Eurozona e deflusso di capitali, Italia in testa: bisogna aver paura?

Giulia Mirimich

27 Marzo 2017 - 18:39

Nel 2016 il deflusso di capitali nell’Eurozona è stato notevole, secondo il Bollettino della BCE: le cause del fenomeno e i paesi maggiormente coinvolti.

Eurozona e deflusso di capitali, Italia in testa: bisogna aver paura?

Nel 2016 l’Eurozona è stata interessata, ancor più dell’anno precedente, da un deflusso di capitali notevole, Italia in testa. Nel 2016, per la prima volta da quando è stata introdotta la moneta unica, le vendite nette di debito hanno superato clamorosamente gli acquisti netti.

Gli investitori hanno spostato i loro capitali verso titoli di debito non emessi nell’area euro. Nello specifico, le vendite nette ammontano a 192 miliardi e gli acquisti netti a 30 miliardi.

Ma il deflusso netto di investimenti nell’area euro ha interessato anche gli stessi investitori residenti nella zona della moneta unica: secondo il Bollettino diffuso dalla BCE c’è stato un incremento nell’acquisto di titoli esteri, in particolare degli USA e del Regno Unito, soprattutto da parte di assicurazioni e fondi d’investimento.

La misura importante del deflusso di capitali del 2016 è dovuta principalmente a due fattori:

  • gliinvestitori internazionali scelgono di vendere sempre più titoli in euro;
  • gli investitori europei acquistano sempre meno titoli in euro.

Deflusso di capitali dall’Eurozona: le possibili cause

Inevitabilmente ci si interroga sulle possibili cause del deflusso di capitali dalla zona euro, chiedendosi se il fenomeno sia preoccupante o meno.

Bisogna tener conto di eventi che hanno interessato il 2016 e che hanno avuto un impatto notevole sui mercati, come la Brexit. Al contempo non si deve dimenticare che nell’Eurozona i tassi sono più bassi rispetto ad altri mercati: è un fenomeno naturale che gli investitori spostino il proprio portafoglio laddove il guadagno appare più sicuro e redditizio.

Secondo alcuni economisti, anche il quantitative easing della BCE nell’Eurozona ha le proprie responsabilità: le banche nazionali centrali acquistando titoli di Stato da investitori internazionali determinano un’uscita di capitali che non trova un adeguato bilanciamento con quelli in entrata.

Lo strategist di Unicredit, esperto di reddito fisso, Luca Cazzulani ha spiegato:

“Se nell’Eurozona il Quantitative easing era in opera, in altri mercati - in primis negli Stati Uniti - la curva dei rendimenti si è spostata in direzione opposta: l’esito è stato quello di determinare differenziali di interesse importanti”.

Deflusso di capitali dall’Eurozona: i paesi maggiormente interessati

Se è vero che il deflusso di capitali interessa l’intera Eurozona, è altrettanto vero che questa tendenza si è manifestata in modo particolare in Italia e Germania.

Stando ai dati della BCE, nel 2016 le vendite nette di titoli di Stato da parte degli investitori internazionali in Italia hanno costituito il 4,1% del PIL, mentre in Germania il 3,1%. Il fatto che ad essere maggiormente coinvolte nella fuga di capitale dall’Eurozona siano due paesi con un panorama economico tanto differente è la prova tangibile che si tratta di un fenomeno di ampio respiro che interessa la zona euro nella sua totalità.

Al terzo posto, dopo Italia e Germania, c’è la Spagna, dove però si sono registrati anche afflussi di capitale nel mercato azionario. Anche in Francia si è verificata una crescita analoga: gli acquisti netti degli investitori esteri hanno costituito l’1,2% del PIL francese.
Questo perché il mercato francese è uno dei mercati più liquidi tra quelli dei paesi ad alto rating e continua ad attirare da sempre soprattutto investitori asiatici.

Per quanto riguarda il nostro paese, l’economista di Intesa Sanpaolo Luca Mezzomo, guardando ai dati relativi il deflusso di capitale dal mercato italiano, spiega che il fenomeno si può prestare anche ad un’interpretazione positiva:

“I movimenti di capitali stanno ristrutturando le passività dell’Italia, rendendo il Paese meno vulnerabile agli shock finanziari. Rispetto al 2011 le passività delle banche italiane nei confronti di investitori internazionali si sono ridotte da 430 a 280 miliardi.

Contemporaneamente la quota i titoli di Stato italiani in mano a investitori esteri è scesa da oltre il 50% all’attuale 35% circa. Questo ci rende meno vulnerabili”.

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