Fincantieri, una privatizzazione andata male che potrebbe essere rischiosa per i risparmiatori. Ecco perchè

Vittoria Patanè

2 Luglio 2014 - 14:18

La privatizzazione di Fincantieri non può essere certo considerata un’operazione di successo e a pagarne le spese potrebbero essere i piccoli investitori. Ecco perchè

Fincantieri, una privatizzazione andata male che potrebbe essere rischiosa per i risparmiatori. Ecco perchè

Se "chi ben comincia è a metà dell’opera", Matteo Renzi dovrà lavorare non poco per migliorare il programma di privatizzazioni che il Governo ha intenzione di portare avanti.

Il primo step, ossia la privatizzazione di Fincantieri e il collocamento dell’azienda navale su Piazza Affari non può infatti essere considerato un successo. E se qualcuno avesse qualche dubbio, il cambiamento di rotta di ieri( la società ha deciso di destinare gran parte dell’offerta pubblica di vendita e scambio alla clientela retail e non agli istituzionali come precedentemente previsto) lo dimostra palesemente.

Gli istituzionali non le hanno volute, probabilmente giudicandole poco convenienti, e adesso tocca ai piccoli azionisti. Ad influire su questo flop hanno concorso la modalità di conteggio dei debiti e la posizione finanziaria della società (negativa per 417 milioni di euro) non in linea con le regole comunitarie. Ma anche e soprattutto la tempistica: Fincantieri ha dovuto "combattere" contro l’aumento di capitale di MPS, ma anche con i debutti di Fineco e Cerved che sicuramente non hanno aiutato il gruppo di cantieristica navale a conseguire il successo sperato.

Da qui dunque l’inversione di rotta: 89,05% del opvs ai retail, numero di titoli ridotto da 700 a 500 milioni e prezzo per azione pari a 0,78 euro.

Gli istituzionali riceveranno circa 50 milioni di titoli per un controvalore inferiore a 40 milioni. 400 milioni di azioni andranno invece ai piccoli risparmiatori per un esborso corrispondente a 300 milioni di euro.

Da sottolineare che tra istituzionali e retail c’è una differenza sostanziale: i secondi infatti emettono ordini d’acquisto irrevocabili e non hanno la possibilità, a differenza dei primi appunto, di tornare indietro.

L’incasso per il gruppo controllato dal Governo è di 350 milioni contro i 600 precedentemente previsti. Denaro che andrà a rafforzare il patrimonio di Fincantieri che, ricordiamo, attualmente vanta un indebitamento pari a 555 milioni di euro.

Fintecna (società attraverso cui il Governo controlla il 99% del gruppo) ha inoltre rinunciato a vendere 104 milioni di azioni proprie. Il debutto su Piazza Affari avverrà quindi attraverso un aumento di capitale e con l’emissione di nuove azioni.

Ai piccoli risparmiatori andrà un’azione gratuita ogni 20 acquistate e tenute in portafoglio per almeno un anno (una ogni 10 per i dipendenti), il che comporterà un guadagno ipotetico pari al 5% in un anno, guadagno che però potrebbe essere poca cosa data l’assenza di cedole e un valore iniziale del titolo giudicato congruo da molti analisti.

Dati i conti non propriamente solidi di Fincantieri però l’investimento potrebbe rivelarsi per i risparmiatori più pericoloso del previsto. Come abbiamo già detto infatti
la posizione finanziaria netta è negativa per 417 milioni di euro in base ad una valutazione compiuta dalla stessa società. Se però si prendono in considerazione i criteri ESMA quello stesso parametro diventa negativo per 1,1 miliardi.

Il diverso conteggio potrebbe imporre dunque il ricalcolo dei multipli con cui viene calcolata la convenienza del prezzo. Da 5,8 volte il margine ebitda si salirebbe a 7,8. In poche parole: 0.78 euro sarebbe un prezzo abbastanza caro.

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