Il dollaro è stato il grande protagonista del forex dalla seconda metà dell’anno. Secondo gli esperti il rally può proseguire, ma la FED mal sopporta una valuta troppo forte
Sul mercato delle valute sono arrivate le prime prese di beneficio sul dollaro americano, nonostante l’esaltante dato sul mercato del lavoro negli Stati Uniti che ha evidenziato il calo della disoccupazione al 5,8% e la creazione di altri 214.000 posti di lavoro nel mese di ottobre. Lo scorso anno la disoccupazione era al 7,2% e in dodici mesi sono stati aggiunti più di 2 milioni di nuovi posti. L’economia a stelle e strisce è in netta ripresa e di recente la FED ha anche azzerato il piano di quantitative easing, aggiungendo così carburante all’ascesa del biglietto verde.
E’ pur vero che i tassi di interesse restano fermi intorno allo zero, ma è ormai una prassi di tutte le principali banche centrali più importanti dopo il tracollo finanziario globale del 2008. Inoltre la FED dovrebbe essere la prima tra le grandi banche centrali ad aumentare il costo del denaro (si stima nella seconda parte del 2015), mentre altre istituzioni di grido (come la BCE e la BOJ) stanno perseguendo una politica monetaria ultra-accomodante di lungo periodo. Tanti fattori di natura macroeconomica fanno pensare che il dollaro statunitense sia destinato ancora a mettere a ferro e fuoco il forex, come avvenuto da qualche mese.
Tuttavia il rally del greenback potrebbe sperimentare una pausa, sotto l’occhio vigile della FED che mal digerisce un dollaro eccessivamente forte. Secondo Simone Facchinato, responsabile degli investimenti per Amundi Sgr, “un 10% di rivalutazione del biglietto verde impatta per due/tre quarti di punto sul pil USA e sicuramente rallenta un attimo la prospettiva di rialzo dei tassi”. L’esperto ritiene che movimenti troppo violenti sul mercato dei cambi tendono quasi sempre a creare squilibri sul fronte macroeconomico, per cui non va escluso che a Washington possano ridiscutere le tempistiche sulla stretta sui tassi con effetti potenzialmente negativi sul dollaro.
Ad ogni modo lo specialista del mercato valutario di Amundi, intervistato da Plus24 de Il Sole-24 Ore, ritiene che ha senso pensare che il cambio euro-dollaro possa spingersi fino in area 1,20, anche se bisognerà capire quali saranno le prossime mosse della BCE. Facchinato aggiunge che “l’area tra 1,20 e 1,25 rappresenta in questo momento un probabile range di equilibrio”. Venerdì il cambio ha toccato ha toccato il minimo più basso da fine agosto 2012 a 1,2358, per poi risalire la china fino a 1,2470 dopo la pubblicazione dei dati sul mercato del lavoro negli Stati Uniti per il mese di ottobre.
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