Forexinfo intervista Stefano M. Torelli, Research Fellow presso ISPI (Istituto per gli studi di politica internazionale), che analizza per noi la recente escalation di terrore generata dagli attentati terroristici in Europa.
Forexinfo ha intervistato il Dott. Stefano M. Torelli, Research Fellow presso ISPI (Istituto per gli studi di politica internazionale).
I suoi temi di ricerca comprendono studi mediorientali, Islam politico e relazioni internazionali e dati i recenti sviluppi e la sensibilità riguardo al tema, ha risposto per noi ad alcune domande riguardo le dinamiche relative alla presenza dell’ISIS in Europa e alle misure di sicurezza adottate in l’Italia per la lotta al terrorismo.
Il Dott. Torelli ha tracciato per Forexinfo un’analisi lucida e completa di quanto sta avvenendo in Occidente e del peso geopolitico delle azioni messe in campo dai maggiori attori mondiali.
Nelle ultime settimane si è registrata un’impennata di attentati terroristici ad opera di sedicenti militanti del jihad offensivo di Daesh. La strage di Nizza, l’assalto di un vagone in Germania e la sparatoria di Monaco hanno segnato un ulteriore attacco dell’ISIS al cuore dell’Europa.
L’allarmismo mediatico ha raggiunto picchi estremi e l’ondata di paura ha investito non solo i civili, ma anche gli imperturbabili politici mondiali che fino ad ora si erano espressi cautamente riguardo alla radicalizzazione dei seguaci del Califfato nel Vecchio Continente.
I militanti dell’IS, guerrafondai e specializzati nella resistenza estrema delle proprie truppe impegnate in conflitti asimettrici e brutali, hanno sfruttato i propri canali comunicativi specializzandosi in una propaganda incalzante e attraente.
I lupi solitari e i foreign fighters affilitati all’organizzazione sono stati apparentemente inviati dalla terra madre, dove un nuvolo di seguaci e adepti rancorosi verso l’Occidente e decisi ad annientare le certezze del mondo globalizzato vengono formati, istruiti e poi invitati a colpire.
Non è così banale e semplice come sembra, sebbene stupisca che un gruppo apparentemente così poco professionalizzato militarmente - anche se è bene evitare di generalizzare - abbia saputo riscuotere tanto successo.
Analizzare dunque un fenomeno complesso e oggetto di sviste, nonché di interpretazioni fin troppo fantasiose e strumentalizzazioni, è pericoloso. Muoversi in un universo stretto nell’enclave della guerra e devastato da turbamenti sociali e politici richiede precisione e concretezza di giudizio.
Appare fondamentale l’approccio di un esperto che possa cogliere aspetti meno immediati del fenomeno globale. Ecco dunque le analisi del Dott. Torelli per Forexinfo.
1. Ultimamente gli attentati ad opera di militanti jihadisti del sedicente Stato Islamico sono fortemente aumentati in un’escalation estremamente rapida. Potrebbe essere sintomo di una crisi interna all’organizzazione che sta perdendo terreno nello scenario di guerra?
Sicuramente questa è una delle chiavi di lettura più diffuse per spiegare l’escalation di attacchi, anche minori, sul territorio europeo e non solo (si pensi ad esempio alla strage di Dacca, in cui anche 9 italiani hanno perso la vita). E’ innegabile che, sul terreno in cui lo Stato Islamico è maggiormente radicato, tra Siria e Iraq, negli ultimi mesi l’organizzazione jihadista abbia subito delle sconfitte che hanno provocato una perdita di territorio.
E’ dunque plausibile che lo Stato Islamico voglia colpire al di fuori del proprio territorio di controllo per una duplice motivazione: distogliere l’attenzione mediatica sulle difficoltà che sta incontrando in Siria e Iraq (ma anche in Libia, dove nelle ultime settimane sembra aver perso quasi del tutto la propria influenza a Sirte) e, secondariamente, incutere terrore all’interno dell’Europa stessa.
Quanto si tratti di una strategia studiata e programmata, o quanto piuttosto non sia una spirale di violenza scatenatasi indipendentemente e protrattasi per spirito di emulazione, è difficile stabilirlo. In ultima analisi, la correlazione esiste, ma è difficile stabilire con esattezza se vi sia un reale rapporto di causa-effetto tra l’arretramento dell’IS in Siria e Iraq e l’escalation di attacchi in Europa.
2. Molti attentati sono opera di "lupi solitari", simpatizzanti o sostenitori non direttamente istruiti dall’ISIS, come nel caso di Orlando. E’ possibile localizzare preventivamente questi individui?
Il fenomeno dei cosiddetti lupi solitari è sicuramente meno prevedibile rispetto alla localizzazione e all’annientamento preventivo di organizzazioni e cellule strutturate. Il problema maggiore risiede proprio nel fatto che, nella maggior parte dei casi, è quasi impossibile individuare una persona che, in maniera isolata, opera per perpetrare attacchi su piccola scala, in quanto spesso non si presentano dei segnali chiari precedentemente.
