Lavoratore senza green pass, l’azienda può chiedere il risarcimento danni: ecco in quali casi

Luna Luciano

10/10/2021

10/10/2021 - 20:40

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L’azienda potrà chiedere il risarcimento danni ai lavoratori senza green pass. È questa una delle proposte di Confindustria a pochi giorni dall’entrata in vigore dell’obbligo di certificazione.

Lavoratore senza green pass, l’azienda può chiedere il risarcimento danni: ecco in quali casi

Possibilità di chiedere un risarcimento danni ai propri dipendenti. È questa la richiesta avanzata da Confindustria con l’avvicinarsi del 15 ottobre.

A pochi giorni dall’entrata in vigore del green pass sul luogo di lavoro, l’organizzazione presenta la possibilità che il datore possa chiedere un risarcimento ai dipendenti che non sono in possesso del certificato verde anti-Covid, ma solo in alcuni casi.

La proposta di Confindustria: il risarcimento danni

Le aziende sarebbero legittimate a chiedere un risarcimento danni. A dirlo è stata Confindustria dopo aver valutato la futura situazione per le imprese davanti al problema dell’obbligo del green pass. Dal15 ottobre entrerà in vigore l’obbligo del certificato anti-Covid sul luogo di lavoro, che questo sia un ente pubblico o e un’azienda privata non fa alcuna differenza.

Facendo una stima complessiva tra i dati ISTAT e quelli sulle vaccinazioni, al momento potrebbero essere circa quattro milioni i lavoratori in Italia ancora non vaccinati: tra questi sono presenti anche quelli che non possono vaccinarsi per motivi sanitari o perché immunizzati. Si sta parlando quindi di circa il 15% della forza lavoro ancora senza alcun vaccino; per questi sarà possibile recarsi sul luogo di lavoro dopo aver effettuato un tampone, a seguito del quale verrà rilasciato un green pass del valore di 48 ore.

Per il lavoratore senza green pass è prevista una sospensione dal lavoro senza retribuzione, ma senza sanzioni disciplinari. Un discorso a parte è invece quello sull’ingresso abusivo senza il certificato: in questo caso è prevista una multa dai 600 ai 1.500 euro.

Non solo, Confindustria - infatti - riterrebbe auspicabile la possibilità che le imprese possano richiedere un risarcimento danni ogni volta che il comportamento del dipendente possa “recare danno all’impresa”.

Risarcimento danni: quando l’azienda può richiederlo?

Ma in quali casi l’azienda potrà chiedere un risarcimento? Ancora non ci sono informazioni certe ma tra i casi proposti come “passibili di richiesta danni” ci sono quelli in cui il lavoratore è indispensabile. Quindi si sta parlando di:

  • lavoratori impegnati in appalti, commesse e ordini in cui è essenziale la loro presenza;
  • lavoratori “trasfertisti”, ossia quei dipendenti impegnati in viaggi che non possono partire senza green pass.
  • lavoratori assunti nel settore dell’edilizia per uno specifico appalto.

Problematiche sul lavoro evidenziate da Confindustria

A complicare la situazione ci sono alcuni aspetti che ostacolerebbero il normale svolgimento del lavoro delle imprese. Uno tra questi è sicuramente la “questione tamponi”. Infatti l’organizzazione si sta battendo affinché la validità dei tamponi sia allungata almeno fino alle 72 ore, in modo tale da semplificare i controlli.

Tamponi che presentano comunque un costo ai dipendenti. Grazie ai prezzi calmierati un lavoratore senza vaccino spenderebbe circa 200 euro al mese in tamponi. È stata la stessa Confindustria a invitare a lasciare questo costo a carico dei dipendenti, al contempo le aziende dovranno fare i conti con il rischio di non poter contare su una parte preziosa della manodopera.

Per questo motivo alcune imprese hanno cominciato a stipulare accordi per farsi carico dei tamponi, assicurandosi in questo modo la disponibilità di tutti i suoi dipendenti. È stato quindi previsto un rimborso spese per tamponi dal fondo bilaterale Est.

Per le imprese però il vero ostacolo è un altro: i controlli. Infatti, come si è già visto in ambito scolastico, le aziende non possono chiedere la scadenza del green pass per motivi di privacy. Ogni giorno le aziende sono quindi costrette a controllare il certificato dei propri dipendenti.

Una possibile via d’uscita è quella prevista dal decreto del 21 settembre che consente i controlli a campione. Una via impraticabile e sconsigliabile da Confindustria, dello stesso parere sono anche la Confartigianato a la Confcommercio.

Infatti il datore di lavoro è responsabile della salute e della sicurezza sul luogo di lavoro, fare controlli a campione potrebbe portare alla creazione di focolai che sarebbero potuti essere fermati in tempo con un controllo a tappeto. Davanti a possibili contagi sul luogo di lavoro è lo stesso datore infatti a essere chiamato in giudizio.

Infine c’è anche il caso degli autotrasportatori: molti di questi provengono spesso da Paesi in cui possono essere somministrati vaccini non riconosciuti in Italia come lo Sputnik. Una situazione quindi che non sarà di certo per le aziende pubbliche e private dal 15 ottobre.

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