I segnali inviati dalle elezioni italiane hanno ribadito le variazioni dei principi di consolidamento fiscale dell’area euro, hanno rafforzato il processo di integrazione dell’area, hanno costretto l’Italia ad affrontare scelte forti e hanno creato le condizioni per un mix politico migliore dell’area euro.
Le politiche di sola austerità sono finite
Anche i tedeschi a quanto pare sapevano che gli enormi tagli di bilancio richiesti nei paesi profondamente indebitati dell’area euro, ad un certo punto, sarebbero giunti ad un vicolo cieco. Tale punto è stato raggiunto. Le economie in costante rallentamento e la crescente disoccupazione stanno deprimendo le entrate fiscali e stanno rendendo delle significative riduzioni del disavanzo, impossibili e politicamente intollerabili.
I disordini sociali sono in crescita. La gente non vede più la fine di questi disagi insopportabili, e un futuro incerto attende un’intera generazione di giovani senza lavoro e apparentemente senza speranza. Gli scioperi e le rivolte in Grecia, Spagna e Portogallo hanno trovato una nuova espressione politica in un quarto dei voti ottenuto da un partito italiano vecchio di tre anni che vuole abbattere il sistema politico.
L’ex premier italiano Silvio Berlusconi ha messo in scena la sua splendida rimonta politica, ed è arrivato a meno di un punto percentuale dal vincere le elezioni della settimana scorsa, con una piattaforma anti-austerità, anti-Germania, mescolata con la promessa di revoca dell’ampiamente odiata tassa sulla casa, l’IMU.
Qualche media tedesco molto conservatore sta prendendo il voto degli italiani come un fallimento del "freddo" e "ostile diktat di austerità" del cancelliere Angela Merkel.
Le elezioni italiane hanno messo fine a tutto ciò, riaffermando la scomparsa delle politiche di solo austerità e dei non realistici programmi di risanamento di bilancio. Nonostante la resistenza tedesca e olandese, la Commissione europea dovrà ora accettare politiche di bilancio dell’area euro meno rigorose, ma tenute più sotto stretto controllo. A seconda delle proprie particolari condizioni cicliche, i paesi dell’area dell’euro potranno richiedere più tempo per raggiungere i loro obiettivi di disavanzo. La Francia, ad esempio, che sta facendo i conti con un’economia stagnante e un forte aumento della disoccupazione, è stata autorizzata ad avere tempo fino al 2014 (invece che il 2013) per consegnare il deficit di bilancio richiesto del 3% del prodotto interno lordo.
Mix politico migliore
Dal momento che la crisi italiana probabilmente coninuerà - con un altro round di elezioni per il prossimo anno - l’euro resterà sotto pressione, perché la BCE continuerà a mantenere condizioni creditizie "allentate", mentre segnali di orientamento meno accomodanti da parte della Fed saranno sempre più più evidenti.
Un indebolimento del tasso di cambio è quello che la zona euro - e non solo la Germania - vorrebbe. Ciò temporaneamente aumenterebbe la competitività del territorio sui mercati mondiali perché amplificherebbe i vantaggi dei costi unitari del lavoro in declino. La recente decisione da parte di Ford, Renault, Volkswagen e Nissan di espandere la produzione in Spagna è un esempio calzante. Questi produttori stanno approfittando del costo del lavoro in calo in Spagna e delle nuove misure del mercato del lavoro flessibile.
La crisi italiana offre numerose opportunità di trading interessanti fino a quando non si arriva alll’idea incongrua che questa sia la fine dell’area euro.
| Traduzione italiana a cura di Erika Di Dio. Fonte: Cnbc |
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