La Lega di Salvini avrebbe investito in obbligazioni, ma poteva farlo?

Alessandro Cipolla

10 Aprile 2018 - 12:22

condividi

Un’indagine dell’Espresso parla di ingenti somme investite dalla Lega, anche nell’era Salvini, in obbligazioni riguardanti banche e multinazionali.

La Lega di Salvini avrebbe investito in obbligazioni, ma poteva farlo?

Anche se Matteo Salvini nel tentativo di nazionalizzare il suo partito ha scelto il blu come nuovo colore, la Lega sembrerebbe rimanere ugualmente fedele al verde almeno per quanto riguarderebbe lo stato delle proprie finanze.

Dopo il sequestro dei fondi del carroccio ordinato dal Tribunale di Genova, la Lega stando alle parole di Salvini avrebbe infatti in cassa poche migliaia di euro. Un’inchiesta dell’Espresso però parla di milioni di euro che sarebbero stati investiti dal partito anche in obbligazioni, cosa espressamente vietata dalla legge.

Gli investimenti della Lega

Ufficialmente le casse della Lega sono vuote. Quando il Tribunale di Genova ha predisposto il sequestro di 48 milioni (frutto di rimborsi elettorali e quindi pubblici) in seguito alla condanna di Bossi e Belsito per truffa ai danni dello Stato, i giudici hanno trovato soltanto 2 milioni.

Dove sarebbe finito quindi tutto il restante tesoretto del carroccio? A cercare di fare luce su questo argomento più che complesso ci ha provato L’Espresso che, carte alla mano, ha provato a ricostruire i passaggi di questo denaro.

La versione ufficiale della Lega è che i soldi sono stati usati dal partito, ma il settimanale ha scovato una fitta rete di passaggi e investimenti. Dopo lo scoppio dello scandalo rimborsi nel 2012 che coinvolse i vertici di allora del carroccio, subito ingenti somme sarebbero state spostate.

Secondo l’Espresso, già a maggio presso l’Unicredit di Vicenza venne creato un nuovo conto corrente subito rimpinguato da versamenti per 24,4 milioni. Soldi questi che poi sono stati girati verso altre società sempre riconducibili al partito.

All’epoca alla guida della Lega c’era Roberto Maroni, che sempre stando al periodico ha aperto poi un altro conto questa volta nella banca altoatesina Sparkasse, dove arrivano questa volta 10 milioni tra soldi liquidi e titoli finanziari. Anche qui però la somma prende subito altri lidi vista lanche a campagna elettorale per le regionali che deve essere finanziata.

Il settimanale poi racconta di alcuni investimenti fatti dal carroccio. Quando c’era Maroni, la Lega ha acquistato titoli pari a 11,2 milioni ma, oltre ai buoni del tesoro, per un terzo sono stati utilizzati in obbligazioni.

Con l’avvento di Matteo Salvini alla guida del partito L’Espresso ci racconta che la musica è rimasta comunque la stessa. Stando alle carte visionate dal settimanale, sono stati investiti 1,2 milioni in obbligazioni di Mediobanca, Gas Naturale e ArcelorMittal.

Il bottino del carroccio quindi sarebbe stato in parte investito e in parte girato a una serie di società riconducibili al partito. Interpellato dal periodico, la Lega non ha rilasciato dichiarazioni in merito ma alcuni aspetti sembrerebbero essere molto controversi.

Operazioni proibite

Se la serie di operazioni finanziarie elencate da L’Espresso fossero veritiere, la Lega avrebbe violato la legge 96 del 6 luglio 2012, ovvero quella che regola le nuove norme per i finanziamenti ai partiti.

Il testo infatti prevede che un partito possa investire i propri soldi soltanto in titoli di debito italiani oppure di altri paesi europei. È vietato invece l’acquisto di altri strumenti finanziari come le obbligazioni o i derivati.

QUI IL TESTO COMPLETO DELLA LEGGE

Per il settimanale quindi sia sotto la guida di Maroni che di Salvini, il carroccio avrebbe contravvenuto a questa regola acquistando obbligazioni di banche e multinazionali italiane e straniere.

Il problema non è di poco conto. La Lega infatti avrebbe investito 300.000 euro in corporate bond (titoli di debito emessi dalle società) di ArcelorMittal, un colosso siderurgico indiano operante anche in Italia.

Dal 1998 infatti il gruppo nel Bel Paese è attivo con un laminatoio (a Piombino) sette centri di distribuzione (Torino, Monza, Marcon, Udine, Flero, Rieti, Avellino) e un centro di steel service (a Canossa), per un totale di 783 dipendenti e un fatturato di 1,5 miliardi.

Nel giugno 2017 l’ArcelorMittal ha iniziato anche delle trattative per il controllo anche dell’Ilva di Taranto, presentandosi subito con un piano di 4.000 esuberi mentre tutti i restanti lavoratori verrebbero poi assunti con il Jobs Act e quindi senza più la tutela dell’Articolo 18.

Alla luce di questo e degli investimenti fatti dal carroccio, come si porrebbe un Salvini premier o una Lega al governo nei confronti di un’azienda della quale hanno acquistato titoli di debito per 300.000 euro?

Questo sarebbe solo l’esempio più eclatante di un conflitto di interessi non da poco oltre che illegale. Non rimane quindi che aspettare chiarimenti da parte del partito, oppure nuovi sviluppi da parte del Tribunale di Genova che da tempo è alla ricerca dei soldi svaniti.

Iscriviti a Money.it

SONDAGGIO