ESG globali Fonte: Bloomberg

mostrano plasticamente il perché il fronte che punta a una revisione del Patto di stabilità stia scommettendo forte su questa opzione e sull’appeal che un tema come la lotta ai cambiamenti climatici potrebbe avere nel posizionamento delle varie opinioni pubbliche rispetto a quella che i Paesi del Nord ritengono, di fatto, una scappatoia ambientalmente travestita per continuare a indebitarsi. Non a caso, i partiti verdi più forti sono radicati nel medesimo Nord Europa che si è già raccolto sotto le insegne del rigore austriaco.

E la Germania? Lo snodo. Il vero e proprio snodo. Perché in queste stesse ore, in molti analisti è sorto il dubbio che la sostanziale ritirata della Bundesbank dal fronte di scontro e l’accettazione di un compromesso al ribasso come quello uscito dal board Bce sia da imputare alla scelta tedesca di giocare tutte le proprie carte proprio sul fronte delle riforme delle regole di bilancio Ue. Insomma, qualche miliardo in più o in meno di acquisti Pepp da qui al 31 marzo è poca cosa di fronte al consolidamento dell’impianto che regola il funzionamento di un’entità permanente come l’Unione. Soprattutto, alla luce dell’addio di Angela Merkel.

Ed ecco che questo grafico

Sondaggio elettorale per il voto tedesco (9 settembre 2021) Sondaggio elettorale per il voto tedesco (9 settembre 2021) Fonte: PolitBarometer/Zdf

mostra quale sia il sentiment tedesco rispetto a certi temi economici, inflazione in testa. E’ bastato che la Bundesbank alzasse i toni in vista del Consiglio Bce, trovando spalla negli esponenti Cdu e meno in quelli Spd, per permettere al partito della Cancelliera uscente di guadagnare quattro punti in un settimana e tornare a ridosso dei socialdemocratici, rimasti fermi al 25%. Questo solo in punta di minaccia, quantomeno visto l’esito del board dell’Eurotower.

E gli osservatori più propensi a immersioni nel torbido fanno notare come questo trend di recupero potrebbe tramutarsi in nuovo sorpasso da qui al 26 settembre, stante la Zeitbombe (bomba ad orologeria) giudiziaria appena esplosa in Germania e che ha coinvolto l’ente di intelligence ispettiva del ministero delle Finanze, i cui uffici sono stati perquisiti su ordine della magistratura con il sospetto di omessa vigilanza rispetto a pratiche di riciclaggio e ripulitura di denaro da parte di alcune banche. Proprio il dicastero guidato da Olaf Scholz, candidato alla Cancelleria della Spd e primo nei sondaggi di gradimento fra i potenziali successori della Merkel.

Ovviamente, solo una coincidenza. Ma anche un motivo di preoccupazione in più per Mario Draghi, il quale ha chiaramente reso noto come la revisione del Patto di stabilità post-pandemia sia la sua vera mission politica, la quale però attendeva appunto l’esito delle urne tedesche per entrare nel vivo. Perché cambiare o meno quei vincoli di bilancio, al netto del Recovery Plan, può fare la differenza tra una navigazione relativamente tranquilla e un ingresso nemmeno troppo in là nel tempo nel radar delle istituzioni europee, stante un 160% abbondante di ratio debito/Pil e oltre l’11% di deficit/Pil.

Il vero conflitto inizia ora, di fatto con la dichiarazione di guerra degli otto Paesi frugali e con l’ombra lunga della Germania in controluce. Ma la prima battaglia, il colpo di pistola, partirà solo il 27 settembre. A urne tedesche chiuse. A quel punto, il Pepp e la sua prosecuzione potrebbero trasformarsi in argomento di contorno.

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