Come il governo Renzi può (e deve) sfruttare il quantitative easing di Draghi

Pierino Postacchini

7 Aprile 2015 - 16:12

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Il governo Renzi dovrebbe intervenire subito sulla competitività dell’Italia, lavorare per un’integrazione fiscale a livello europeo, ridurre il carico delle imposte e sostenere le imprese: ecco come l’Italia può e deve sfruttare lo scenario positivo del quantitative easing di Draghi

Come il governo Renzi può (e deve) sfruttare il quantitative easing di Draghi

Cosa deve fare Renzi per far ripartire l’Italia dopo il QE di Mario Draghi?

Il nostro governo sta plaudendo alla politica monetaria espansiva di Draghi e della BCE, spendendo gli effetti positivi del quantitative easing: crescita della spesa, atteso l’aumento del PIL, crescita dell’inflazione e crescita della competitività dei prodotti europei, grazie alla svalutazione del dollaro.

Tale scenario economico positivo che già si riflette sul costo del debito pubblico, combinato al basso costo del petrolio.

Si dovrebbe allentare l’attenzione del governo sulla gestione del debito pubblico e concentrare l’azione sull’aumento di competitività dell’Italia.

Draghi ha dato il via tardivamente al QE, ma lo ha fatto, di più non può e non gli compete di fare.

Il presidente della BCE ha salvato l’euro: la mano ora passa al governo, che prima di tutto deve lavorare a livello europeo per una integrazione fiscale.

Dopo che tutti hanno preso coscienza che non vi può essere una moneta solo con un contratto tra Stati senza redistribuzione fiscale tra di loro, si dovrà lavorare su tale integrazione, al fine di creare un’area valutaria ottimale per condividere una moneta comune.

Oltre a tale compito, il governo Renzi deve immediatamente concentrarsi sui problemi interni, che al momento non sono stati risolti: il carico eccessivo delle imposte deriva dalla struttura della spesa che è del 10% superiore a quella tedesca.

Su tale punto si deve intervenire subito. Una riduzione delle imposte per raggiungere il livello della Germania comporta una notevole diminuzione delle tasse, si potrà eliminare l’intera Irap sulle imprese di circa 39 miliardi e ridurre le tasse sui lavoratori di circa 30 miliardi. Questo obbiettivo deve essere raggiunto entro due anni.

Il governo dovrà risolvere subito il problema del credito alle imprese, deve prendere lezione dall’errore fatto in sede europea, dopo avere scaricato i problemi bancari su tutti i contribuenti ha portato come risultato un aumento generalizzato del debito statale, pur in presenza di avanzi primari.

Tale errore non deve essere ripetuto in Italia, l’idea della bad bank, dove far confluire tutti i crediti deteriorati delle banche, al fine di dare loro la liquidità per il nuovo credito, non può essere attuata. Si scarica in questo modo l’inefficienza delle banche sui contribuenti italiani, i parlamentari si dovranno opporre a tale soluzione, che al momento pare sia la soluzione preferita da Renzi.

I crediti deteriorati dovranno pesare sui bilanci bancari, sui loro profitti, ma mai sui contribuenti, o si commetterà lo stesso errore fatto in sede europea.

Il debito pubblico italiano è già troppo elevato, non potrà assorbire anche quello delle banche.

Il governo deve intervenire sul credito alle imprese concedendo la garanzia statale tramite il fondo centrale di garanzia a quelle che richiedono credito alle banche, in tale modo non peserà sui contribuenti l’attuale credito deteriorato delle imprese.

Sarà il governo ad assumersi il rischio per il futuro credito concesso alle imprese; si spera le banche siano più attente per la sua concessione.

La garanzia statale dovrà essere concessa solo se l’impresa si obbliga al mantenimento del livello occupazionale: ciò avrà effetti immediati sull’occupazione e si potrà in tal modo far ripartire subito l’economia italiana cogliendo l’attuale scenario economico positivo.

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