Fermare il pagamento delle pensioni di chi non ne ha bisogno consentirebbe di risollevare il sistema pensionistico, ma a che prezzo? La tesi controversa di un professore universitario.
Le pensioni sono oggetto di dibattito quotidiano quasi in ogni parte del mondo. Le proposte per modificare le regole si accumulano, divise da obiettivi contrapposti. C’è chi vuole aumentare il sostegno ai pensionati, chi aumentare l’età e addirittura diminuire gli importi. Gli esperti faticano per proporre iniziative equilibrate, alla ricerca di un compromesso tra due interessi agli antipodi. Bisogna diminuire l’onere a carico dei lavoratori e impedire il collasso del sistema pensionistico, ma al contempo garantire ai pensionati trattamenti equi e dignitosi.
Uno dei suggerimenti più controversi viene da un professore universitario newyorkese, secondo il quale bisogna fermare i pagamenti delle pensioni ai pensionati e ridurli drasticamente. La sostenibilità del sistema pensionistico è una sfida notevole anche per gli Stati Uniti, che come l’Italia e molti altri Stati offrono un futuro incerto e sempre più precario ai giovani lavoratori. La proposta, evidentemente provocatoria, mette così in luce le criticità attuali e l’urgenza di riforme per invertire la rotta.
Il professore propone di fermare i pagamenti delle pensioni
Scott Galloway, professore alla Stern School of Business della New York University, noto per le sue dichiarazioni audaci, ha dedicato alle pensioni parte del proprio podcast. Di recente, è tornato a commentare le criticità del sistema pensionistico statunitense, affermando che bisognerebbe fermare i pagamenti delle pensioni ad almeno un terzo dei beneficiari. Galloway ha infatti fatto notare che una percentuale tra il 10% e il 30% dei pensionati americani appartiene alla fascia più ricca della popolazione e per questo “non ha bisogno” di ulteriori sussidi. Un sistema che grava sulle spalle dei giovani, avvantaggiando ulteriormente la “generazione più ricca nella storia di questo pianeta”.
Si parla dei baby boomer, nati durante il picco di espansione demografica e quindi estremamente pesanti sulla bilancia rispetto ai lavoratori attivi. La redistribuzione del reddito, secondo Galloway, viene così meno alle finalità proprie e finisce per funzionare al contrario. La pensione dovrebbe invece continuare a essere garantita ai cittadini che ne hanno necessità per vivere, come dovrebbe essere scontato in un Paese avanzato.
Come ricordato dal professore, dati della Federal Reserve indicano che il 10% più ricco ha un patrimonio netto medio di 7,8 milioni di dollari. Per una parte di cittadini statunitensi, quindi, l’interruzione del trattamento pensionistico avrebbe un impatto sostanzialmente nullo sulla vita. Questo, chiaramente, non significa che sia giusto o equo privare i pensionati della pensione spettante in base alla contribuzione. Altri spunti di Galloway, tuttavia, sembrano più praticabili. Il professore ha infatti criticato anche il tetto fiscale sui contributi previdenziali - considerandolo mancante di progressività e proporzionalità - e il limite massimo per redditi superiori a 400.000 dollari.
Togliere la pensione è una soluzione?
Nel complesso, le tesi di Galloway sono estreme e pungenti, ma si muovono su principi corretti. Il Manhattan Institute, tra gli altri, ritiene che sia necessario diminuire i benefici per i pensionati ad alto reddito. Così, sarebbe possibile invertire la tendenza della redistribuzione del reddito, che oggi è regressiva, e applicare un sistema più equo. Tutti concordano sulla necessità di intervenire, ma non è affatto facile scegliere una linea. Il concetto stesso di equità come dovrebbe essere considerato? È giusto che i giovani siano sempre più appesantiti e privi di garanzie sul futuro previdenziale? È giusto che i pensionati debbano ricevere meno di quanto viene garantito loro dagli anni di lavoro e dal contributo al Paese?
Serve una soluzione di compromesso, purché al più presto possibile. Il professor Galloway ha concluso il podcast ricordando che “Abbiamo bisogno di una riforma fondamentale, abbiamo bisogno di tagliare la spesa” e su questo si può essere pienamente d’accordo. La flessibilità dei trattamenti pensionistici potrebbe effettivamente risolvere parte dei problemi, ma allo stesso tempo spaventa la cittadinanza e soprattutto rischia di azionare privazioni ingiuste. Il problema riguarda tutti, ma l’andamento statunitense potrebbe influenzare maggiormente la gestione italiana, che di fatto soffre di analoghe criticità.
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