Ci siamo occupati nei giorni scorsi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo (GMO), legato alle esigenze economiche dell’impresa e quindi definito anche licenziamento economico. Come abbiamo visto l’onere probatorio è a carico del datore di lavoro.
La Riforma Fornero è intervenuta sull’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori (legge n. 300/1970), modificando la “Reintegrazione nel posto di lavoro” del testo previgente con la “Tutela dei lavoratori in caso di licenziamento illegittimo”. Ma quando è illegittimo il licenziamento per giustificato motivo oggettivo?
Manifesta infondatezza
La prima ipotesi in cui il licenziamento per giustificato motivo oggettivo è illegittimo inerisce ai casi di manifesta infondatezza.
Il licenziamento suddetto è un licenziamento economico e la sua giustificazione non può addurre cause quali l’inidoneità fisica o psichica del lavoratore, intimato prima della fine del periodo di comporto (periodo in cui il lavoratore ha diritto di assentarsi per ragioni legate alla salute) per gravidanza, malattia o infortunio.
In questi casi il giudice accerta l’illegittimità del licenziamento, annullandolo, e condanna il datore di lavoro:
- alla reintegrazione del lavoratore;
- al risarcimento del danno.
Quest’ultimo deve essere commisurato all’ultimo stipendio di fatto, inerente al periodo intercorso tra l’intimazione del licenziamento e la reintegrazione effettiva, nella misura di 12 mensilità, al netto dell’aliunde perceptum (ovvero l’eventuale importo percepito dal lavoratore qualora si sia rioccupato tra la data del licenziamento e quella della pronuncia giudiziale) e l’aliunde percipiendum (danno arrecato al datore di lavoro dal lavoratore, che si sarebbe potuto evitare con l’ordinaria diligenza).
Il datore è tenuto anche al pagamento dei contributi previdenziali, tenendo conto della misura differenziale tra quanto il lavoratore avrebbe potuto versare se non fosse stato licenziato e quanto ha versato effettivamente.
Non ricorrenza degli estremi del GMO
La seconda ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo illegittimo è relativa alla mancanza di estremi del GMO e vi si applica la tutela sancita dall’art. 18, comma 5.
In questo caso il datore di lavoro è obbligato al versamento di un’indennità compresa tra le 12 e le 24 mensilità, computate sull’ultimo stipendio di fatto e in relazione:
- all’anzianità di servizio;
- al numero di dipendenti;
- alle dimensioni dell’attività economica;
- al comportamento delle parti;
- il comportamento del lavoratore nella fase di conciliazione;
- l’impegno del lavoratore nella ricerca di un nuovo lavoro.
Gli ultimi due punti sono oggetto di perplessità e dubbi circa gli strumenti adottati dal giudice per verificare dette circostanze.
Altri casi
Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo è illegittimo anche per difetto formale o di motivazione. In questi casi si applicano le procedure già descritte.
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