Crisi in Grecia: rimanere nell’Euro, ma a che prezzo?

Federica Agostini

19/06/2013

Crisi in Grecia: rimanere nell’Euro, ma a che prezzo?

Duemila anni fa, la Grecia ha plasmato la mentalità occidentale. Più di recente, ha modellato la risposta alla crisi finanziaria. La Grecia è stata vittima di una calamità e, la paura di seguirne le sorti, ha giustificato l’austerità in Europa. Il risultato è stata una crescita flebile tanto nell’Eurozona, quanto nel Regno Unito.

La Grecia, ahimè, ha subito la crisi sbagliata, nel momento sbagliato.

Grecia: storia di un "salvataggio"?

Il "salvataggio" della Grecia, sul quale il Fondo Monetario Internazionale ha recentemente fatto ammissione di colpa può essere riassunto così:

La fiducia dei mercati non è stata ritrovata, il sistema bancario ha perso il 30% dei depositi, l’economia si è ritrovata in una recessione ben più profonda di quatto stimato con un tasso di disoccupazione straordinariamente elevato. Il debito pubblico ha continuato ad essere alto ed ha avuto bisogno di una ristrutturazione, con danni collaterali per i bilanci delle banche già indeboliti dalla recessione andante. La competitività è migliorata leggermente con la riduzione dei salari, ma le riforme strutturali continuano a stagnare e la produttività è ancora sfuggente. Simon Wren-Lewis, Oxford University

L’unica giustificazione per una tale depressione è che questo è il prezzo che la Grecia deve pagare per rimanere all’interno della zona Euro.

L’aspetto ingiustificabile di questa vicenda, scrive Martin Wolf sul Financial Times, è che il FMI potrebbe teoricamente fare prestiti ai paesi il cui debito sia sostenibile, al contrario di quanto è accaduto in Grecia.

Secondo le stime del FMI, il debito greco raggiungerà il 120% del Pil nel 2020: si tratta di una soglia che indica quanto sarà difficile e lungo il percorso per ritrovare l’accesso ai mercati da parte della Grecia.

Crisi in Grecia: due effetti su scala mondiale

La storia del salvataggio della Grecia ci mostra come l’Eurozona sia incapace di reagire davanti ai problemi dei suoi membri più deboli. Ma allo stesso tempo, bisogna riconoscere che la crisi in Grecia ha avuto almeno due grandi effetti su scala globale.

1. La crisi non è fiscale, eppure...

Il primo riguarda l’Eurozona. Il fatto che la Grecia sia stato il primo paese a finire nei guai ha cementificato l’idea al Nord Europa che l’origine della crisi fosse fiscale. Ora, le condizioni fiscali in Grecia erano particolarmente preoccupanti, ma in altri paesi come l’Irlanda o la Spagna, l’origine della crisi risiede nell’andamento dei prestiti al settore privato. Additando il sistema fiscale come fonte di ogni male, la politica europea ha potuto ignorare la verità sottostante: la causa principale dei disordini sono stati i prestiti transnazionali in cui la responsabilità è tanto dei creditori, quanto dei debitori.

2. Se la crisi è fiscale, allora serve l’austerity

Il secondo effetto globale della crisi in Grecia è stato quello di spaventare la politica di tutto il mondo. Anziché concentrare gli sforzi per evitare il collasso del settore finanziario e ridurre il debito privato, la vera causa della crisi; gli europei si sono concentrati sul deficit fiscale. Così facendo, al G20 di Toronto, i leader delle "economie più avanzate si impegnano a portare avanti un piano fiscale che per il 2013 dimezzi il deficit dei rispettivi paesi". In altre parole: via libera all’austerità.

Ma gli effetti dell’austerità fiscale sono stati peggiori del previsto. Se le ultime previsioni OCSE sono corrette, nel primo trimestre 2014 il Pil della zona Euro sarà inferiore allo stesso periodo nel 2008.

L’austerity è la causa della "grande recessione" che stiamo vivendo? A dire il vero, no. Ma ha contributo ad eliminare quelle forze contrarie alla contrazione derivata dalla crisi che ha colpito il settore privato. La cosa peggiore, in tutto questo, è che l’austerità non era necessaria.

Crisi in Grecia: una calamità, per chi?

In breve, la storia della crisi in Grecia si è rivelata essere una calamità su tre fronti:

  • una calamità per la popolazione Greca;
  • una calamità per la considerazione della natura della crisi nel resto d’Europa;
  • una calamità per la politica fiscale di tutto il mondo.

Il risultato in Europa è stata la stagnazione economica, o peggio. Oggi, dobbiamo riconoscere che le importanti perdite nella produzione, relative ai trend pre-crisi, probabilmente sonno saranno mai recuperate. Tuttavia, ancora una volta, la reazione dei leader politici Europei non è stata quella di ammettere le colpe, ma di ridefinire nuovi target e nuove performance a livelli più bassi. Questa è una storia triste.

Dal Financial Times: The toxic legacy of the Greek crisis

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