La disoccupazione italiana è scesa ai minimi di 3 anni. Analizzando nel dettaglio i dati pubblicati dall’Istat emergono interrogativi sulle reali prospettive di crescita del Paese.
Dai dati pubblicati dall’Istat questa mattina relativi alla disoccupazione e all’occupazione in Italia emergono degli interrogativi sulla reale crescita del Paese.
L’aumento del numero di inattivi e di giovani disoccupati, sommato all’aumento dell’occupazione tra gli over 50, dovrebbe far riflettere sulle prospettive future dell’Italia. Inoltre, il dato deludente del PIL suggerisce una certa cautela nel raggiungimento del target annuale fissato dal Governo.
Italia: la composizione della disoccupazione indica stagnazione del mercato del lavoro
Dopo la pubblicazione dei dati sulla disoccupazione italiana di questa mattina da parte dell’Istat si è creata una certa euforia sulla possibilità di ripresa dell’economia italiana. Tuttavia, nonostante il calo della disoccupazione sui livelli minimi del 2012, la situazione è tutt’altro che rosea.
Dai dati Istat è possibile estrapolare alcune statistiche di fondamentale importanza. Seppur vero che la disoccupazione è calata ai minimi degli ultimi 3 anni è importante studiare la composizione della stessa.
Il numero di inattivi negli ultimi due mesi è cresciuto di 96.000 unità mentre il numero di dipendenti occupati è aumentato di 158.000 unità di cui 146.000 con contratto a termine.
Il numero totale di occupati con contratto a tempo indeterminato è pressoché invariato da Dicembre 2014, soprattutto grazie ai sussidi statali di decontribuzione triennale hanno permesso un aumento dell’occupazione in questi ultimi 2 anni.
Il numero totale di occupati è diminuito in tutte le fasce di età tranne che in quella superiore ai 50 anni che invece ha registrato un aumento pressoché stabile.
Vedendo la composizione dell’occupazione e della disoccupazione italiana rendono i festeggiamenti per un basso (relativamente) tasso di disoccupazione sembrano fuori luogo.
Dalle statistiche su menzionate infatti, emerge che l’occupazione in Italia è stagnante con una continua perdita di personale occupato su tutte le aree demografiche tranne che per gli over 50. Preoccupante è l’aumento del numero di inattivi e dei giovani disoccupati.
Italia: dato su inattivi, giovani disoccupati e lavoratori over 50 è preoccupante
Chi sono gli inattivi? Gli inattivi sono lavoratori disoccupati che sono scoraggiati dal cercare nuova occupazione (per i motivi più svariati: salari bassi, orari di lavoro massacranti, ricerca di lavoro infruttuosa e via discorrendo).
I giovani disoccupati sono in aumento vista la difficoltà delle aziende italiane ad assumere nuovi dipendenti e al fallimento del programma Garanzia Giovani che, al momento, risulta essere solo un modo artificioso di creare posti di lavoro (quanti giovani hanno trovato lavoro stabilmente dopo l’esperienza del programma governativo? Quanti giovani hanno lavorato il giusto numero di ore rispetto al salario offerto dal contributo del programma? Quanti lavoratori hanno percepito lo stipendio in tempo?).
Inoltre, un aumento del numero di occupati si registra solo nella popolazione con età superiore ai 50 anni con diminuzione diffusa in tutte le altre fasce d’età.
Cosa significa questo? Significa che il Paese sta inesorabilmente invecchiando e che la nuova forza lavoro non è rappresentata da giovani ma bensì da dipendenti più vicini alla pensione sui quali le aziende possono risparmiare in termini di costi di formazione e scatti di stipendio.
Italia: PIL sale meno delle attese, la crescita è reale?
Al drammatico quadro dell’occupazione si aggiunge l’aumento deludente del PIL dello 0,2% riflettendo una domanda nazionale debole, una diminuzione degli investimenti e un calo delle esportazioni.
Il target del PIL al +0,9% sembra difficile da raggiungere se non attraverso, come sempre, metodi artificiosi. In Italia al momento vi è una forte pressione disinflazionistica che nel breve termine può far aumentare la spesa e la fiducia dei consumatori ma che nel lungo periodo potrebbe risultare dolorosa.
Con il meccanismo disinflazionistico attuale le aziende vedono invariati i fatturati e diminuire i margini di profitto. Questo costringe le società, nel medio-lungo periodo, a tagliare posti di lavoro e a ridurre drasticamente i costi se la situazione risultasse persistente nel tempo.
Un aiuto sugli oneri finanziari aziendali potrebbe derivare dalle politiche monetarie che sta attuando la BCE (che potrebbero aumentare Giovedì) che, con continui tagli di tassi, dovrebbe in qualche modo abbassare la pressione degli interessi sul debito delle società italiane.
Questo risulta essere però, ancora una volta, un modo artificioso di portare crescita nel Paese poiché la pressione fiscale italiana sulle aziende è ancora troppo alta ed opprimente per le compagnie italiane.
Italia: diminuzione carico fiscale per le aziende possibile soluzione?
Una riduzione del carico fiscale potrebbe comportare lo sblocco degli investimenti aziendali e la creazione di posti di lavoro che di conseguenza creerebbero nuovi salari aumentando quelli già esistenti.
In questo modo si potrebbe rilanciare la debole domanda interna sostenendo la piccola-media impresa italiana, motore dell’economia del Paese, che in questi ultimi anni è stata pressoché annientata.
Per concludere, finché vi sarà una preferenza all’utilizzo di metodi artificiali per far quadrare i conti del Bel Paese che permettono una ripresa (finta) di breve periodo la situazione economica italiana avrà molte, se non troppe, difficoltà a ripartire.
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