Non sarà uno scontro a fuoco, certo. Ma la "guerra di valute" arriverà a Mosca questo venerdì, insieme ai funzionari della finanza del Gruppo dei 20, divisi riguardo alla politica espansiva del Giappone che sta portando al ribasso il valore dello Yen. Ma non è tutto, a dividere i leader della finanza internazionale saranno anche altri temi, come l’esigenza di trovare un equilibrio tra misure di austerity e crescita economica.
G20: partenza difficile
Nel 2009, il forum del G20 fu l’occasione per mettere un freno al generale disastro finanziario che imperversava su scala mondiale. Oggi il Gruppo dei 20 torna sotto i riflettori, dopo una settimana da quando il Gruppo dei 7 ha provato, senza riuscire, a parlare della guerra di valute con una voce unica.
Il G7 è da tempo ormai la sede della diplomazia finanziaria. Ma la politica anti-deflazionistica del Premier giapponese, Shinzo Abe, ha fatto sorgere delle tensioni tra Washington e Tokyo. Il messaggio giunto dal G7 è stato confuso, nonostante la dichiarazione ufficiale si limitasse a riaffermare "l’impegno che i tassi di cambio delle valute debbano essere determinati dal mercato".
Al G20 in Russia saranno presenti gli esponenti del 90% della ricchezza mondiale; al meeting dello scorso novembre, le alte cariche della finanza mondiale avevano invitato ad "astenersi dalle svalutazioni competitive delle valute", ma questa volta, forse, servirà qualcosa in più.
Tra guerra di valute e austerity
La manipolazione valutaria era una pratica ben nota negli anni ’80. Ma con il collasso del comunismo nell’Est Europa e con l’adozione del nuovo capitalismo Cinese, il mondo è ormai cambiato. I mercati emergenti, in qualità di esportatori e detentori di riserve, oggi chiedono di avere maggior voce nel contesto internazionale del management finanziario.
Secondo fonti Reuters, dal G20 non avremo dichiarazioni separate sulle singole valute, ma sarà rilasciato un unico inserto nel comunicato generale.
Ma al G20 ci sarà ancora un altro tema in agenda, il contrastato dibattito degli effetti tra le misure di austerity e la crescita economica che complicherà e trattative per giungere ad un obiettivo come fu a Toronto nel 2010, quando si stabilì il target della riduzione del debito in tre anni.
In questa occasione avremo la Germania, economia più grande dell’Eurozona, assieme alla Banca Centrale Europea che spingeranno affinché il prossimo obiettivo internazionale sia la riduzione del debito. In linea con la "medicina" Europea adottata contro la crisi dei paesi periferici.
D’altra parte, invece, gli Stati Uniti. La Federal Reserve ha promesso di mantenere la politica monetaria allentata fino a quando la disoccupazione scenderà, e si opporrà per questo alla visione europea.
Non è ancora chiara la posizione della Russia, che porta avanti un bilancio equilibrato ed un debito modesto.
Il discusso caso del Giappone
L’adozione della politica economica di Abe che spinge il Giappone verso il target sull’inflazione al 2% è tra le cause dell’indebolimento dello Yen che, dallo scorso novembre, ha perso circa il 20% dando il via ad un rally della borsa nipponica che, secondo le speranze del governo, spingerà al rialzo la crescita, incoraggiando consumatori e imprese ad investire.
Ma con gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e l’Eurozona ad adottare misure di politica monetaria più che allentate, alcuni paesi esportatori emergenti hanno lanciato l’allarme sulla "guerra valutaria" sostenendo che la svalutazione delle riserve estere colpisca la loro competitività.
Ma non è tutto: il governatore della banca centrale del Messico, Agustin Carstens, ha detto che pur appoggiando l’impegno del G7, per tassi di cambio guidati dalle azioni del mercato, è stato importante astenersi dalla retorica troppo violenta.
"Se ci addentrassimo in una vera e propria guerra di valute, l’effetto sarebbe quello di aumentare la volatilità dei mercati, portando il rischio agli estremi e nessuno ne uscirebbe vincitore," ha detto Carstens.
I funzionari della Russia hanno già notato, come altri, che gli interventi del Giappone sul mercato valutario non erano mirati all’indebolimento dello Yen, indicando come Tokyo non stia agendo da "furbetto".
Tuttavia, prima di volare verso Mosca, il governatore della Bank of Japan, Masaaki Shirakawa, ha difeso la politica espansionistica della banca, sottolineando come questa sia pensata al recupero dell’economia in contrazione e non all’indebolimento della propria valuta. "La Bank of Japan, -ha detto Shirakawa- conduce la propria politica monetaria per portare la stabilità economica in Giappone. E così continuerà ad essere."
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