Tuttavia, in alcuni casi è accaduto che a condurre gli attentati (si pensi al caso della chiesa di Rouen, in Francia) fossero delle persone già note alle autorità per le loro intenzioni di andare a combattere in Siria, oppure per il loro processo di radicalizzazione tramite internet o contatti personali. Ciò nonostante, a volte anche persone sotto sorveglianza sono state in grado di condurre attentati, per l’oggettiva impossibilità di sorvegliare costantemente tutti i movimenti dei singoli individui.
In Italia, ad esempio, vi sono stati diversi casi di espulsione ai danni di soggetti ritenuti radicalizzati e potenzialmente in grado di preparare degli attentati, ma ciò non è possibile in tutti i casi.
3. Nel nostro Paese a che punto siamo con la prevenzione al terrorismo? Quali misure bisognerebbe attuare?
L’Italia sembra essere un paese ben preparato. L’assenza di attacchi diretti sul nostro territorio, oltre che all’oggettiva presenza di meno persone radicalizzate rispetto a contesti come la Francia, il Belgio, la Gran Bretagna e la stessa Germania, testimonia comunque una particolare attenzione delle nostre forze dell’ordine e un buon livello di prevenzione.
Come già detto, sono stati effettuati diversi decreti di espulsione contro soggetti ritenuti a rischio e vi è una costante azione di monitoraggio degli ambienti e degli individui potenzialmente a rischio. A livello legislativo l’anno scorso sono state promulgate delle nuove misure volte al controllo della rete (uno dei maggiori vettori della radicalizzazione risulta essere proprio internet) e che prevedono come reato anche la sola intenzione manifestata di condurre degli attacchi.
Certo, occorrerebbe anche un maggiore coordinamento di intelligence e delle forze di sicurezza a livello comunitario, ma si tratta di una questione di cui si discute da anni e che ancora non vede una soluzione per via della reticenza dei singoli stati membri a cedere alcune prerogative in materie sensibili come quelle legate alla sicurezza.
4. Lo Stato Islamico avrebbe avuto lo stesso successo se da un punto di vista geopolitico e militare ci fosse stata una coordinazione diversa tra le nazioni della coalizione internazionale?
E’ innegabile che l’ascesa dello Stato Islamico in Siria e Iraq è stata direttamente collegata all’evoluzione della guerra civile in Siria. Il caos e il vuoto di potere creatosi in Siria, infatti, ha costituito una ghiotta occasione per l’allora Stato Islamico in Iraq (antesignano dell’IS) di conquistare maggiore influenza, infiltrandosi nel conflitto civile siriano e, in seguito, riuscendo a conquistare una porzione rilevante di territorio al confine tra Siria e Iraq, con i due centri rispettivamente a Raqqa e Mosul.
Probabilmente, qualora le potenze regionali e internazionali fossero riuscite a intervenire preventivamente e a trovare una soluzione condivisa per la guerra in Siria, il fenomeno dell’IS sarebbe stato bloccato sul nascere, sebbene non abbiamo le prove per affermarlo con assoluta certezza.
Una volta che la situazione è divenuta incancrenita, è divenuto sempre più difficile, per via degli interessi incrociati dei varo attori esterni, intervenire per giungere a una soluzione concertata che potesse sconfiggere definitivamente lo Stato Islamico.
Consideriamo, infatti, che uno degli attori che potrebbe maggiormente trarre giovamento dalla sconfitta dell’IS, è Bashar al-Assad (sostenuto dalla Russia e dall’Iran), il quale però è allo stesso tempo un nemico dichiarato della coalizione occidentale e delle maggiori potenze regionali sunnite, come l’Arabia Saudita e la Turchia. Finché non si saranno risolte le controversie tra i diversi attori interessati, l’IS continuerà a costituire una minaccia.
5. In ultima analisi, possiamo ancora ritenere una minaccia i terroristi di Daesh? Il nostro Paese è un obiettivo sensibile al momento?
Purtroppo, come già detto, attualmente l’IS – o persone che agiscono ispirate dal messaggio nichilista dell’IS – rappresenta una delle maggiori minacce alla sicurezza internazionale. L’Italia, così come altri paesi europei, è un potenziale obiettivo sensibile.
Ciò che cambia, però, è il contesto politico e sociale. Laddove in alcuni paesi abbiamo una presenza più radicata di persone e cellule radicalizzate e legate all’estremismo islamico, anche per via di diverse ondate di migrazione nei decenni passati, l’Italia sembra essere ancora relativamente poco interessata dal fenomeno dei cosiddetti jihadisti autoctoni.
Ciò non deve, però, farci abbassare la guardia, in quanto il nostro paese, per diversi motivi, può costituire un obiettivo del terrorismo.
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