Perché l’euro sale quando le borse scendono? Alla scoperta di una nuova correlazione sui mercati

Nicola D’Antuono

21/04/2015

21/04/2015 - 17:47

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La scorsa ottava l’euro saliva quando le borse europee colavano a picco, sui timori di un default della Grecia. Perché? Scopriamo questa nuova correlazione sui mercati

Perché l’euro sale quando le borse scendono? Alla scoperta di una nuova correlazione sui mercati

Negli ultimi due giorni della scorsa settimana le borse europee hanno perso in media il 3%, a causa soprattutto dei timori di un probabile default della Grecia. Contemporaneamente sul forex il tasso di cambio euro/dollaro ha messo in atto una risalita dai minimi di periodo, passando da area 1,0520 a 1,0850 circa in una settimana. Le performance dell’equity europeo e della moneta unica sono state nettamente antitetiche, mostrando così una nuova correlazione tra azionario e valutario sui mercati mondiali. In questi movimenti qualche investitore potrebbe facilmente scorgere un paradosso: come fa l’euro a rivalutarsi proprio quando il default della Grecia appare sempre più vicino, così come l’uscita di Atene dall’Eurozona?

Dietro questa correlazione non si cela nessun movimento dettato da particolari dati macroeconomici. Secondo quanto affermato da Antonio Cesarano, analista per MPS Capital Finance, la rivalutazione dell’euro durante la caduta delle borse continentali dipende dal fatto che a vendere azioni europee sono in buona parte gli investitori internazionali. Questi ultimi, quando si liberano di azioni italiane, francesi o tedesche, sono costretti a smontare le coperture sul mercato valutario che costruivano quando acquistavano. Ciò ha l’effetto di rivalutare la moneta unica. Oggi, quindi, le eventuali risalite dell’euro sono espressione della debolezza delle borse europee.

La tesi avanzata da Cesarano è avallata da un recente sondaggio di Merrill Lynch, che ha ricordato quanto l’azionario continentale sia entrato prepotentemente nei portafogli degli investitori mondiali in quanto ritenuto sottovalutato rispetto all’equity d’Oltreoceano. Tuttavia, sottolineano gli esperti della banca d’affari statunitense, mentre acquistavano azioni europee, gli investitori internazionali hanno preferito coprirsi dal rischio cambio per evitare che i guadagni derivanti dalla salita delle borse europee venissero in gran parte annullati dal crollo dell’euro.

Gli investitori, effettuando questa pratica di “hedging”, si sono di fatto coperti dal rischio cambio acquistando opzioni put sul tasso di cambio euro/dollaro. Questa tipologia di contratti finanziari derivati produce un forte guadagno quando l’euro perde valore. Così facendo l’investitore annulla il rischio derivante dalla debolezza della moneta unica, godendosi tranquillamente i risultati conseguiti sulle borse europee in forte ascesa. Tuttavia, per comprendere meglio questa particolare correlazione equity-valute, bisogna analizzare la situazione di un altro attore protagonista della pratica di hedging.

Infatti per ogni trader che acquista contratti put sull’euro/dollaro, ce n’è anche uno che li deve vendere. Questo trader deve contro-assicurarsi dal rischio cambio (delta-hedging), ovvero nella fattispecie vendere euro. Questo spiega in parte perché quando gli investitori esteri facevano incetta di azioni europee, la moneta unica si deprezzava rapidamente (senza contare gli effetti svalutativi provocati dal quantitative easing della BCE). La scorsa settimana le forti vendite sull’azionario continentale hanno fatto sì che venissero anche chiuse numerose posizioni di hedging sul cambio aperte nelle precedenti settimane. I trader che avevano venduto le put sull’euro/dollaro sono stati costretti a comprare euro, facendo risalire il cambio fin sopra 1,08.

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