Lavoro, 3 fallimenti ogni ora: governo Letta in standby

Daniele Sforza

8 Luglio 2013 - 14:16

Lavoro, 3 fallimenti ogni ora: governo Letta in standby

Non c’è luce in fondo al tunnel, ma stavolta non parliamo dell’Italia, forse perché è da 5 anni che i media, più o meno esplicitamente, lo ripetono. No, stavolta parliamo delle imprese, visto che se ne chiudono 3 ogni ora, e di un mercato del lavoro ancorato a una tradizione fallimentare, un mercato del lavoro con i piedi di piombo che non si stacca da quelle bendate certezze difensive.

Il problema non è aprire un’impresa, ma continuare a farla vivere

Gli italiani, si sa, è sempre stato un popolo bravo ad arrangiarsi. La situazione, però, oggi è critica. I giovani disoccupati crescono e in molti, laureati ed esperti nella propria materia, preferiscono ricoprire lavori umili per guadagnarsi il pane quotidiano. La maggior parte di loro, però, ovvero dei cervelli, fugge all’estero, guardando a una prospettiva più serena.

Quanti sono i settori del lavoro bloccati in Italia? Quanto stona, con il clima generale, l’entusiasmo di Flavio Zanonato nell’affermare che il nuovo decreto lavoro semplifica la vita delle startup e delle srl semplificate? Perché il problema effettivo non è quante imprese aprono, ma quante se ne chiudono. E se queste ultime superano le prime, allora significa che c’è un problema. Potremmo chiamarlo problema di continuità, o come volete voi: fatto sta che il problema, a volte, non è cominciare, ma continuare.

3 mesi difficili per il governo Letta

I prossimi 3 mesi sono cruciali per il governo Letta, fino a oggi abituato a rinviare provvedimenti cruciali per il futuro del Paese. Provvedimenti che influenzano, in positivo e in negativo, l’estate degli italiani, costretti a risparmiare i propri soldi per versarli allo Stato in qualunque forma: che sia questa IMU, Irpef, IVA o Tares, la conclusione è sempre solita.

La scrivania di Enrico Letta scotta: il recente provvedimento preso sul mercato del lavoro non ha accontentato nessuno, a parte qualche media, anzi. La verità, come hanno detto i detrattori più arrabbiati del Dl Lavoro, è che nel mercato del lavoro non cambierà nulla con questo provvedimento. I datori di lavoro continueranno ad assumere le stesse persone, mentre una grande fetta di persone resterà con le mani in mano.

Le prossime sfide di Enrico Letta

Sono diversi i punti che il governo Letta deve affrontare per migliorare davvero il mercato del lavoro.

L’IVA, ad esempio: scongiurarne l’aumento è vitale per le imprese, per i consumi e per i cittadini;

Si parla poi di togliere l’IMU alle prime case (ma non a tutte), si dice che i villini siano esonerati, ma i fabbricati no. Eppure un immobile domestico non produce. Diverso il discorso per i fabbricati: immobili produttivi senz’altro, ma a cui va aggiunto un altro punto fondamentale, ovvero l’imposizione fiscale: troppe le tasse sul lavoro. Secondo una recente analisi chi lavora (e non evade) è costretto a lavorare gratis i primi 7 mesi. E con gratis si intende che quanto si è guadagnato lo si deve allo Stato.

Non si può non parlare di assunzioni: le forze fresche sono frequentemente rimandate al mittente in ogni settore, e questo può essere una notizia positiva se l’alternativa è quella di essere sfruttato a tempo pieno come un dipendente, quando invece si è un semplice stagista.

E cosa dire del popolo delle partite IVA? Persone che lavorano sodo e non conoscono ferie e che vengono vessate ogni anno dallo Stato impietoso?

Insomma, nulla di nuovo sotto questo aspetto: i cambiamenti tanto attesi dalla riforma Fornero non sono affatto arrivati e il precariato è diventato ormai una condizione stabile del mercato odierno del lavoro.

Tutti hanno ragione, tutti hanno torto

E mentre c’è chi è costretto a lavorare mezz’ora gratis in più per evitare che l’azienda che lo paga chiuda, e c’è invece chi, senza lavoro, non ce la fa nemmeno a comprarsi sigarette e preferisce togliersi la vita, il governo preferisce rinviare e sonnecchiare. Entusiasmarsi su provvedimenti che non sembrano utili, se non a smuovere un po’ le acque nel magma statico dove il mercato del lavoro poggia i suoi piedi di piombo, significa non vivere nel mondo reale. Meglio un pensionato esperto che chiede poco a un giovane laureato che chiede il giusto. Meglio una chiamata precaria che un’assunzione troppo cara per l’azienda.

Il brutto è che il gioco della ragione e del torto non può funzionare in questo clima. Alla fine diventa banale anche guardare al "Nemico", ovvero il governo. Le soluzioni a breve termine non esistono, ma le soluzioni sì. Quelle si aspettano con ansia, mentre da quando abbiamo cominciato a scrivere a ora hanno chiuso 2 imprese; mentre da quando avete cominciato a leggere a ora, un negoziante sta pensando che forse è arrivato il momento di chiudere baracca.

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