Pensioni: c’è chi riceve l’assegno da 40 anni. Un sistema vergognoso

Teresa Maddonni

31/05/2021

31/05/2021 - 13:15

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Pensioni: oltre 500mila persone ricevono l’assegno da oltre 40 anni. Gli ultimi dati dell’INPS evidenziano un sistema vergognoso, quello dei baby pensionati, che pesa inesorabilmente sulle casse dell’Istituto.

Pensioni: c’è chi riceve l’assegno da 40 anni. Un sistema vergognoso

Pensioni: sono oltre 500mila i baby pensionati che da oltre 40 anni percepiscono l’assegno pesando sulle casse dell’INPS. Un sistema vergognoso confermato, dopo i primi dati del 2020, dai nuovi che provengono dall’Osservatorio INPS sulle pensioni 2021.

Un sistema che conferma anni di politiche scellerate che portano oggi a poter lasciare il lavoro a 67 anni, un’età per la pensione di vecchiaia destinata ad aumentare a discapito ovviamente dei più giovani, laddove invece c’è chi da 40 anni grava sull’INPS avendo lasciato in molti casi il lavoro nel pieno delle forze.

I dati INPS sulle pensioni sono relativi all’inizio dell’anno e contano, suddivise per tipologie, nel dettaglio 561mila pensioni erogate da INPS da 40 anni, quindi dal 1981.

Il sistema delle baby pensioni e dei baby pensionati emerge dai dati INPS con l’età media di uscita dei dipendenti pubblici e in particolari delle donne lavoratrici. 40 anni fa infatti si poteva andare in pensione con pochi anni di contributi e in giovane età. L’età media di chi ha avuto accesso alla pensione nel pubblico impiego era di 44 anni.

A questo sistema che ha permesso l’accesso alle pensioni in anticipo si aggiunge il fatto che è aumentata la speranza di vita, nonostante il negativo impatto del Covid.

Oltre mezzo milione di pensioni pagate da 40 anni dall’INPS e il mercato del lavoro in crisi aggravata dal Covid non aiutano le casse dell’Istituto. Vediamo nel dettaglio i dati INPS sulle pensioni da 40 anni.

Pensioni: il sistema vergognoso di chi riceve l’assegno da 40 anni

Un sistema vergognoso quello creato nel mondo delle pensioni negli ultimi 50 anni se c’è chi dagli anni ’80 percepisce l’assegno e sono oltre 500mila.

Una domanda può sorgere spontanea a quei lavoratori che devono aspettare i 67 anni per la pensione non avendo maturato i requisiti per l’anticipo o anche a quei giovani che temono per il proprio futuro: perché dobbiamo pagare lo scotto delle politiche scellerate del passato? Perché - potrebbe chiedersi un giovane - il mio lavoro sostiene chi prende la pensione da tempo immemore?

I dati dell’Osservatorio INPS sulle pensioni fanno luce su una questione spesso dimenticata, ma che di tanto in tanto ricompare nei pranzi di famiglia: i baby pensionati, per qualcuno una delle vergogne della Prima Repubblica.

Dai dati INPS si evince come le baby pensioni di chi prende l’assegno da 40 anni, insieme ai prepensionamenti anche di 10 anni - come anche il Rapporto di Itinerari Previdenziali ha messo in evidenza - abbiano inciso sul PIL e abbiano portato poi alla riforma lacrime e sangue della Fornero nel 2011. Ma quali sono i numeri?

Oltre 500mila sono gli ex lavoratori nel settore privato e pubblico che sono in pensione da quasi 40 anni. I dati INPS evidenziano 561mila pensioni risalenti al 1981 e agli anni precedenti nelle quali rientrano anche quelle di vecchiaia, ma anche quelle dei superstiti e quelle di invalidità previdenziale. Il numero scende a 318mila se si considerano gli assegni di invalidità civile. Nel dettaglio le pensioni pagate dall’INPS sono:

  • 423.009 fino al 1980 per il settore privato;
  • 67.245 le pensioni decorrenti dal 1981 sempre nel privato;
  • 53.274 nel 1980 e negli anni precedenti sono le pensioni del settore pubblico;
  • 17.508 sono le pensioni del settore pubblico del 1981.

Vediamo ora qual è l’età media delle pensioni da oltre 40 anni pagate dall’INPS sempre distinguendo tra settore privato e pubblico. Nel privato:

  • dal 1980 l’età media alla decorrenza delle pensioni era di 41,8 anni per un importo medio di 587 euro. In questo dato però rientra la bassa età media alla decorrenza delle 168.403 pensioni ai superstiti (38,3 anni) e delle pensioni di invalidità previdenziale a 41,6 anni (200.972);
  • 53.634 pensioni di vecchiaia con un’età media di 53,7 anni.

