Il dramma dello shutdown Usa: Michelle, mamma e malata terminale, non può essere curata

Valentina Brazioli

12 Ottobre 2013 - 11:00

Michelle Langbehn, questo il nome della donna, lancia un appello disperato: “Mentre il governo si ferma il mio cancro continua”.

Il dramma dello shutdown Usa: Michelle, mamma e malata terminale, non può essere curata

Barack Obama due giorni fa ha rifiutato la proposta dei Repubblicani sull’innalzamento temporaneo del tetto del debito. Il negoziato prosegue ad oltranza, ma non sembra ancora a portata di mano la soluzione per il braccio di ferro tra Casa Bianca e Repubblicani. Il tutto mentre l’America continua a vivere il dramma dello shutdown.

Lo shutdown, infatti, non è solo numeri, centinaia di migliaia di statali temporaneamente disoccupati e migliaia di turisti delusi per la chiusura di musei, monumenti e parchi nazionali. Lo stop alle attività del governo federale ha anche il volto di una giovane mamma che vive ma teme di morire a migliaia di chilometri da Washington. Ecco la sua drammatica storia raccontata dall’Ansa.

La storia di Michelle

Shutdown significa anche la perdita dell’ultima speranza di una cura salva-vita per una malattia che di speranze ne dà poche. Michelle Langbehn, una californiana di trent’anni, ha un sarcoma al quarto stadio che le è stato diagnosticato nell’aprile 2012, poco dopo la nascita di una bambina. Dopo nove mesi di chemioterapia, due cicli di radio, svariati interventi per rimuovere tumori, i medici avevano indirizzato la donna al National Institute of Health (NIH), che offre terapie sperimentali a malati per cui ogni altra cura si è rivelata inutile. Michelle aveva cominciato a fare le pratiche per entrare in una sperimentazione in settembre, e il suo dossier era ormai sul tavolo degli scienziati dell’Istituto. Ma a fine mese è arrivata la doccia fredda: in caso di shutdown, l’NIH non avrebbe più accettato nuovi pazienti. Così è stato, per Michelle e per centinaia di altri nelle sue stesse condizioni: duecento ogni settimana che passa e tra questi molti bambini, secondo stime pubblicate sul Washington Post. Per una dozzina di malati praticamente in fin di vita l’NIH ha fatto eccezione, annunciando la riapertura delle sperimentazioni cliniche, ma l’8 ottobre, data del suo ultimo messaggio su Facebook, la buona notizia non era arrivata.

La petizione di Michelle

La donna ha lanciato una petizione su change.org chiedendo al Congresso di mettersi d’accordo: "Mi chiamo Michelle e mentre il governo si ferma il mio cancro continua", scrive sotto una foto che la ritrae priva ormai dei capelli e con la figlia in braccio.

E spiega:

Il mio messaggio è che ci sono in gioco vite umane. Non abbiamo tempo da perdere. La gente non si rivolge all’NIH perche’ sta bene. Vedersi sbarrare la porta ti fa perdere ogni speranza.

“Voglio vedere la mia bambina che diventa grande”

In centomila finora hanno firmato la sua richiesta di aiuto. Per Michelle, "furiosa per il fatto che il Congresso abbia scelto di chiudere il governo lasciando indietro tanti di noi", sarebbe stata la chance di sperare in un futuro. "Per ora invece il mio futuro è incerto". Da quando in luglio ha smesso la chemio, i medici le hanno trovato in corpo un altro focolaio canceroso. Partecipare alla sperimentazione per la giovane mamma sarebbe quindi importantissimo:

Voglio vedere la mia bambina che diventa grande. Gliel’ ho promesso, non crescerà senza mamma.

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