L’Italia può farcela con tassi Bce più elevati?

Violetta Silvestri

26 Aprile 2022 - 12:49

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Mentre si accende sempre di più il dibattito sul rialzo dei tassi da parte della Bce, l’Italia è sotto i riflettori: con il suo ampio debito, un aumento dei tassi farà sprofondare i conti del Paese?

L’Italia può farcela con tassi Bce più elevati?

Quando alzerà i tassi di interesse la Bce? E soprattutto, quali effetti ci saranno sull’Italia, ingabbiata nel suo profondo debito?

Queste sono alcune delle domande che analisti ed esperti si stanno rimbalzando in quello che è ormai il dibattito economico e finanziario più acceso in Eurozona: la Banca centrale europea deve affrettarsi, come Bank of England e Fed, a cambiare la politica accomodante sui tassi o è meglio che aspetti ancora per evitare un colpo all’economia dei Paesi europei, ora travolti dalla guerra?

La risposta, che si concretizzerà con le prossime scelte di politica monetaria a Francoforte, non sarà neutrale per l’Italia: può farcela la nazione se i tassi aumentano? Un’analisi.

Italia e rialzi tassi Bce: cosa accadrà?

L’analisi è di Moritz Kraemer, capo economista della banca tedesca LBBW e la visione è, tutto sommato, ottimista sulla capacità italiana di farcela in un ambiente finanziario dominato da tassi più alti.

Nel suo ragionamento, l’esperto innanzitutto ha messo in evidenza su Financial Times che probabilmente la Bce è preoccupata di una più rapida normalizzazione della politica monetaria, paragonabile alle mosse della Federal Reserve statunitense o della Banca d’Inghilterra, perché questa può pressare la stabilità dei mercati finanziari.

Ma qual è, in questa valutazione, uno dei problemi? Tra i timori fondamentali su mosse più restrittive sembra esserci l’Italia. Il Paese correrà il rischio di precipitare in un abisso del debito se i tassi di interesse aumenteranno?

Moritz Kraemer ha ricordato che nel marzo 2020, Lagarde ha dichiarato in una delle sue prime conferenze stampa che la Bce non era lì per occuparsi degli spread dei titoli di Stato. Le sue parole non erano ancora svanite quando è iniziata una formidabile svendita di titoli di Stato italiani, peggiore che in un singolo giorno della crisi dell’euro.

Secondo l’esperto, però, il timore che l’elevato carico di debito italiano possa rappresentare una sfida alla normalizzazione monetaria non può essere assunto a priori. “La resilienza dell’Italia è diventata molto più solida di quanto molti profeti di sventura le attribuiscano”, ha dichiarato.

Innanzitutto, l’annuncio del mese scorso di Lagarde che la Bce avrebbe posto fine ai suoi colossali acquisti di obbligazioni prima del previsto ha provocato una reazione relativamente contenuta nei titoli di Stato italiani.

Poi, secondo Kraemer, “l’Italia è in una posizione migliore di quanto molti osservatori credano: l’inflazione elevata sta riducendo il debito pubblico. Con una crescita nominale del 10% guidata dall’inflazione, il rapporto debito/PIL dell’Italia scende del 15% del PIL nel 2022, a parità di altre condizioni. Questo aiuta.”

Inoltre, c’è il fatto che i tassi di interesse effettivi siano molto bassi. L’Italia paga un tasso di interesse medio sul suo debito in essere che è sceso solo al 2%, proprio al target di inflazione della Bce e ben al di sotto dell’inflazione. Le obbligazioni ad alto rendimento emesse dieci anni fa sono ancora in scadenza e oggi possono essere rifinanziate a un prezzo più basso. L’onere degli interessi effettivi rimarrà quindi basso o addirittura diminuirà per alcuni anni ancora.

L’analista ha sottolineato anche che “l’Italia dovrà emettere meno debiti di quanto molti pensino”. La vita media del debito pubblico italiano è di sette anni, anche se il Tesoro non ha approfittato dei tassi bassissimi per allungare il proprio profilo di scadenza. Solo una piccola parte deve essere rifinanziata ogni anno.

Il fabbisogno di prestiti di Roma, a detta di Kraemer, sarà ulteriormente ridotto grazie a un sostanziale sgravio di bilancio del fondo per la ricostruzione Next Generation Eu.

Tra il 2023 e il 2025, l’Italia può aspettarsi sovvenzioni annue superiori all’1% del suo prodotto interno lordo e poco di più attraverso prestiti UE a basso costo.

Quello che invece appare irreversibile per l’esperto tedesco è la corsa dell’inflazione: la Bce deve agire, l’Italia ce la farà.

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