Per il settore pubblico invece per le pensioni che risalgono almeno al 1980:

  • l’età media alla decorrenza è di 41,2 anni;
  • l’età media per le pensioni di vecchiaia di 44 anni (21.104) per un importo medio mensile di 1.525 euro.

In quegli anni infatti si è creato il sistema delle baby pensioni che permetteva alle donne con figli di congedarsi con 14 anni, 6 mesi e un giorno di contributi. Altre norme permettevano la pensione a 20 o 25 anni di contributi.

A 40 anni fa risalgono anche:

  • 16.787 pensioni di inabilità (38,2 anni l’età media);
  • 15.383 assegni ai superstiti con 40,8 anni alla decorrenza e un assegno medio mensile di 1.181 euro.

Questi dati sulle pensioni pagate da INPS da 40 anni sono ancora più sconcertanti se confrontati con quelli 2020:

  • nel settore privato l’età media è di 67,02 anni con una decorrenza di 64,2 anni per la vecchiaia (anche l’uscita anticipata);
  • l’età media alla decorrenza delle pensioni nel pubblico è invece di 65,8 anni con un’età più bassa per le pensioni di vecchiaia (63,9).

Quanto gravano le baby pensioni sul sistema?

Ma quanto gravano le baby pensioni sul sistema previdenziale? Quanto incidono i prepensionamenti? L’INPS, come il Rapporto di Itinerari previdenziali 2020 che ha analizzato bene la situazione del nostro sistema pensionistico ha messo in luce, ha registrato negli ultimi anni un pesante disavanzo che a fine 2018 è stato di 7.839 milioni, 7.283 milioni nel 2019 (Rapporto 2021).

Il peggioramento della situazione patrimoniale dell’Istituto è stata causata da politiche sbagliate, laddove dal settore dell’agricoltura ai comparti della siderurgia, carta e porti si sono registrati prepensionamenti anche di 10 anni e oltre. A questo si aggiungono anche aziende come Fiat, Olivetti, Ferrovie dello Stato, Alitalia e Poste insieme alle baby pensioni del pubblico impiego. Come si legge nel Rapporto di Itinerari Previdenziali del 2020:

“Tutto ciò ha prodotto pesanti effetti negativi sul debito pubblico e sull’incidenza della spesa pensionistica sul PIL che tanti problemi ha creato con l’UE e ha contribuito a creare disavanzi che hanno portato all’adozione della c.d. Riforma Monti-Fornero”.

È chiaro dunque che se oggi ci sono ancora gli esodati (anche se la Legge di Bilancio 2021 ha introdotto la nona salvaguardia), se si discute di un’età pensionabile troppo alta o troppo bassa, il problema nasce proprio da chi ha avuto la possibilità di andare in pensione quando era molto giovane e nel pieno delle forze.

Dal pubblico impiego per fare un esempio ci si poteva congedare anche con soli 19 anni, 6 mesi e un giorno di contributi, le donne sposate e con figli anche con 14 anni, 6 mesi e 1 giorno. Questo significa che si poteva andare in pensione ben prima dei 40 anni, un’età questa in cui spesso oggi si vive ancora nella precarietà.

Dobbiamo quindi pensare che un 40enne che oggi lavora finanzia le pensioni di chi ha lavorato per una piccolissima parte della sua vita, laddove la spesa delle baby pensioni supera ogni anno i 7 miliardi (secondo il Rapporto di Itinerari Previdenziali 2020).

Sono anche più di 40 gli anni di politiche sbagliate, se si considera che le baby pensioni sono state introdotte nel 1973 dal Governo Rumor (negli anni ‘80 si andava in pensione prima dei 50 anni e fino all’81 ottenere la pensione di invalidità era cosa facile) a cui si è cercato di porre rimedio dagli anni ‘90 con un aumento dell’età pensionabile fino ad arrivare ai 67 anni di oggi.

Ma se politiche di questo tipo hanno pesato così tanto sul sistema previdenziale quanto peserà Quota 100? E in che direzione dovrà andare la riforma che il governo deciderà di attuare sul fronte delle pensioni?

Come sostengono i ricercatori di Itinerari Previdenziali: “Ci vorranno ancora molti anni per ridurre queste anomalie che ancor oggi appesantiscono il bilancio del sistema pensionistico; errori quindi da evitare compreso quello di quota 100”.

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