Quanto costa fare causa: ecco tutte le spese legali

Isabella Policarpio

06/11/2019

Fare causa a qualcuno ha un costo, spesso anche salato. Vanno calcolate le imposte dovute e le spese dell’avvocato, in alcuni casi però si ha diritto al gratuito patrocinio e alla liquidazione delle spese legali. Vediamo quali sono.

Quanto costa fare causa: ecco tutte le spese legali

Chi vuole far valere un proprio diritto intentato una causa deve essere consapevole dei costi che dovrà affrontare. Si tratta delle cosiddette spese legali, le quali sono in parte prevedibili e in parte variabili in base alla tipologia di pretesa in giudizio.

Queste spese, a volte decisamente salate, spingono molti a rinunciare alla causa, eppure bisogna sapere che in alcuni casi è possibile beneficiare del gratuito patrocinio a spese dello Stato e che in caso di vittoria, la controparte soccombente sarà condannata alla liquidazione delle spese.

In questo articolo guida vedremo quali sono le spese da affrontare per fare causa a qualcuno, quali possono essere recuperati e quando si ha diritto alla difesa gratuita.

Fare causa, quali sono le spese legali?

Le spese legali da considerare sono molte e non si limitano al solo compenso dovuto all’avvocato scelto per la propria difesa. Nel dettaglio i versamenti dovuti sono i seguenti:

  • il compenso del difensore;
  • gli adempimenti fiscali (contributo unificato e imposta di registro);
  • eventuali spese per l’attività di consulenti tecnici.

Alcune spese sono fisse e se ne potrà avere un’idea chiara fin da subito, altre variano a seconda dell’andamento del processo e si potranno conoscere solo in un secondo momento. Variabile è anche il compenso dell’avvocato che viene determinato in base alla complessità della causa e al prestigio del legale a cui ci si rivolge. In Italia infatti non esistono più i tariffari di una volta, ma vige il principio del libero mercato anche per quanto riguarda le professioni legali. In ogni caso si ricorda che chiedere il preventivo all’avvocato è un diritto del cliente.

Adempimenti fiscali per fare causa

Vediamo quali sono gli adempimenti fiscali obbligatori e prevedibili. Sono due:

  • il contributo unificato;
  • l’ imposta di registro.

Il contributo unificato è una spesa dovuta all’amministrazione finanziaria e racchiude in sé i bolli e le tasse per l’iscrizione al ruolo della causa. Questo contributo deve essere pagato per tutte le cause civili e va rinnovato per ogni grado di giudizio.

Per quanto riguarda le cause penali invece tale contributo deve essere versato solo quando la parte ha intenzione di costituirsi parte civile nel processo penale e chiedere il risarcimento danni.

La spesa in questione dipende da tre fattori:

  • il valore della causa, quindi del bene o del diritto conteso;
  • il grado di giudizio (primo grado, Corte d’Appello e Corte di Cassazione);
  • la tipologia del procedimento.

Per calcolare l’importo dovuto quindi sarà necessario che l’avvocato proceda alla dichiarazione di valore ossia all’indicazione del valore della causa. In alcuni casi ci si potrà astenere dal versamento di tale contributo a seconda del tipo di procedimento giudiziario e del reddito di chi ha avanzato la causa.

Per una trattazione più specifica rimandiamo alla nostra guida su come calcolare la tassazione degli atti giudiziari.

Come funziona la liquidazione delle spese

Arriviamo ora alla parte più importante: la liquidazione delle spese legali; questa viene stabilita dal giudice alla fine della causa, quando viene emessa la sentenza definitiva.

Il giudice di merito condanna la parte soccombente al pagamento di tutte le spese, comprese quelle anticipate dalla controparte che ha diritto al rimborso; in alcuni casi può anche decidere che nessuna delle parti deve qualcosa all’altra e dividere le spese dovute equamente. In caso di reciproca soccombenza nessuna parte potrà essere obbligata nei confronti dell’altra.

Ma come si determina l’ammontare di quanto dovuto? La determinazione avviene solitamente sulla base della nota spese depositata con l’ultimo atto del processo dai legali difensori delle due parti, i quali indicheranno nella nota il compenso dovutogli distintamente dalle spese affrontate per l’attività difensiva. Nel caso questa nota non sia stata depositata il giudice determinerà la quota da versare sulla base dei parametri forensi.

In ogni caso il giudice valuterà il compenso sulla base dei seguenti fattori:

  • le caratteristiche dell’attività compiuta;
  • l’urgenza e l’importanza dell’attività prestata;
  • la sua difficoltà ed il suo valore;
  • i risultati conseguiti;
  • la complessità della questione trattata.

La regola della liquidazione delle spese processuali alla parte soccombente non vale nei procedimenti di volontaria giurisdizione, ovvero quei procedimenti che servono a concludere dei negozi tra le parti e non a risolvere delle vere e proprie cause.

Gratuito patrocinio, chi ne ha diritto?

Secondo quanto detto fin qui sembrerebbe davvero difficile per un semplice cittadino che ritenesse di aver subito un torto difendersi senza rischiare di spendere tutto quello che ha; bisogna tener presente però che la Costituzione Italiana garantisce a tutti i cittadini il diritto di difesa quindi anche a quelli meno abbienti.

Lo Stato ha istituito a sue spese un patrocinio gratuito cui si può accedere nel caso in cui un cittadino ritenga che i suoi diritti siano stati lesi ma non possa permettersi di sostenere le spese legate al processo. Il gratuito patrocinio a spese dello Stato serve infatti a garantire il diritto di difesa anche ai cittadini meno abbienti i quali possono avvalersi di avvocati iscritti in appositi elenchi.

Ovviamente per accedere a tale agevolazione bisognerà essere in possesso di un requisito fondamentale: il soggetto non non dovrà avere un reddito imponibile (risultante cioè dalla somma dei redditi di tutti i conviventi) superiore agli 11.493,00 euro. Per avere un quadro più completo sul gratuito patrocinio e sui requisiti di reddito si consiglia la nostra guida dedicata: Gratuito patrocinio, limite di reddito per il 2019

Il reddito andrà sempre calcolato su base imponibile tranne quando sono in gioco i diritti della personalità: in tal caso si farà riferimento solo al reddito del soggetto interessato. Per le cause penali invece il limite di reddito viene innalzato di 1.032,91 euro per ogni familiare convivente.

Chi sarà ritenuto idoneo in base al reddito sarà esonerato dal pagamento di alcune spese e lo Stato stesso ne pagherà delle altre al suo posto.

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