Giurisprudenza a numero chiuso? Potrebbe essere la soluzione al calo occupazionale

Isabella Policarpio

24/07/2020

27/07/2020 - 10:01

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I laureati in Giurisprudenza fanno più fatica degli altri a trovare lavoro toccando il fondo delle classifiche occupazionali. Numero chiuso e riforma del corso di studi potrebbero essere la “ricetta” per risollevare la categoria.

Giurisprudenza a numero chiuso? Potrebbe essere la soluzione al calo occupazionale

Gli ultimi dati elaborati da Eurostat e Almalaurea confermano un trend in vigore già da qualche anno: i laureati in Giurisprudenza e materie giuridiche sono agli ultimi posti nelle classifiche occupazionali; molti laureati, anche a pieni voti, faticano a trovare un impiego dopo 5 anni dal conseguimento del titolo. E il clima di incertezza causato dalle modalità di correzione e svolgimento dell’esame di avvocato rendono la situazione ancor più preoccupante.

Eppure la preparazione giuridica è la tra le più complete e articolate e il percorso di studi affrontato dagli studenti è uno dei più impegnativi.

Da molti anni si discute su quale possa essere la soluzione al drammatico dato occupazione e al calo degli iscritti alle facoltà giuridiche, ma poco o niente è stato fatto.

A tal proposito l’Associazione COGITA (e non solo) chiede al Ministro Manfredi e alle Istituzioni in generale di valutare l’introduzione del numero chiuso congiuntamente ad una riforma strutturale del piano di studi e della procedura di abilitazione alla professione forense. Esigenze sostenute da migliaia di studenti, praticanti e concorsisti.

Il numero chiuso potrebbe salvare Giurisprudenza

Troppi iscritti, scarsa selezione e pochi sbocchi lavorativi: i punti critici della facoltà di Giurisprudenza sembrano ormai congeniti tanto che al giorno d’oggi dire che “Giurisprudenza apra tutte le porte” risulta fortemente anacronistico.

Ma una soluzione c’è, o meglio potrebbe esserci: introdurre il numero programmato di iscrizioni, come avviene per molte altre facoltà. É così che sono state salvate le sorti occupazionali per medici, infermieri, fisioterapisti e altre professioni sanitarie.

Questa la soluzione sostenuta dall’Associazione COGITA (Coordinamento Giovani Giuristi Italiani) impegnata in prima linea nella salvaguardia degli interessi di studenti e neolaureati in Giurisprudenza, dei praticanti e dei giovani avvocati. Ma il numero programmato non è la sola via per ripartire: serve anche rivedere il corso di laurea nella sua interezza e rinnovare la didattica con un approccio “pratico” alle professioni legali. COGITA chiede inoltre che il conseguimento del diploma di laurea consenta di acquisire i crediti per l’insegnamento delle materie giuridiche a Scuola.

Resta poi lo “scoglio” dell’esame di abilitazione alla professione forense, le cui modalità di svolgimento e correzione spesso si sono rivelate poco efficaci e irrispettose dei principi di non discriminazione e correttezza, per non dire “casuali”.

Anche qui urge una semplificazione e un ammodernamento, al pari di quanto avviene negli altri Paesi Ue. Inoltre bisogna porre fine allo sfruttamento dei praticanti negli studi legali: il rapporto tra praticante e dominus dovrebbe essere inquadrato in apposite forme contrattuali, così da garantire maggiori tutele e ridare dignità a tantissimi giovani volenterosi.

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