Elezioni USA e referendum costituzionale: occhio alla strumentalizzazione. Yes we Cnel?

Antonio Atte

09/11/2016

09/11/2016 - 13:02

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Elezioni USA e referendum costituzionale, tra analogie, differenze e strumentalizzazione. Perché Renzi è preoccupato e perché può sorridere.

Elezioni USA e referendum costituzionale: occhio alla strumentalizzazione. Yes we Cnel?

Elezioni USA e referendum costituzionale: Yes we Cnel? - Il popolo americano ha incoronato Donald Trump come nuovo presidente degli Stati Uniti d’America. La sfida elettorale con Hillary Clinton è stata seguita con tifo più o meno da stadio anche in Italia, alla luce delle evidenti ripercussioni che la scelta degli statunitensi avrà sulla politica estera e sull’economia del nostro Paese e dell’Unione Europea.

Come si evince dalle prime reazioni a caldo del panorama politico tricolore, il pensiero dei sostenitori italiani di Trump - per lo più esponenti della Lega Nord e del centrodestra - è corso subito al referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre. E la strumentalizzazione, come da copione, arriva puntuale.

L’account ufficiale di Forza Italia ha postato su Twitter un’immagine sulla quale campeggia la scritta “In America hanno votato NO - 4 dicembre”. Infatti ce li immaginiamo gli operai bianchi incazzati del Michigan in fila alle urne, smaniosi di respingere la riforma del bicameralismo paritario targata Matteo Renzi e Maria Elena Boschi dando il voto a Trump. E che dire del ceto medio impoverito della Pennsylvania, che eleggendo il tycoon forse ha voluto anche dare un chiaro segnale al premier circa la necessità di lasciare intatto il Cnel. “Yes, we Cnel”, direbbe qualcuno.

Il post del partito guidato da Silvio Berlusconi è stato rilanciato dal capogruppo alla Camera Renato Brunetta, il quale se la prende con Renzi per aver platealmente “endorsato” Hillary Clinton con il più classico dei baci della morte:

Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, da oggi è politicamente finito, è un dead man walking. Ci ha isolato in Europa contando sull’appoggio forte della presidenza Usa, che ora non avrà più, e in maniera grave e irrituale ha schierato, sbagliando totalmente strategia, l’Italia al fianco della Clinton, creando un danno grave di credibilità e di immagine per le istituzioni del nostro Paese”.

Elezioni USA e referendum costituzionale: il commento di Salvini

Veramente euforico il leader della Lega Nord Matteo Salvini, che ai microfoni di Radio Padania definisce la vittoria di Trump “una botta alla globalizzazione” e “la rivincita del popolo, del coraggio, dell’orgoglio, dei temi del lavoro e della sicurezza, alla faccia dei banchieri, degli speculatori, dei cantanti, dei giornalisti e dei sondaggisti”, aggiungendo che “il popolo batte i poteri forti 3 a 0”.

Su Facebook il segretario del Carroccio posta una foto che lo ritrae con Donald Trump, a colori, accostata a uno scatto in b/n di Renzi e Obama, con l’hashtag #oratoccaanoi.

Il riferimento è al referendum costituzionale. Dello stesso tenore il tweet di un altro supporter di Trump, Giovanni Toti, governatore della Liguria e consigliere politico di Silvio Berlusconi:

Elezioni USA e referendum costituzionale: perché Renzi è preoccupato e perché può sorridere

Ma esiste davvero un nesso tra le presidenziali americane e il voto sulla riforma costituzionale del 4 dicembre? L’elezione di Donald Trump va letta come un colossale calcio nel sedere dell’establishment, impersonificato dalla navigata (e compromessa) Hillary Clinton.

Nonostante sia al potere da soli due anni, Matteo Renzi - ex homo novus del centrosinistra italiano ed ex rottamatore - è ormai anch’egli percepito come parte dell’“establishment”, come “casta” da una larga fetta dell’elettorato italiano, che va dal Movimento 5 Stelle alla Lega Nord, passando per una parte della sinistra del suo stesso partito, il Pd.

Con il No al referendum costituzionale, molti italiani sognano di dare una severa lezione agli esponenti dell’odiato “sistema”, anche se la riforma voluta da Matteo Renzi - almeno nelle intenzioni del premier e dei sostenitori del Sì - mira proprio al superamento di quel sistema. E questo è un dato che deve far riflettere (e preoccupare) il presidente del Consiglio.

D’altro canto l’ennesima, fantozziana performance di sondaggisti, analisti, aruspici ed auguri rappresenta un segnale incoraggiante per Matteo Renzi e per il fronte del Sì. Da mesi quasi tutti i sondaggi concordano nell’assegnare al No un ampio vantaggio.

Ma secondo le previsioni dei sempre meno affidabili analisti il Remain avrebbe dovuto trionfare sulla Brexit e Hillary Clinton sarebbe dovuta diventare la prima presidente donna della storia d’America. Sappiamo tutti com’è andata a finire.

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