Il 31 dicembre potrebbe essere l’ultimo giorno per l’alleanza tra il Governo Draghi e Salvini. Se il Governo non rinnoverà Quota 100, il leader della Lega pensa di abbandonare.
Potrebbe avvicinarsi la deadline per l’alleanza tra il Governo Draghi e la Lega. Ad annunciarlo è stato lo stesso segretario del partito, Matteo Salvini, che in una recente intervista avrebbe detto di attendere il 31 dicembre per valutare la tenuta dell’attuale Governo.
Una data di certo non casuale dato che il 31 dicembre coincide con la scadenza di Quota 100, uno dei capisaldi della lotta e campagna elettorale leghista. In un momento di forte tensione all’interno della Lega, si va quindi complicando il rapporto oscillatorio tra il premier Draghi e Matteo Salvini, che potrebbe definitivamente dissolversi alla fine del 2021.
Perché Salvini potrebbe abbandonare il Governo Draghi?
Sebbene siano cosa ben nota i continui scontri tra il Governo Draghi e il leader leghista, il 31 dicembre 2011 Matteo Salvini potrebbe definitivamente abbandonare Palazzo Chigi e sciogliere l’alleanza con il Premier.
Ciò che potrebbe far sbilanciare Salvini, lasciando quindi il Governo, è sicuramente la risoluzione del problema di Quota 100, la riforma delle pensioni, introdotta dalla legge di bilancio del 2019 e prossima alla scadenza.
Infatti il 31 dicembre scadrà la riforma sulle pensioni fortemente caldeggiata dalla Lega, e a quel punto spetterà al Governo Draghi stabilire se rinnovarla o “ripristinare la legge Fornero”.
In previsione di un appuntamento così importante, Salvini ha condotto una campagna a favore di Quota 100 annunciando che la Lega è pronta “ad alzare le barricate”. In questo modo il segretario della Lega lascia intendere che non accetterà un no per risposta e sarà pronto a uscire dalla maggioranza.
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Sembrerebbe infatti che si sia venuta a delineare una divisione interna tra un’ala “governista”, che ha come punto di riferimento il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, e un’ala “d’opposizione” con il leader Salvini.
Davanti a tali insinuazioni è lo stesso Salvini a liquidare la faccenda come “un’invenzione” e torna a battere sulla questione del rinnovo di quota 100, ormai uno slogan del leader leghista.
Da trent’anni siamo qua, mentre i giornali si occupano d’ipotetiche spaccature noi insieme stiamo cercando ad esempio di non tornare alla legge Fornero, non far ripiombare milioni di lavoratori in quella gabbia che porterebbe la soglia da 62 a 67 anni.
Sembrerebbe quindi che il rinnovo della riforma delle pensioni non sia solo un interesse del segretario ma dell’intera Lega su cui anche lo stesso Giorgetti sarebbe d’accordo.
Il PD contro Quota 100 e Salvini: non inganni i cittadini
Chi invece si schiera contro Quota 100 è l’intero PD. La presidente del partito alla Camera Debora Serracchiani lo ha ribadito che Quota 100 sarà abolita con il nuovo anno e che il leader della Lega ne è pienamente consapevole.
Il problema secondo la Serracchiani lo sarebbe il fatto che la riforma si è rivelata un vero “flop” e così facendo Salvini non farebbe altro che “illudere i cittadini”. La scadenza dell’alleanza Salvini-Governo Draghi in questo modo sembrerebbe quasi certa e basata per di più sulla scelta di una riforma che, a parere del PD, è tutto tranne che utile ai cittadini.
Cosa accadrà al Governo se Salvini lascia?
Se Salvini lascerà realmente il Governo non è ancora dato saperlo, bisognerà attendere l’ultimo dell’anno, il 31 dicembre, per conoscere la decisione finale del leader leghista. O almeno così pare.
Ci si potrebbe domandare se l’abbandono di Salvini a Palazzo Chigi potrebbe costituire un problema per Draghi o meno. Si potrebbe per adesso provare ad adottare un ragionamento basato sui numeri: al momento Draghi alla Camera detiene 563 voti a favore sui 615 totali, mentre al Senato ne possiede ben 279 senatori sui 321 disponibili.
Per quanto la Lega sia uno dei maggiori partiti, all’uscita di Salvini Draghi si troverebbe comunque con un numero sufficiente di voti per poter continuare tranquillamente il proprio lavoro, avendo in quel caso ben 432 voti a Montecitorio e 216 a Palazzo Madama.
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