Reddito di Cittadinanza: perché le nuove regole sono un fallimento annunciato

Simone Micocci

4 Novembre 2021 - 11:36

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Reddito di cittadinanza: le nuove regole in Legge di Bilancio potrebbero non funzionare come si spera. Il rischio fallimento è concreto, ecco perché.

Reddito di Cittadinanza: perché le nuove regole sono un fallimento annunciato

La Legge di Bilancio 2022 introduce nuove regole per il reddito di cittadinanza, con degli obiettivi ben chiari: limitare il più possibile l’accesso alla misura ai furbetti ed evitare che il sostegno mensile possa essere un disincentivo al lavoro per i beneficiari “occupabili”.

Le novità introdotte sono diverse e ne abbiamo parlato nella nostra guida dedicata ai cambiamenti che nel 2022 attendono il reddito di cittadinanza.

In questo spazio vogliamo dare un giudizio sulla possibile efficacia delle misure introdotte: guardando a quanto non ha funzionato in questi mesi e ai correttivi previsti dalla manovra, infatti, possiamo prevedere che anche questa volta non si riuscirà a raggiungere gli obiettivi sperati. Vediamo perché.

Reddito di cittadinanza: quali offerte congrue?

Da mesi si parla del fatto che il reddito di cittadinanza non ha raggiunto i risultati sperati in termini di rioccupazione dei beneficiari. C’è chi ha dato la colpa alla pandemia, chi ai navigator, chi allo scarso interesse delle regioni nel far funzionare il progetto pensato dal Governo centrale, allora sostenuto dalla maggioranza Movimento 5 Stelle-Lega.

Resta il fatto che i risultati raggiunti sono stati inferiori alle aspettative, considerando però che nel mentre c’è stata la pandemia con molte aziende che di certo non si sono trovate nella posizione di poter assumere (anzi, il Governo ha dovuto pensare a delle soluzioni per bloccare i licenziamenti).

C’è chi invece ha dato la colpa ai percettori del reddito di cittadinanza, convinti che percepire il sostegno economico (che in media è di 546,00€) possa rappresentare un disincentivo alla ricerca di un nuovo impiego. Ed è per questo motivo, ad esempio, che in Legge di Bilancio 2022 cambiano le regole per l’offerta congrua.

Ricordiamo che oggi la regola stabilisce che:

  • nei primi 18 mesi di fruizione il percettore può rifiutare un massimo di due offerte di lavoro “congrue”. Al terzo rifiuto il reddito di cittadinanza decade - per tutta la famiglia - e non si può presentare una nuova domanda per i successivi 18 mesi, o 6 mesi nel caso in cui nel nucleo familiare ci sia un minore o una persona disabile;
  • nei successivi 18 mesi, quindi dopo il rinnovo, il reddito di cittadinanza decade già al rifiuto della prima offerta di lavoro congrua.

Nella Legge di Bilancio 2022 cambiano le regole per i primi 18 mesi di fruizione: viene stabilito che al massimo si potrà rifiutare un’offerta congrua. Al secondo rifiuto scatta la decadenza della prestazione.

Funzionerà questa nuova regola? Ci sono due motivi per cui personalmente sono poco fiducioso. Il primo: l’impatto che questa avrà sugli attuali beneficiari.

La maggior parte di questi, infatti, si trova già nel secondo periodo di fruizione beneficiando del reddito di cittadinanza da più di 18 mensilità. Per questi, dunque, già vale la regola per cui il reddito di cittadinanza si perde al primo rifiuto di un’offerta di lavoro congrua. E non solo: per questi è previsto che l’offerta di lavoro possa arrivare da ogni parte d’Italia (la distanza si riduce a 250 chilometri per i nuclei con minori o disabili).

Per questi, quindi, non cambierà nulla con l’entrata in vigore della Legge di Bilancio 2022.

Semmai il problema è un altro: l’offerta congrua. Oggi nella maggior parte delle regioni, che ricordiamo hanno il compito di gestione delle politiche attive sul territorio, non c’è una procedura chiara per il tracciamento delle offerte di lavoro presentate ai percettori del reddito di cittadinanza. Per intenderci: le offerte vengono sì presentate, quando e laddove ci sono, ma spesso non si prende nota di un eventuale rifiuto del beneficiario.

Ben vengano quindi le nuove regole in Legge di Bilancio, ma senza intervenire prima sulle modalità di presentazione e tracciamento dell’offerta di lavoro congrua sarà tutto inutile.

Reddito di cittadinanza: il taglio di 5 euro funzionerà?

Altra misura che difficilmente raggiungerà l’obiettivo prefissato è quella che vede il taglio di 5,00€ del beneficio a partire dal 6° mese di fruizione. Si vuole fare in modo che il reddito di cittadinanza si riduca ogni mese, così che il beneficiario si attivi alla ricerca di un nuovo impiego.

Ma davvero un taglio di tale misura rappresenterà un disincentivo?

I dubbi ci sono, anche perché la platea degli interessati al taglio è piuttosto ridotta, in quanto comunque non si applica alcuna riduzione quando:

  • nel nucleo familiare è presente almeno un minore di età inferiore ai 3 anni;
  • nel nucleo è presente almeno una persona con disabilità grave o non autosufficiente;
  • il nucleo familiare è composto solamente da persone che sono esonerate o escluse dal percorso di politica attiva. Ad esempio, non devono firmare il Patto per il Lavoro coloro che: assistono un figlio di età inferiore ai 3 anni o un componente con grave disabilità, chi frequenta un corso di studio o di formazione, chi ha un’invalidità riconosciuta (almeno al 46%), le donne incinte, chi ha già un lavoro, chi è impiegato in un tirocinio, chi ha più di 65 anni.

Inoltre, il taglio si interrompe una volta che si arriva a una certa soglia, una quota minima di reddito di cittadinanza pari a 300 euro per la persona sola (mentre per i nuclei numerosi bisogna moltiplicare la quota minima per il parametro di scala di equivalenza).

Può, quindi, un taglio di 5,00€ al mese rappresentare un incentivo alla ricerca di un nuovo lavoro? Dopo 16 mesi (nei primi 6 non sono previsti tagli) bisognerà rinunciare appena a 50 euro (complessivi), dopo 26 mesi a 100 euro. Tra l’altro con la sicurezza di non poter scendere sotto una certa soglia, che ad esempio per un nucleo familiare composto da due maggiorenni e due minorenni è pari a 540,00€ (che pensate un po’ è proprio l’importo medio oggi percepito dalla totalità dei percettori).

Attenzione: con questo non voglio dire che sarebbe stato più opportuno un taglio di maggior misura. Semplicemente ritengo che così come prevista questa non sia una soluzione, quanto piuttosto una misura spot finalizzata ad accontentare coloro che da tempo chiedono restrizioni per i percettori del reddito di cittadinanza.

Ma difficilmente raggiungerà l’effetto sperato: chi non ha voglia di cercare un lavoro non la avrà neppure una volta che sarà operativo il taglio mensile, diversamente chi invece ne ha voglia - ma purtroppo non riesce a trovare un lavoro - verrà anche penalizzato da un tale strumento.

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