De Cecco pensa ad una quotazione in Borsa dopo il tentativo scemato nel 2009 per cause al contempo interne e esterne (caos sui mercati). Oggi ci riprova spinto dalle performance dell’azionario.
De Cecco starebbe seriamente (ri)valutando, dopo il fallimento dell’operazione nel 2009, l’opzione di una quotazione in Borsa nel segmento Star. A farlo presente il Cda in un rapporto teso a delineare gli obiettivi della prossima assemblea dei soci, in programma il 27 aprile.
Lo storico pastificio chietino, presente con il proprio prodotto in più di 120 Paesi nel mondo, torna alla carica dopo che nel 2009, non senza frizioni interne, i quadri definirono lo sbarco in Borsa come un’opzione avventata, non sostenuta da condizioni finanziarie (dell’ambiente di mercato internazionale) adeguate.
La mossa di De Cecco - che, va detto, ha sorpreso un po’ tutti gli osservatori - segue il recente debutto a Piazza Affari di Unieuro e Banca Farmafactoring. Come è stato ampiamente evidenziato durante le prime sessioni, le performance delle due matricole appaiono tutt’altro che incoraggianti per De Cecco.
Tuttavia, sembra che i tempi siano diventati maturi per l’azienda chietina e l’IPO potrebbe non farsi attendere molto - anche se è bene ricordare che il Tesoro e la Consob hanno di recente manifestato perplessità circa l’intenzione di procedere ad ulteriori aste pubbliche per quest’anno, visione valevole anche per Poste e Ferrovie dello Stato.
De Cecco ci riprova: al vaglio opzione di quotazione in Borsa
De Cecco, la cui attività travalica i confini di 120 Paesi, è uno dei brand italiani appartenenti al settore alimentare maggiormente apprezzati all’estero e vanta un fatturato superiore ai 400 milioni di euro. La crescita della società, nata nel 1886, giustifica il rinnovato interessamento dei quadri nei confronti della quotazione in Borsa.
Già nel biennio 2007-2009, il gruppo di Fara San Martino era assurto agli onori della cronaca finanziaria per aver sostenuto, e poi ritirato, un prospetto di quotazione tra le fila del segmento Star. Dell’operazione se ne sarebbero dovuti occupare alcuni importanti intermediari, tra cui J.P. Morgan, Mediobanca e Lazard.
L’operazione scemò in quanto, a detta della società, mancavano presupposti di solidità finanziaria internazionale - non dimentichiamo che in quel periodo i listini di tutto il mondo soffrivano per l’estensione a macchia d’olio della crisi americana. Come recita un dispaccio della società datato 2009, ciò che maggiormente ha giustificato la revisione del progetto è stata, “tra le altre cose”, la situazione di
“difficoltà e incertezza dei mercati azionari, dell’evoluzione della disciplina regolamentare di Consob e Borsa italiana relativamente al procedimento di quotazione scelto nonché dell’intenzione di rivedere e aggiornare lo statuto sociale di quotazione.”
Condizioni ambientali prima di tutto, ma anche frizioni interne alla stessa società. In seno a De Cecco, quotarsi ha sempre significato se non abbandonare, quantomeno dismettere un certo valore tradizionale al quale la società da decenni si affida per affrontare la modernità (senza da questa, però, farsi travolgere).
A cosa attribuire, allora, il ritorno all’opzione di quotazione in Borsa? Non è da escludere che le recenti quotazioni di Unieuro e Banca Farmafactoring abbiano spinto il Cda chietino a prendere in considerazione una strada analoga. Il 2017 è destinato a passare agli annali di Borsa come l’anno delle matricole. Tuttavia, la ragione principale appare essere la salute dei mercati finanziari, segmento Star su tutti. L’indice telematico, infatti, segue un trend rialzista (apparentemente inarrestabile) dallo scorso dicembre.
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