Questi sono i 10 Paesi del mondo dove si va in pensione prima? Un’analisi completa dei sistemi pensionistici più generosi.
In un’epoca in cui molti Paesi stanno alzando l’età pensionabile per far fronte all’invecchiamento della popolazione e alla sostenibilità dei sistemi previdenziali, alcuni Stati continuano a distinguersi per politiche pensionistiche particolarmente generose.
Secondo un’analisi dei dati globali sui sistemi pensionistici condotta da Money.it, esistono 10 Paesi dove l’età media di pensionamento rimane sorprendentemente bassa, permettendo ai lavoratori di godersi il meritato riposo molto prima rispetto alla media mondiale.
L’Indonesia guida questa classifica - frutto di un’analisi comparativa dei sistemi pensionistici mondiali - con un’età pensionabile di soli 57 anni, seguita da Arabia Saudita e Malesia (entrambe a 60 anni). Diventa sempre più chiaro come i fattori economici, demografici e politici influenzino profondamente le scelte previdenziali di ogni nazione.
I Paesi campioni del pensionamento precoce
L’Indonesia si posiziona al primo posto con un’età pensionabile di 57 anni per entrambi i sessi. Questo sistema generoso è reso possibile da diversi fattori: una popolazione ancora relativamente giovane, un sistema pensionistico che combina elementi pubblici e privati e una crescita economica sostenuta che ha permesso al Paese di mantenere contributi relativamente bassi pur garantendo prestazioni adeguate.
Al secondo posto troviamo l’Arabia Saudita, dove l’età pensionabile è fissata a 60 anni. Il regno saudita beneficia delle enormi entrate petrolifere che hanno permesso di costruire un sistema previdenziale solido e generoso. Le ricchezze derivanti dall’esportazione di petrolio hanno infatti consentito al governo di investire massicciamente nel welfare, garantendo pensioni dignitose senza la necessità di posticipare l’età del pensionamento.
La Malesia completa il podio, anch’essa con un’età pensionabile di 60 anni. Il sistema malese si caratterizza per un approccio ibrido che combina il fondo pensione obbligatorio (EPF - Employees Provident Fund) con altri strumenti di previdenza complementare. Questo modello ha dimostrato di essere particolarmente efficace nel garantire sia la sostenibilità del sistema che prestazioni adeguate ai pensionati.
Seguono nella classifica Turchia e Colombia (entrambe a 62 anni), dove diversi fattori contribuiscono a mantenere l’età pensionabile relativamente bassa. La Turchia, in particolare, ha implementato riforme che, pur introducendo alcuni irrigidimenti, mantengono ancora margini di flessibilità rispetto agli standard europei.
Brasile, Cina, Russia e India hanno un’età pensionabile fissata a 63 anni, tutte economie emergenti che stanno bilanciando la necessità di modernizzare i propri sistemi pensionistici con l’esigenza di mantenere un consenso sociale. Questi Paesi stanno attraversando transizioni demografiche significative e dovranno probabilmente rivedere le proprie politiche previdenziali nei prossimi anni.
Chiude la classifica l’Austria con 65 anni per gli uomini e 60 per le donne, rappresentando il paese europeo con l’età pensionabile più bassa tra quelli considerati nell’analisi.
Le tendenze mondiali sull’età pensionabile
A livello globale, il trend dominante va però in direzione opposta rispetto a questi Paesi virtuosi. Secondo i dati del World Economic Forum, la maggior parte delle nazioni sviluppate sta progressivamente innalzando l’età pensionabile per far fronte a sfide demografiche senza precedenti.
L’invecchiamento della popolazione rappresenta una delle principali minacce per la sostenibilità dei sistemi pensionistici occidentali. In Europa, ad esempio, molti Paesi hanno già programmato aumenti graduali dell’età pensionabile che porteranno, entro il 2030, a soglie di 67-68 anni. Germania, Francia e Regno Unito hanno già avviato questo processo, mentre Paesi come i Paesi Bassi prevedono di raggiungere i 67 anni entro il 2026.
Negli Stati Uniti, l’età per la pensione completa è già salita a 67 anni per chi è nato dopo il 1960, e si discute di ulteriori aumenti. Il Giappone, che affronta una delle più acute crisi demografiche al mondo, sta considerando di portare l’età pensionabile a 70 anni entro il prossimo decennio.
Questi cambiamenti riflettono una realtà incontrovertibile: l’aumento dell’aspettativa di vita e la diminuzione dei tassi di natalità stanno creando un rapporto sempre più sfavorevole tra lavoratori attivi e pensionati. Se nel 1950 c’erano circa 7 lavoratori per ogni pensionato nei Paesi OCSE, oggi questo rapporto è sceso a circa 3:1 e si prevede che raggiungerà 2:1 entro il 2050.
La situazione in Italia, tra riforme e opportunità
L’Italia rappresenta un caso di studio particolarmente interessante nel panorama pensionistico europeo. Dopo le riforme degli anni 2010, che hanno portato l’età pensionabile a 67 anni, il sistema italiano offre ancora alcune possibilità di pensionamento anticipato che è importante conoscere.
Secondo un’analisi approfondita disponibile su Money.it, esistono diversi meccanismi che permettono di accedere alla pensione prima dei 67 anni. Tra questi, la pensione anticipata ordinaria rimane l’opzione più accessibile, richiedendo 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne, indipendentemente dall’età anagrafica.
Una considerazione particolare merita chi ha iniziato a lavorare molto giovane. Come evidenziato in un altro approfondimento di Money.it, i lavoratori che hanno iniziato a versare contributi prima dei 18 anni possono beneficiare di condizioni più favorevoli. Questi lavoratori, definiti «precoci», possono accedere alla pensione con soli 41 anni di contributi, purché abbiano maturato almeno un anno di contributi prima del compimento della maggiore età.
Tuttavia, non tutte le coorti di lavoratori italiani si trovano in condizioni favorevoli. Un’altra analisi della nostra redazione evidenzia come chi ha iniziato a lavorare in determinati periodi storici si trovi in una posizione particolarmente svantaggiata, dovendo affrontare sia contributi più elevati che età pensionabili più avanzate.
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Un aspetto cruciale del sistema italiano è rappresentato dal calcolo della pensione, che per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995 si basa interamente sul sistema contributivo. Questo significa che l’importo della pensione dipende direttamente dall’ammontare dei contributi versati durante la carriera lavorativa, rendendo ancora più importante una pianificazione previdenziale accurata.
Per l’Italia, come per molti altri Paesi europei, la sfida consiste nel trovare un equilibrio tra sostenibilità del sistema e adeguatezza delle prestazioni. Le riforme degli ultimi decenni hanno certamente contribuito a stabilizzare il sistema dal punto di vista finanziario, ma hanno anche reso più complesso l’accesso alla pensione per molti lavoratori.
In questo contesto, diventa fondamentale per ogni lavoratore comprendere appieno il funzionamento del sistema previdenziale e valutare l’opportunità di strumenti di previdenza complementare. Solo attraverso una pianificazione accurata e una conoscenza approfondita delle regole sarà possibile garantirsi una pensione dignitosa, indipendentemente dall’evoluzione futura delle politiche previdenziali.
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