Attaccando la Danieli (con Bonomi muto), di quali interessi si fa lobbista Zelensky?

Mauro Bottarelli

21 Giugno 2022 - 08:47

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Nel giorno del road-show del presidente di Confindustria a Kiev per la ricostruzione, la Difesa ucraina mette nel mirino via Twitter l’azienda friulana, leader mondiale con appalti da record (in Usa)

Attaccando la Danieli (con Bonomi muto), di quali interessi si fa lobbista Zelensky?

Se è vero che la prima vittima della guerra è la verità, certamente fra i primi beneficiari c’è l’ipocrisia. Dopo settimane di narrativa riguardo la necessità di chiudere i conti con la dipendenza energetica da un regime guerrafondaio e liberticida come la Russia, quale partner si sceglie ENI per garantirsi le forniture di LNG? Il Qatar, notoriamente campione mondiale dei diritti umani. Ma si sa, quando l’amico americano casualmente smette di colpo di inviare il suo gas liquefatto a causa di uno strano quanto provvidenziale incidente all’hub della Freeport, c’è poco da fare gli schizzinosi.

In compenso, la guerra significa anche business. Quello delle armi e delle sanzioni mentre i missili solcano i cieli, quello della ricostruzione una volta che le armi tacciono e i contendenti si siedono al tavolo. E fiutando l’aria, il numero uno di Confindustria, Carlo Bonomi, ieri era a Kiev per incontrare il presidente Zelensky e garantire alle imprese italiane un ruolo di primo piano. Anche in questo caso, pragmatismo bellico. Sempre esistito e di cui indignarsi appare ridicolo. C’è però qualcosa che stona. Perché quando in perfetta contemporanea con la visita del presidente degli industriali italiani, il ministero della Difesa ucraino pubblica un tweet simile

la puzza di do ut des ricattatorio, per conto terzi e su commissione si fa nauseabonda. E poco sopportabile.

Gli alti comandi militari di Kiev, chiaramente con il benestare del presidente, lanciano un attacco ad personam, quasi una character assassination corporate contro una delle eccellenze dell’industria italiana, la Danieli di Buttrio, in provincia di Udine, leader mondiale negli impianti siderurgici. E lo fanno con scientifica e calibrata adesione ai principi della comunicazione di marketing, inserendo in bella vista nel tweet il logo dell’azienda messa alla gogna. Dopo quattro mesi di guerra su larga scala, l’italiana Danieli collabora ancora con gli stabilimenti russi, fornendo attrezzature per la produzione di sottomarini nucleari e blindature per carri armati, ha affermato il Ministero della Difesa ucraino sul suo account Twitter ufficiale, concludendo con un perentorio Sostenere il complesso militare russo è contrario a considerazioni legali e morali. Un caso più unico che raro. Perché ovviamente tutti sanno che, più meno sottobanco, sono tantissime le aziende che non intendono recidere del tutto il cordone ombelicale di business che le lega alla Russia. Basti leggere le cronache degli imprenditori italiani presenti al Forum economico di San Pietroburgo quasi sotto copertura, roba da baffi finti e occhiali da sole come le spie caricaturali dei film anni Sessanta.

E tutti sanno che colossi francesi come Carrefour e Decathlon non hanno mai chiuso i loro punti vendite in Russia, nonostante la poco onorevole giravolta a tempo di record compiuta in tal senso dalla Renault. I tedeschi, poi, da inizio conflitto stanno sfoggiando in tal senso prestazioni da equilibrista consumato. Il problema è la Danieli. Ovviamente, la scusa è quella della componentistica militare, di fatto un aiuto diretto e concreto alla campagna militare russa. La quale è pressoché totalmente finanziata dalla partita di giro fra acquisti di gas da parte dei governi europei e sostegno degli sforzi bellici da parte del Cremlino. Ma, stranamente, la questione è sparita dal tavolo delle sanzioni a tempo di record. E senza che Kiev strepitasse troppo. Ok alla pantomima sul petrolio via mare ma nessuno tocchi Gazprom, la quale ha goduto fin dall’inizio anche delle esenzioni rispetto a SWIFT. E ha addirittura potuto imporre il pagamento in rubli, vedendo le società europee accettare diligentemente, mettersi in coda e aprire conti in valuta locale. Kiev ha taciuto, soprattutto il suo ministero della Difesa.

Oggi invece, il primo caso di attacco diretto a un’azienda. Italiana. E leader assoluta nel suo settore. Il quale, come mostra questa tabella aggiornata ai dati SACE del 2021,

Incidenza per settore - percentuale e in controvalore - dell'export italiano (dati 2021) Incidenza per settore - percentuale e in controvalore - dell’export italiano (dati 2021) Fonte: SACE

rappresenta un vero e proprio traino dell’export italiano. Certo, l’appeal dei macchinari per la siderurgia gode è minore rispetto al Salone del Mobile o alle eccellenza alimentari venduta sulla Quinta Strada di New York. Ma garantisce ossatura forte all’economia italiana, Numeri alla mano. E Danieli primeggia, poiché può vantare un portafoglio ordini superiore ai 4 miliardi di euro e ha sedi in tutto il mondo: dal Brasile alla Cina, dall’India alla Thailandia fino a Giappone, Corea, Francia e - appunto - Russia, dove sono presenti tre sedi. E dove recentemente, l’azienda di Buttrio ha ottenuto due grandi commesse, una da 250 milioni di euro da parte del gruppo Balakovo per un nuovo impianto green per la produzione di rotaie, travi e profilati. L’altra da Magnitogorsk Iron&Steel Works (Mmk), un ordine da circa 120 milioni di euro per la fornitura di tecnologie per l’installazione di quattro nuovi forni di riscaldo.

Il tutto senza contare il contratto da 430 milioni di euro ottenuto nel 2020 per la costruzione della prima acciaieria green della Russia che legava Danieli alla OMK, a sua volta uno dei leader del panorama della siderurgia in Russia. Insomma, apparentemente un’azienda quasi organica al potere putiniano. Almeno stando anche alla denuncia del ministero della Difesa ucraino. Balle. Sul finire di febbraio di quest’anno, infatti, la Danieli ha ottenuto una commessa da oltre 650 milioni di dollari dal produttore di acciaio statunitense Nucor Corporation per macchinari e tecnologie: la più grande a livello mondiale per macchinari e automazione degli ultimi 20 anni. Il produttore Usa, in particolare, ha scelto la tecnologia di laminazione diretta QSPDUE Danieli Universal Direct Rolling per un nuovo impianto da costruire in West Virginia per la produzione di nastri di acciaio di qualità laminati a caldo, nonché la tecnologia di laminazione a freddo e linee di processo per due progetti per nastri di acciaio laminati a freddo.

Insomma, Danieli fa business e non politica. Dalla Russia agli Usa e con unico riferimento quello dell’eccellenza e dell’avanguardia ESG, quella vera e non del greenwashing. E per sua sfortuna, lo fa meglio di tutti. Qualche competitor ha forse deciso di sfruttare i buoni uffici presso Kiev per cercare di far fuori un concorrente imbattibile? Certo, eventuali sanzioni azzopperebbero la capacità del gruppo friulano di operare. E chissà che qualche francese o tedesco non sia pronto a subentrare. In tal senso, pur capendo la necessità di Confindustria di stabilire buoni rapporti con il governo ucraino per garantirsi una fetta della ricostruzione, il silenzio del presidente Bonomi di fronte a quell’attacco diretto e senza precedenti a un’eccellenza produttiva italiana appare rumoroso. In nome di quali interessi il presidente Zelensky pare essersi tramutato in lobbista?

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