Il Presidente dell’INPS Tito Boeri presenta ufficialmente la sua proposta di riforma delle pensioni indicando nel reddito minimo garantito per gli over 55 e nel prelievo sulle pensioni alte due delle principali leve per riformare la previdenza italiana.
Presentato ieri, nella sala della Regina di Montecitorio, alla presenza del Ministro del Lavoro Giuliano Poletti e del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il rapporto annuale dell’INPS.
E’ stata l’occasione in cui il presidente dell’INPS, Tito Boeri, ha potuto illustrare compiutamente le sue proposte per la riforma delle pensioni che sono in gestazione da molti mesi e che, nelle loro linee portanti, hanno già ricevuto il plauso e l’approvazione del Governo.
Sono stati molti i punti illustrati da Tito Boeri per articolare la sua proposta di riforma della previdenza italiana: dalla flessibilità sostenibile, agli incentivi previsti dal Jobs Act e alla loro sostenibilità, fino al reddito minimo garantito e agli strumenti necessari per sostenerlo e finanziarlo.
E’ proprio quest’ultima misura che cerchiamo di comprendere qui: il reddito minimo garantito per gli over 55 si configura, infatti, come lo strumento principale per mettere in atto quella rete di protezione sociale, divenuta negli ultimi anni sempre più necessaria anche alla luce del fenomeno degli esodati.
Reddito minimo per over 55: come funzionerà
Il reddito minimo per le persone con più di 55 anni di età si configura come
"il primo passo verso l’introduzione di quella rete di base, di quel reddito minimo garantito che oggi manca nel nostro paese"
Si tratta di un intervento improcrastinabile dal momento che in questi ultimi anni la disoccupazione ha colpito anche lavoratori prossimi alla pensione e che il fenomeno degli esodati ha lasciato molti contribuenti vicini al momento del pensionamento, senza uno stipendio e senza una pensione. Tra gli over 55 solo un disoccupato su 10 riesce a trovare di nuovo lavoro e il risultato di tale fenomeno è stato un innalzamento del livello di povertà esponenziale, triplicato nel giro degli ultimi 6 anni.
Proprio per questo occorre dare il via a uno strumento previdenziale che consenta di separare previdenza e assistenza, anche a livello contabile: il nostro sistema previdenziale ha:
"un vizio d’origine (...): non prevedere prestazioni minime per chi non ha altri redditi e ha accumulato un montante contributivo troppo basso per garantirsi una pensione al di sopra della soglia di povertà"
Mentre, appunto, la previdenza deve intendersi come una prestazione assicurativa che attua un trasferimento tra generazioni diverse (i contributi versati servono per finanziare le pensioni) e che garantisce diritti proporzionali ai contributi versati, occorre garantire una forma di assistenza finanziata dalla fiscalità generale - il reddito minimo garantito, appunto - che consenta di sanare una delle peggiori falle del sistema contributivo, ovvero la totale mancanza di prestazioni assistenziali minimi per chi non gode di altri redditi e per chi ha accumulato un montante contributivo così ridotto da non garantirgli un pensione di importo più elevato rispetto alla soglia di povertà.
Reddito minimo, prelievo forzoso e contributo di solidarietà
Come finanziare lo strumento del reddito minimo? La risposta di Boeri è chiara e semplice: attingendo ai trattamenti pensionistici più elevati
"Crediamo sia giusto chiedere a chi ha redditi pensionistici elevati, in virtù di trattamenti molto più vantaggiosi di quelli di cui godranno i pensionati del domani, un contributo (...) per aiutare quelle generazioni di lavoratori che hanno avuto la sfortuna di imbattersi nella crisi sul finire della propria carriera lavorativa"
Tutte da definire ancora le modalità con le quali, all’atto pratico, i redditi più elevati contribuiranno a finanziare sia il reddito minimo garantito che la flessibilità in uscita, anche se, Boeri ha paventato le seguenti possibilità:
- mettere mano ai vitalizi dei parlamentari;
- rivedere a fondo i tassi di rendimento garantiti ai contributi versati da talune categorie di contribuenti che possono essere considerati un vero e proprio trattamento di favore, rispetto a quello applicato ai contributi versati dalla maggior parte dei cittadini e che hanno pesato sensibilmente sul bilancio dell’INPS;
- ricorrere a un prelievo forzoso o contributo di solidarietà, che dir si voglia, sui trattamenti pensionistici più elevati.
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