Pensione tra i 62 e i 63 anni con il fondo per la flessibilità: sarà questo il dopo Quota 100?

Simone Micocci

11/10/2021

02/12/2022 - 11:00

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C’è ancora confusione sul dopo Quota 100: la Lega propone l’istituzione del Fondo nazionale per la flessibilità in uscita per garantire il pensionamento a 62 o 63 anni.

Pensione tra i 62 e i 63 anni con il fondo per la flessibilità: sarà questo il dopo Quota 100?

Il 2022 sembra essere un anno rebus per chi deve andare in pensione: quando mancano meno di tre mesi alla fine di Quota 100, il dibattito sulla riforma delle pensioni sembra essere ancora lontano dalla conclusione. Ci sono dubbi che riguardano le risorse, altri che interessano le misure da attuare, mentre nel contempo il Presidente del Consiglio - Mario Draghi - non ha ancora sciolto le riserve sul da farsi.

Tant’è che nella nota di aggiornamento al DEF manca un’indicazione chiara su cosa ne sarà delle pensioni. E a tal proposito la maggioranza - dalla Commissione Lavoro - ha inviato un’indicazione chiara al Governo: “Introdurre nella prossima Legge di Bilancio disposizioni, anche di carattere transitorio, volte a garantire a specifiche platee di lavoratori l’accesso anticipato con requisiti ridotti rispetto a quelli previsti dal decreto legge 201/2011”, ossia la riforma Fornero.

Riassumendo: va bene il ritorno esclusivo alle regole della Fornero, ma non per tutti. Si chiede, dunque, al Governo d’individuare delle categorie di lavoratori alle quali riconoscere una maggiore flessibilità in uscita.

L’Ape Sociale non basta

Nelle ultime settimane si è parlato molto di rafforzare l’Ape Sociale. Va detto che prima di rafforzarla l’Ape Sociale andrebbe confermata, visto che comunque anche per questa la scadenza è fissata al 1° gennaio 2022.

Se ne sta parlando perché al Governo è arrivata una lista aggiornata di quelli che sono i lavoratori gravosi. Un elenco nel quale sono entrate nuove professioni, per le quali adesso - nel caso in cui dovesse esserci il via libera dell’Esecutivo - potrebbe aprirsi la strada dell’Ape Sociale, riconosciuta appunto a coloro che sono impegnati in mansioni gravose e che hanno maturato 36 anni di contribuzione (oltre ad aver compiuto i 63 anni di età).

Questa sarà sicuramente una soluzione in vista della prossima riforma delle pensioni, ma potrebbe non essere sufficiente. Oltre all’Ape Sociale, infatti, sembra ci sia l’intenzione di mantenere un canale di uscita a 62 o 63 anni nonostante l’addio di Quota 100, rendendolo però altamente selettivo. Una strada per pochi e con tanto di penalizzazione in uscita, con un assegno ridotto rispetto a quello che sarebbe spettato al compimento dei 67 anni.

La soluzione pensata per questa via d’uscita tra i 62 e i 63 anni, dunque, sembrerebbe seguire due diversi principi:

  • limitarne l’accesso ad alcuni settori e categorie di persone;
  • prevedere un taglio percentuale dell’assegno per ogni anno di anticipo.

Due soluzioni utili per fare in modo che i costi della riforma siano sostenibili. E proprio per raggiungere questo scopo, la Lega vorrebbe l’introduzione del cosiddetto Fondo Nazionale per la flessibilità in uscita.

Riforma delle pensioni: cosa potrà fare il Governo

Una sollecitazione importante, anche perché non sarà sicuramente l’ultima che verrà inviata al Governo da qui fino a quando non si discuterà della Legge di Bilancio. Come spiegato sopra, però, c’è un problema legato ai costi.

Secondo le ultime indiscrezioni, per il capitolo previdenza ci saranno a disposizione circa 5 miliardi di euro. E non tutti andranno alla riforma; una buona parte delle risorse, infatti, servirà per garantire l’incremento degli assegni in programma dal 1° gennaio 2022. Aumento che sarà migliore rispetto a quello degli anni scorsi: intanto perché la variazione del tasso d’inflazione dovrebbe essere maggiore rispetto a quella registrata negli anni scorsi, e poi per l’entrata in vigore del nuovo meccanismo di rivalutazione delle pensioni (che poi sarebbe quello originario).

Le risorse residue verranno girate alla riforma, la quale avrà come obiettivo quello di rendere più morbido l’addio a Quota 100, raggiungibile con l’Ape Sociale rafforzato (preferito dal Partito Democratico) o appunto con il Fondo Nazionale per la flessibilità in uscita (sul quale sta facendo pressione la Lega), o persino con entrambi.

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